Affitti, Confedilizia Catanzaro: “Direttiva green Ue, riduce in cenere settore immobiliare”

Per Catanzaro, ma il ragionamento potrebbe essere esteso a tutte le zone della Calabria – rileva Sandro Scoppa - la direttiva avrebbe effetti devastanti

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    “È stata appena diffusa la notizia della nuova direttiva europea allo studio della Commissione UE sull’efficienza energetica degli immobili, la svolta verde sul mattone voluta da Bruxelles, nel ‘pacchetto’ per ridurre le emissioni, che subordinerebbe la possibilità di vendere o affittare un immobile al fatto che esso appartenga a una determinata classe energetica, rendendo di fatto inutilizzabili sul mercato quelli privi di alcuni standard. L’ipotesi dell’Unione sarebbe di far applicare i nuovi parametri dal 2027, per avere già nel 2035 l’intero parco immobiliare improntato agli standard minimi fissati”. Lo scrive in una nota Confedilizia Catanzaro.

    “Si tratta – prosegue il comunicato – di una misura che, ove approvata, solleverebbe numerosi interrogativi e altrettanti dubbi di costituzionalità, non potendosi tra le altre cose ammettere un divieto così penalizzante di vendita o di affitto di alcuni immobili, oltre a regolamentare in maniera uguale situazioni che sono tra di loro del tutto differente. Basti ad esempio pensare agli immobili antichi, a quelli di particolare pregio o inadeguabili per la presenza di vincoli e anche per impossibilità di ottenere i permessi necessari, soprattutto quanto devono intervenire una pluralità di autorità.
    Inoltre sarebbero penalizzati tutti coloro che non dispongono di un immobile nuovo – e sono la maggior parte – e magari hanno ereditato case in piccoli centri e non hanno le risorse economi che per sobbarcarsi costose ristrutturazioni.
    Vi è altresì da considerare che siffatta direttiva non può neppure pretendere di stabilire regole uguali per tutti nell’ambito dell’Unione Europea, atteso la diversità di patrimonio immobiliare, di mercati, di legislazione tra i differenti Paesi e, all’interno di quest’ultimi, pure tra aree e persino tra città.
    Secondo una simulazione realistica, sarebbero almeno10 i milioni di immobili italiani teoricamente a rischio(in quanto vecchi di oltre 3° anni e presumibilmente energivori), e di questi circa la metà (5 milioni) sarebbero certamente ‘impattati’ dalla nuova normativa”.

    “Per Catanzaro, ma il ragionamento potrebbe essere esteso a tutte le zone della Calabria – rileva Sandro Scoppa, presidente di Confedilizia Catanzaro e Calabria – la direttiva avrebbe effetti devastanti, trattandosi di una città costituita, soprattutto nel centro storico, di numerosi immobili di vetusta costruzione, per i quali non sarà affatto semplice per i proprietari poter ottenere, anche attraverso costosi e rilevanti lavori di efficientamento energetico, una certificazione di grado elevato (A/B/C) come sarebbe richiesta dalla direttiva Ue, soprattutto quando, ed è la maggior parte dei casi, si è in presenza di fabbricati con certificazioni di classe G.
    Inoltre andrebbe fatta chiarezza sulle metodologie di classificazione energetica: non sempre, infatti, la classe energetica di un edificio esprime i consumi reali. Esempio concreto: due immobili in tutto e per tutto identici, ma uno con caldaia a gas e l’altro con caldaia a biomassa, hanno classi energetiche differenti, la prima tre volte peggiore. Ora, la bozza di direttiva Ue punterebbe a una sorta di armonizzazione degli attestati di prestazione energetica, con relativa modifica delle metodologie di determinazione delle classi. Se la modifica avvenisse in modo particolarmente rigido, potrebbe accadere che per immettere alcuni immobili sul mercato occorra sottoporli – ad esempio – a importanti interventi di riqualificazione agendo sull’involucro edilizio per coibentarlo. Con effetti paradossali. Si pensi a un edificio caratterizzato da facciate con presenza di balconi. A quel punto, sarà necessario svolgere opere rilevanti di correzione dei ponti termici dei balconi, ovverosia lavori insostenibili dal punto di vista del tempo di ritorno dell’investimento e, inoltre vi sarebbe una significativa riduzione della superficie calpestabile dei balconi. Di fatto, si tratterebbe di rimuovere i balconi o ridimensionarli in modo devastante, con costi pazzeschi e con un impatto estetico imbarazzante.
    C’è da chiedersi: ha senso tutto questo? A che prezzo questa attività dovrà essere svolta e, soprattutto, bisognerà chiedersi se questo prezzo sia sostenibile: ogni cambiamento deve avvenire in modo graduale e sostenibile. E in ogni caso la strada da seguire non è quella degli obblighi, ma quella degli incentivi”.

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