Don Giacomo Panizza al Grimaldi Pacioli di Catanzaro ‘Ragazzi non state zitti’

Il fondatore di “Progetto Sud” si confronta con gli studenti e bacchetta la chiesa sul tema dell’antimafia: «Dobbiamo ancora darci qualche scrollata»…

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    di Antonio Cantisani
      
    La forza della parola e del sorriso, la forza tranquilla di un messaggero di pace, amore, giustizia e libertà. La forza della testimonianza di don Giacomo Panizza, che “conquista” gli studenti dell’Ite “Grimaldi-Pacioli” con la sua straordinaria esperienza di impegno religioso e sociale (e quindi anche politico) in Calabria.  L’esperienza di un prete che negli anni ’70 è sceso qui da Brescia per costruire quel modello di solidarietà che è la comunità “Progetto Sud” a Lamezia, casa degli ultimi e degli indifesi e fascio di luce viva che squarcia un pesante contesto di ‘ndrangheta: la non violenza che vince sulla violenza. Con la semplicità che lo contraddistingue, don Giacomo Panizza si sottopone alle appassionate domande e ai profondi interrogativi degli studenti dell’Ite “Grimaldi-Pacioli” impegnati nel progetto “Catanzaro Legal Economy”, curato  dalla dirigente dell’Ite “Grimaldi-Pacioli” Maria Levato e dal docente responsabile del progetto Gaetano Mancuso. “Testimone della giustizia, testimone di giustizia”, è il titolo dell’incontro, condotto sul filo rosso dei libri del sacerdote, in primis “Cattivbi Maestri”, e la parola testimone vale in entrambi i sensi per don Giacomo Panizza, il primo a denunciare le cosche a Lamezia Terme tanto da guadagnarci, in cambio, intimidazioni di ogni genere e una vita sotto tutela. Per questo, probabilmente, le sue parole “rapiscono” i ragazzi dell’Ite “Grimaldi Pacioli”, soprattutto quando racconta l’attività che la “Progetto Sud” svolge in favore dei disabili: «E’ un mondo che mi è entrato dentro, vivendoci insieme. Il concetto – osserva don Giacomo Panizza – è che sono persone normali, differenti solo per il modo di esprimersi, e che sono persone che hanno qualcosa da dire e noi dobbiamo avere le antenne. Dobbiamo capirli per capirci, e ci cambiano in meglio».  Il delicatissimo tema dell’antimafia, che don Giacomo Panizza trasforma in un messaggio dirompente per i ragazzi: «Quando sono arrivato in Calabria – ricorda – mi sono posto la questione se diventare amico dei mafiosi, e ho pensato che se divento amico dei mafiosi faccio tante cose ma non sono io e non mi diverto più. Tipo farsi la barba ma mettersi poi una maschera: allora è meglio la barba lunga…». Da uomo di Chiesa don Giacomo Panizza non sfugge alle domande più “scomode”: «A Lamezia e ho dovuto aspettare 25 anni prima che molti preti ammettessero che c’era la mafia. Nella sua visita in Calabria Papa Francesco ha scomunicato i mafiosi, quindi questo significa che qui la mafia c’è, e come Chiesa si sono fatti molti passi avanti, ma – rileva don Giacomo – a volte come Chiesa ancora balbettiamo, ancora dobbiamo darci qualche scrollata. Dobbiamo svegliarci un po’ di più perché – ha concluso – per esempio a Lamezia Terme dobbiamo leggere le sentenze e capire perché per tre volte è stato sciolto il consiglio comunale».  E ancora: «Non condivido quanti mi definiscono prete anti-‘ndrangheta, perché – prosegue don Giacomo – non è questo il tempo di eroi e di martiri, non è tempo di tanti Rambo ma è tempo di tante persone normali che fanno tante cose ma non da sole bensì insieme agli altri. E deve calare il numero di chi sta zitto, perché noi siamo molto più numerosi dei mafiosi». Da qui l’invito del fondatore di “Progetto Sud” ai giovani a impegnarsi in politica «entrando soprattutto in gruppo per cambiarla perché – qui don Giacomo Panizza si autocita – la svolta è “rompere l’immaginario e buttarsi insieme”». E bando alla paura: «Non è che io non ho paura, ma non mi interessa dirlo», conclude don Giacomo tra gli applausi degli studenti e dei docenti del “Grimaldi-Pacioli”

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