Don Biagio Amato: ‘Quello sguardo riconoscimento reciproco di far parte della stessa umanità’

La risposta all'intervento del professor Umberto Garimberti ospite della trasmissione 'In Onda'

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    di Don Biagio Amato 

    “Non sono d’accordo, professor Garimberti.

    No, egregio professor Garimberti, non posso essere d’accordo con la lettura che ha voluto fare “gratuitamente” (Ospite di “In Onda”, il programma del preserale di LA7, sabato 16 aprile) della scelta del Papa di far camminare insieme aggrappate alla croce le due donne, le infermiere ucraina e russa.

    Non sono d’accordo, come lei dice, che Papa Francesco non capisce il dolore. Sono invece convinto che la lettura del dolore del Papa non nasce da un approfondito esame psicoanalitico del perdono.

    Ciò che io ho visto sera di venerdì santo, e la lettura che ne ho fatto, era una cosa ben diversa. Il messaggio non era su il perdono di una donna ( nazione aggredita) nei confronti dell’altra ( potere aggressore).

    In quella scena di due donne che camminavano insieme aggrappate alla croce io ho ricordato il messaggio su cui Papa Francesco ritorna da quando è stato scelto come vescovo di Roma: siamo tutti fratelli e sorelle. E quando c’è una guerra non si combattono “zone” di influenza, non si scontrano mondi politici opposti.

    Quando c’è una guerra si obbligano dei fratelli ad uccidere altri fratelli.

    Quello sguardo tra le due donne mentre procedevano attaccate alla croce non era una comunicazione di perdono ma un riconoscimento reciproco di far parte della stessa umanità.

    Era il monito ai potenti, che comandano le guerre per poi farle combattere ai poveri cristi, che un’altra via per risolvere conflitti c’è.

    E’ iniziare le trattative mettendo sul tavolo i milioni di uomini , donne e bambini che potrebbero essere sterminati se si dovesse arrivare alla guerra. Nelle vostre trattative…partite da noi, sembravano dire le due donne.

    Noi vogliamo vivere e partecipare alla vita della umanità intera. Vi eleggiamo e vi paghiamo per garantirci le migliori condizioni per una vita dignitosa libera e solidale, per il futuro per i nostri figli, il futuro sereno della umanità.

    Mentre voi, con una escalation insopportabile e vile, giocate a chi ha l’arma più letale, il missile più veloce, la capacità di uccidere più donne e bambini e distruggere in modo più radicale intere città.
    Papa Francesco mi pare stia ripetendo già da molti anni quanto è già contenuto nel vangelo: se non cambiate prospettiva perirete tutti allo stesso modo.

    E’ questa la sofferenza che Papa Francesco sta vivendo già dal suo primo apparire alla balconata di San Pietro. E’ da anni che con volto e voce sofferti grida a tutti: attenti che la strada che si sta percorrendo ha già in sè la terza guerra mondiale a pezzi.
    E la denuncia del venerdì santo è stata ancora una volta: l’arroganza, il potere, le zone di influenza, la potenza delle armi non hanno mai, mai, mai dato soluzioni umane ai problemi.

    Allora perché non ripartire da ciò che ormai le religioni cominciano a riconoscere al di là delle specificità di ciascuna: ogni persona ha diritto/dovere di intraprendere relazioni di fraternità generatrici di «amicizia sociale» e nessuno può e deve impedirlo.

    E se una parte, un gruppo sociale, una “zona” di influenza non accetta tale visione e decide di imporre la propria “sicurezza” con le armi e con l’occupazione di territori ?

    Ancora una volta, ripete Papa Francesco, si creino spazi di confronto autorevoli (quelli esistenti non sono più efficaci) e ci si confronti su come mantenere la pace e non su come , quando e in che misura usare le armi”.

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