Il ministro Orlando all’Umg: ‘Giovani pretendano più Stato’

In un convegno alla “Magna Graecia” il ministro spiega gli effetti della riforma della giustizia e fa il punto sulla lotta alla criminalità organizzata

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    La lotta alla mafia e gli effetti della riforma della giustizia. Su questi temi il ministro Andrea Orlando si confronta con i giovani all’Università Magna Graecia invitandoli a un nuovo protagonismo. «Mando un messaggio molto semplice, tornate a impegnarvi, a rivendicare un ruolo forte dello Stato perché c’è bisogno per ripartire non soltanto di strumenti per sconfiggere la criminalità organizzata, ma anche di investimenti pubblici e anche di una possibilità di accesso alla pubblica amministrazione». 

    La lotta alla mafia – L’occasione per questa sorta di “appello” agli universitari da parte del Guardasigilli è il convegno sulla riforma della giustizia organizzato da “BeGov”, associazione Giovani e Studenti per la Pa”, convegno che raduna un gran numero di ragazzi e di operatori del settore nell’aula Giovanni Paolo II dell’ateneo. Le prime riflessioni di Orlando riguardano il contrasto alla criminalità organizzata e le dinamiche mafiose dopo la morte del “capo dei capi” di Cosa Nostra Totò Riina. «Siamo in una fase di cambiamenti delle mafie. Il compito dello Stato, oltre che svolgere un’azione di carattere repressivo, è anche capire questi cambiamenti, non limitarsi semplicemente all’utilizzo degli strumenti di cui dispone, che sono molti, ma anche ipotizzare nuove forme che non si realizzano soltanto attraverso l’azione repressiva. C’è – rimarca il ministro – un ruolo della scuola, un ruolo della società, delle altre istituzioni che non sono le forze di polizia e la magistratura, che deve essere messo in campo e per questo credo sia utile un momento di riflessione e di costruzione di una vera e propria piattaforma. Le mafie tendono a diminuire in alcune realtà la loro caratteristica di intimidazione e a rafforzare la capacità corruttiva, a utilizzare il denaro per entrare nell’economia legale, a utilizzare una borghesia che diventa mafiosa e si mette al servizio delle organizzazioni criminali. Questo è un dato che non riguarda solo le regioni di storico insediamento, ma riguarda purtroppo – sottolinea Orlando – tutto il Paese e, come abbiamo spiegato ai nostri partners europei, può riguardare e sta riguardando anche i paesi dell’Ue».

    Il valore della riforma della giustizia – Quindi, l’analisi della riforma della giustizia, che il ministro traccia dopo i saluti affidati tra gli altri al presidente nazionale di BeGov Valerio Oliveto e dalla relazione introduttiva del professore Valerio Donato. Orlando riconosce che ancora ci sono molte cose da fare ma rivendica anche i miglioramenti e i passi in avanti nell’amministrazione della giustizia prodotto in questi anni con l’attività di preparazione alla riforma complessiva del settore. Soprattutto, il Guardasigilli rivendica il nuovo approccio che ha impresso nel rapporto con gli operatori, soprattutto con la magistratura: dopo un passato caratterizzato da quella che ha definito «una guerra civile» il ministro Orlando rimarca il cambio di passo garantito dal «forte coinvolgimento e dal forte confronto tra soggetti – avvocati e magistrati ma anche ministero e magistrati – che prima nemmeno si parlavano». Il risultato – spiega Orlando – è «una riforma certo ancora migliorabile ma che risponde alle esigenze non solo di efficienza del sistema giustizia ma anche della difesa della democrazia». In sostegno delle sue considerazioni il ministro cita i dati, che per il settore civile a esempio rivelano un dimezzamento, a fine anno, delle pendenze, che dalla cifra “monstre” di 6 milioni di qualche anno fa sono scese a 3 milioni al 2017.

    Un codice “rivoluzionario” – Orlando poi  parla del nuovo codice antimafia come «un grande risultato», perché «prevede che chi guadagna 800 euro al mese ma ha accumulato un patrimonio milionario deve spiegare come ha fatto, perché altrimenti si può procedere al sequestro e alla confisca. E’ il contrario del “pecunia non olet” che ha favorito lo sviluppo, non solo nelle regioni del Sud, dell’economia mafiosa parallela a quella legale. Per troppo tempo su questi temi c’è stato un negazionismo, adesso con il nuovo codice – rimarca il ministro della Giustizia – abbiamo fatto una grande conquista che ci mette all’avanguardia in Europa nel contrato alla criminalità organizzata». Ancora secondo il guardasigilli c’è qualche “incompiuta”, qualche tema da approfondire e che sarà «consegnato alla prossima legislatura», ma alla domanda se le cose sono migliorate o peggiorate in questi anni», il ministro si auto-.promuove: «Le cose che ho lasciato sono migliori di quelle che avevo trovato».

    “Giù le mani dalla magistratura” – Il finale è un messaggio “forte”: «Per evitare di ritornare ai tempi del conflitto con la magistratura è necessario evitare che la politica assalti la magistratura quando questa esercita il controllo di legalità ed evitare che la politica utilizzi la magistratura come strumento per fare lotta politica e sostituire una classe dirigente. In entrambi i casi – spiega il ministro della Giustizia – si altera il funzionamento del processo penale, che serve per perseguire reati e non per dare patenti di moralità. Ecco perché è importante avere cura di mantenere autonomia alla magistratura. Il processo penale – conclude Orlando – non dev’essere oppresso dalle esigenze della politica, e nemmeno dal clamore mediatico che c’è quando inizia un processo ma poi scomparse nelle fasi successive. Su questo c’è ancora lavoro da fare».

    Ant. Cant.

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