‘Ndrangheta, Corte d’Appello di Milano: ‘Il boss Papalia non è più pericoloso’

Revocata la sorveglianza speciale: 'Ha scontato una lunga detenzione' 

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    La quinta sezione della Corte d’Appello di Milano, presieduta da Antonio Nova, fa notare nel provvedimento, con cui revoca la sorveglianza speciale nei confronti del boss (tra le prescrizioni c’era quella di restare in casa tra le 22 e le 7 del mattino), che Papalia “ha scontato una lunga detenzione” in diverse carceri dal settembre del ’92 al 5 maggio del 2017, quando è stato scarcerato “per fine pena”. E che il magistrato di Sorveglianza di Cagliari più volte in passato gli ha concesso permessi premio per “l’adeguatezza della condotta tenuta”, sottolineando anche come “non fosse provata la pericolosità sociale del detenuto”.

    E anche il Tribunale di Sorveglianza di Napoli, poi, ha spiegato che ha dato “prova di partecipazione all’opera di rieducazione”, quando era detenuto nel capoluogo campano. In più, la Corte, che ha accolto il ricorso dei legali Ambra Giovene e Annarita Franchi, ribaltando la sentenza della Sezione misure prevenzione presieduta da Fabio Roia, “osserva che ulteriori elementi sono desumibili dalle relazioni degli educatori durante la detenzione” che parlano di “regolarità della condotta” e “impegno costante”. In tutto il percorso carcerario, proseguono i giudici, Papalia ha avuto una sola “ammonizione” nel luglio del 2001. In più, nel 2013, scrive ancora la Corte, i giudici d’appello di Milano hanno “revocato la condanna” per associazione mafiosa. In pratica, per la Corte Rocco Papalia ha trascorso “un percorso carcerario tutt’altro che trascurabile (25 anni), connotato da regolarità di condotta” e si è anche allontanato “dagli ambienti malavitosi che ne hanno contraddistinto la prima parte della vita”. E “non assegnare valore positivo – si legge – a tali specifici elementi significherebbe negare il valore risocializzante e rieducativo della pena”.

    E le relazioni degli investigatori che, invece, parlano di un’attuale pericolosità “sono fondate su rapporti pregressi del Papalia con ambienti malavitosi”, mentre i “rapporti di parentela e di affinità” non sono sufficienti da soli per connotare la pericolosità sociale. Infine, i giudici fanno notare che è difficile “il reperimento di un lavoro per una persona dell’età di Papalia, con un passato carcerario” e che ha una “invalidità al 75%” documentata.

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