Non conoscevamo Mario, ma conosciamo i ‘Mario’ che vediamo ogni giorno

Un omaggio al lavoro silenzioso e sacrificato di tutte le forze dell’ordine nel giorno più triste per l’Arma dei carabinieri 


Di Giulia Zampina 

Non conoscevamo Mario, il carabiniere ucciso a Roma a cui, come primo gesto è arrivato il saluto commosso della Squadra Volanti della Capitale che in sirena si è recata sotto il Comando generale dei Carabinieri. Ma conosciamo tutti i Mario, carabinieri e poliziotti, che circolano per strada, con le loro auto azzurre o nere, condotte con un’andatura lenta e finestrino abbassato, perché la città possa farsi sentire. E quando li vediamo ci sentiamo tutti più sicuri.

Non conoscevamo Mario, possiamo solo immaginare la sua gioia di novello sposo. Ma conosciamo  tutti i Mario che sotto la divisa, nascoste dai gradi, sulla loro pelle, si portano storie che li hanno segnati, amori lontani di cui sentono la nostalgia, figli e genitori che abitano in altre regioni, che, visto il lavoro che svolgono, non vedono per molto tempo perché le cose non sempre vanno come ti saresti immaginato quando, alla fine del corso, hai indossato la divisa.

Conosciamo i tanti Mario che hanno debolezze che li rendono fragili anche davanti ad un ruolo che necessariamente li vuole forti. Hanno mogli, come moglie da pochi giorni era Rosa Maria, che di notte li sentono alzarsi dal letto e magari andare a dare un bacio al bambino che dorme nell’altra stanza, e poi li sentono rientrare poco dopo l’alba, quando ancora i loro figli  dormono, un altro bacio per svegliarli, così che non si siano accorti che la notte è trascorsa senza il loro papà. Non conoscevamo Mario, ma conosciamo tutti i Mario che di notte, anche davanti al peggior delinquente, non dimenticano di essere e avere davanti uomini. Li abbiamo visti chiedere permesso prima di entrare in casa di una persona che da lì a poco li seguirà per scontare una pena. Non conoscevamo Mario e la sua famiglia di origine o i suoi amici di infanzia, ma conosciamo le madri e i padri di tutti i Mario intorno a noi che hanno consegnato alla vita dei figli speciali perché a loro è stato dato il compito di prendersi cura della vita degli altri. 

Noi siamo i giornalisti, loro le Forze dell’ordine, tra di noi c’è la giusta e dovuta distanza istituzionale, ma c’è anche il rispetto umano e la certezza di guardare sempre dalla stessa parte. Non conoscevamo Mario e , da giornalisti, non possiamo raccontare nulla di lui, non possiamo fare la propaganda che purtroppo sta spopolando ovunque, ma conosciamo tutti i Mario che ogni giorno sentiamo al telefono, vediamo impegnati nel loro lavoro, di cui raccontiamo fatti e circostanze in cui sono impegnati, ma da oggi, scrivendo di loro, sappiamo che racconteremo anche un po’ di quel Mario che non conoscevamo, di una vita che non abbiamo mai incrociato, ma che ritroviamo in tutti i Mario in divisa che ogni giorno ci passano accanto.