I Quartieri: ‘Morbo di Alzheimer, questo sconosciuto’

L'associazione: 'In Calabria non è stata creata nessuna residenza Alzheimer o Nucleo Alzheimer, tanto meno si è riusciti a partorire sul territorio nessun Centro Diurno Alzheimer con il valore dell’accreditamento'

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    Riceviamo e pubblichiamo il comunicato dell’associazione I Quartieri 

    “Le case, la chiesa, la posta e il bar: a Monza il primo villaggio Alzheimer…ed in Calabria? Non c’è nemmeno la capanna. Che la sanità sia storia di paradossi, di oasi di eccellenze e di deserti di non sanità – dire malasanità sembra eccessivo (sic!) – è ormai storia conclamata che però in Calabria celebra la sua apoteosi con tanto di fuochi pirotecnici. In tutto questo però c’è un valore positivo: in Calabria è scomparsa la malattia del Morbo di Alzheimer(?) Sarebbe un ottima notizia se fosse vera, ma vera non è. Ci si purga l’anima celebrando una volta l’anno – il 21 settembre – la Giornata Mondiale sull’Alzheimer: con le sfilate istituzionali, le tavole rotonde, qualche mercatino di chincaglieria ed una fetta di torta…che non si nega a nessuno. Ma questo non è l’Alzheimer, per come la risposta che si dice di offrire in Calabria non è assolutamente adeguata. Eppure la Calabria è la terra dove è stata scoperta la “nicastrina”: scoperta e deceduta.

    Salvo aver costruito le fortune di pochi, senza essere riusciti a trasmettere questo sapere a vantaggio della malattia, volutamente nascosta in terra calabra. Se la Calabria è stata una delle prime regioni a recepire il Piano Nazionale delle Demenze approvato a livello nazionale il 30 ottobre 2014, a distanza di ben tre anni (dati aggiornati a luglio 2016 nel sito dell’ISS), siamo rimasti all’anno zero. Diversamente da tante altre regioni, in Calabria non è stata creata nessuna residenza Alzheimer o Nucleo Alzheimer, tanto meno si è riusciti a partorire sul territorio nessun Centro Diurno Alzheimer con il valore dell’accreditamento. Però la malattia avanza in termini esponenziali e le evidenze del Ministero della Salute ci impongono una seria riflessione.

    In Calabria però i malati restano in un clima di promiscuità, un limbo affidato a strutture Rsa, dove fatte salve pochissime eccezioni, la specializzazione è utopia – salvo il falso di un pezzo di carta a gettone – certa medicina brancola nel buio perché (in)colpevolmente ha manomesso il contatore, mentre la componente umana, affettiva, i parenti o caregiver – giusto per mutuare un termine anglosassone – diventano ostaggi di un sistema che li minaccia sul dolore o peggio ancora sono soggetti da eliminare, giusto per venire incontro non tanto alle enunciazioni di principio del Piano Nazionale delle Demenze, ma ad un esigenza di pochi.

    Allora si spiega tutto. Si spiega perché nel silenzio assoluto si consumano tagli lineari su questo tipo di sanità. Si spiega il silenzio di certa imprenditoria in sanità che sa bene che le rette incassate sono sproporzionate alla qualità offerta, oltre che in un rapporto con i costi di altre regioni. Si spiega il perché certa medicina, incapace di diventare umana ed eretica derubrica questa malattia, l’Alzheimer, nel contesto di quelle psichiatriche dove poter giustificare e nascondere una specie di ageismo che se conosciuto diventerebbe notizia di reato, blindandosi dietro una forma di corporativismo di categoria. Si spiega perché la formazione professionale di quanti operano in Rsa sull’Alzheimer resta una foglia di fico, perché la formazione costa ed incide sul profitto aziendale. Si spiega perché l’informazione diventa un buco cosmico, la trasparenza nelle Rsa non è metodo in quanto i parenti “non devono sapere” ed il personale “non deve socializzare con i parenti”. Siamo dunque di fronte ad una specie di colonia penale sanitaria, una cupola invisibile per “gli invisibili” dove ogni potenziale raggio di luce accenderebbe l’attenzione dell’Autorità inquirente. Però, anche in Calabria ci si scandalizza se nelle università esistono le baronie e tutto si richiama ad una logica opaca. Come se quanto narrato – che tutti conoscono – non sia la stessa cosa che abbraccia tutto il “sistema”: la politica, la medicina, la burocrazia delle Asp territoriali e del Dipartimento alla Salute della regione Calabria. Un abbraccio solidale che ha visto transitare dal Pollino milioni di euro per il Piano Nazionale delle Demenze, persi in mille rivoli inutili, visti i risultati, volti a consolidare una stratificazione sistematica come giustamente afferma il buon procuratore Gratteri. Ma, tutto tace! La politica tace, consumando in correo una specie di apartheid: che è etico, sociale e sanitario. Etico, perché in politica non esistono temi sensibili che non possono essere trattati, gambizzando le voci libere che rappresentano potenziali ammutinamenti alla tenuta del “sistema”.

    Sociale, perché le finalità ultime di una riforma, si essa sanitaria, vengono anteposte al fine economico, dove il capitale supera le persone, i bisogni e la radice stessa delle norme costituzionali. Sanitario, perché in questo sistema si perpetra una forma di pulizia etnica regionale o di Stato, su persone incapaci di difendersi, dove tutto passa nel solco dei protocolli – per certa medicina non tutta per fortuna – che diventano manuali di criminologia con la copertura del camice bianco. E in tutto questo…la malattia avanza. Già perché anche in Calabria, l’Alzheimer è e resta una malattia dalle forti evidenze sociali, che investe centinaia di famiglie ed altrettanti malati: che sono e restano esseri umani che ancora riescono a “parlare con gli occhi”. Di fronte a tutto questo c’è la beffa, quella della carezza con il guanto di lattice che ha il sapore della condanna, di un eutanasia strategicamente consumata con un ghigno che vorrebbe essere un sorriso (?), mentre a noi viene in mente uno slogan pubblicitario di una nota catena di supermercati che diceva: …persone oltre le cose”.

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