‘La legalità del male’ e le leggi antiebraiche nel libro di Saverio Gentile

Hannah Arendt scrisse della 'banalità del male'. Il professore calabrese si interroga nel volume pubblicato: 'Può il male essere legale?' 

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    Può il male essere legale? Sicuramente si, ma non ce lo ricordiamo. È proprio questo il concetto che esprime il libro del professore Saverio Gentile “La legalità del male” edito da Giappichelli Editore – Torino. Calabrese e con una vita di successi accademici tra il Nord e il Sud Italia, il Prof. Gentile affronta uno dei temi più spinosi della storia d’Italia, la legislazione antiebraica, con lucidità e puntualità dipingendo uno scenario giuridico e sociale che il nostro Paese ha dimenticato, forse troppo in fretta. Hannah Arendt ha definito il male banale, ma cosa c’è di più banale del rispettare una legge? È proprio questo il leit motiv del lavoro di Gentile che, pur affrontando il tema della legislazione antiebraica da un punto di vista giuridico, non si esime dal restituirci un dipinto della società dell’epoca che ricorda tanto Guernica; si passa dai provvedimenti che limitavano la proprietà degli ebrei a quelle inerenti il mondo dello spettacolo, dalle trattative tra il governo e la Santa Sede al turismo, fino ad arrivare, persino, al divieto di utilizzo e possesso della radio.

    Emerge anche la confusione del sistema giudiziario italiano antiebraico non facendo altro che andare a peggiorare una situazione già di per se complicata e degradante per quelle famiglie che, purtroppo, hanno subito le vessazioni del regime fascista soprattutto dal 1938 in poi. Come hanno fatto gli ebrei italiani a perdere la dignità e i diritti in uno dei periodi più controversi della storia del nostro Paese? Da questa domanda Gentile ha prodotto un lavoro da affrontare con la consapevolezza che, talvolta, anche dietro una legge banale, può nascondersi il male.

    (t.s.)

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