Tabaccaia uccisa: è stato un omicidio premeditato

Fermato ludopatico, accusava donna di truffarlo perché perdeva  

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    E’ stata uccisa volontariamente, con premeditazione e con una ferocia inaudita Mariella Rota, la tabaccaia di 66 anni assassinata ieri a Reggio Calabria. Una circostanza agghiacciante portata alla luce dagli investigatori della Squadra mobile reggina, coordinati dalla Procura, che in meno di 24 ore hanno risolto il caso fermando il responsabile del delitto, Billi Jay Sicat, di 43 anni, di origini filippine, in Italia regolarmente da 5 anni. L’uomo era un cliente abituale della tabaccheria della vittima. Ci andava regolarmente a giocare al Lotto. E proprio il gioco sarebbe la causa scatenante di un delitto assurdo. Secondo quanto riferito da investigatori ed inquirenti, infatti, Sicat – definito un ludopatico – avrebbe ucciso Mariella Rota perché, per giustificare con se stesso le continue perdite di denaro frutto del lavoro della moglie, imputava alla donna di truffarlo. Un tarlo che evidentemente lo rodeva da tempo. Fino a ieri in tarda mattinata, quando, poco prima delle 13, si è presentato nella tabaccheria della donna entrando dall’ingresso principale sulla strada. A quel punto ha chiuso la serranda dietro di sé ed ha estratto una mannaia. La donna ha provato a gridare, a difendersi, ma il primo colpo le ha tranciato le dita di una mano. Poi altri colpi, con inaudita ferocia, uno dei quali ha praticamente decapitato la vittima. Una volta compiuto il delitto l’uomo si è tolto la maglietta sporca di sangue e ne ha indossata una pulita che si era portato. Quindi ha tolto l’hard disk da un computer pensando che fosse collegato al sistema di videosorveglianza. Poi è uscito dall’entrata sul retro che dà nell’androne nel quale si pensava fosse stato commesso il delitto, e da lì è fuggito verso casa. Sono stati alcuni familiari della donna a dare l’allarme, preoccupati dal fatto di vedere il negozio chiuso nel pomeriggio. Un piano, quello di Sicat, che però non ha tenuto conto del fatto che la videosorveglianza non scaricava le immagini nell’hard disk prelevato, ma le immagazzina in un altro computer. Gli investigatori hanno potuto così assistere alle varie fasi del delitto. Poi, grazie alla videosorveglianza presente nella zona, gli uomini della mobile sono risaliti sino all’abitazione di Sicat, a circa un chilometro dalla tabaccheria ed hanno fermato l’uomo che, intanto, si stava preparando a partire per far perdere le proprie tracce. Decisivo per la sua identificazione anche un grosso tatuaggio sull’avambraccio destro.

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