L’arte della seta a Catanzaro, la bellezza dei damaschi e dei velliti

Un breve excursus storico per ricordare una delle peculiarità di questa città

Più informazioni su

    L’ARTE DELLA SETA A CATANZARO. LA BELLEZZA DEI DAMASCHI E DEI VELLUTI CATANZARESI.

    di Elisa Giovene

    Nel citare la città di Catanzaro, sovente lo si fa riferendosi alle tre famose “V”. Questa particolare citazione sta ad indicare il  “vento”, quale caratteristica del capoluogo, il “velluto”, prodotto nei tempi che furono con l’arte della seta e “Vitaliano”, nome del Santo patrono, San Vitaliano. Certamente, le tre parole prese nella loro singolarità, potrebbero avere valide argomentazioni, ma, ci si vorrà soffermare su una di esse: il velluto. Con la produzione di questa mirabile stoffa, insieme alle sete più pregiate, Catanzaro quale città meridionale, un tempo, visse il suo massimo splendore, tant’è che la sua economia accrebbe in maniera considerevole.

    NASCITA DELLA SETA IN CALABRIA. Se pur brevemente, se ne vorrà ripercorrere i tratti storici più salienti (O. Dito – M. De Lorenzis). L’arte serica in Calabria, pare sia da ricondurre al 1147, ivi portata da alcuni orientali. Le prime “nozioni seriche” non v’è dubbio che siano da attribuire ai Bizantini, ma, fu proprio con i saraceni che l’arte della seta ebbe il maggiore sviluppo. Successivamente, il perfezionamento della sua lavorazione e della sua “tintura” fu da attribuire anche agli Ebrei al tempo dei Normanni e degli Svevi. Nella seconda metà del secolo XIII, a causa dell’emigrazione dei Musulmani dalla Sicilia, la lavorazione della seta nella regione ebbe la sua decadenza, assegnandone il primato alla Calabria. Come prima accennato, Catanzaro ebbe notevole rilevanza, costituendo uno dei punti nevralgici della lavorazione della seta, dove venivano realizzati i tessuti più pregiati. Pare, infatti, che furono proprio dei catanzaresi a portare l’arte serica in Francia, da menzionare Jean le Calabreis (Giovanni il Calabrese) che, nella seconda metà del 1400 inventò il prototipo del moderno telaio “Jacquard”. I privilegi di cui la città poté godere ne consentirono un ampio sviluppo economico, ad esempio con Ferdinando I, Napoli e Catanzaro furono esentate dal divieto di produrre la seta e i mercanti catanzaresi non pagavano alcun “dazio” in riferimento a tale produzione. Successivamente, con la cospicua lavorazione, si avvertì il bisogno di regolamentare tale arte con alcune “regole” preposte.

    CONSOLATO DELL’ARTE DELLA SETA. L’imperatore Carlo V, nel 1519, concesse alla città l’istituzione del “Consolato della Seta”. Con tale concessione, furono resi effettivi controlli e promulgate regole, che artigiani e commercianti dovevano rigorosamente seguire. Furono così istituiti i famosi “ Capituli Ordinationi et Statuti dell’arte della seta nella Città di Catanzaro”, ove vennero inserite tutte le norme concernenti la produzione e la vendita. La figura del “Console” venne appositamente eletta e preposta alla vigilanza della produzione, della “tintoria” e delle vendite, queste ultime, molte volte soggette a “frodi”. A loro volta, i consoli, eleggevano un “mastrodatti” o un “segretario” ed entrambi dovevano appartenere “all’arte”. Molte le regole che determinavano tale lavorazione, nelle quali era stato anche incluso che: “Nessun forestiero poteva lavorare se non iscritto all’albo”.

    TELAI, SETE E DAMASCHI. A Catanzaro, nel settecento, lavoravano circa 7000 setaioli e si contavano ben 1000 telai, la produzione era al massimo sviluppo e le lavorazioni seriche calabresi, vennero diffuse anche in Europa. Il commercio consentì di arricchire anche l’estro, tant’è che i tessuti calabresi oltre ai “motivi orientaleggianti”, si pregiarono di disegni ispirati all’arte rinascimentale fiorentina e veneziana. I velluti, le organze, i broccati, i damaschi catanzaresi, venivano usati nelle migliori corti di tutto il paese. La lavorazione della seta, era molto particolare e l’inventario dei tessuti era ricco di diversi tipi di stoffe preziose, panni in oro e seta, sciamiti ( tessuto medievale), zendali di diversi colori (ampio scialle) e cuscini di un tessuto chiamato “ chatansarito”, a dimostrazione che già da allora alcune lavorazioni prendevano la denominazione del luogo di produzione. L’arte serica progredì in tutta la Calabria e nella fase della “tintoria”, ebbe notevole importanza “l’erba gialla” di Tropea, che cresceva spontanea in quelle zone. Alcune particolarità venivano tessute in taluni manufatti, come ad esempio il nome della “lavoratrice”, nonché il nome della “destinataria” e il luogo di produzione. E’ forse superfluo dire che la coltivazione del gelso, occupava un gran numero di terreni, delle cui foglie si cibavano i bachi, grandi produttori di seta. Anche questo, meriterebbe un’ampia argomentazione.

    LA “FILANDA”, I MERCATI. Ancor oggi a Catanzaro, alcuni luoghi ricordano l’ubicazione dei laboratori per la filatura e tessitura, come l’antica “Filanda”, luogo preferito per la sua particolare “ventilazione”, adeguato quindi a svolgere i processi lavorativi. Da aggiungere “Via Gelso Bianco” e “ Vico delle Onde”, in quest’ultimo pare abitasse il “maestro setaiolo”, Domenico Masciari, in quei tempi rinomato. Lo smercio della seta, avveniva  mediante le fiere locali ed anche a Catanzaro ciò era immancabile. Alcuni dei mercati che sussistevano in città erano particolarmente importanti, come la fiera di “Santa Chiara” (posta fra l’antico mercato e il palazzo municipale) che durava circa 15 giorni, poi definitivamente abolita poiché nell’insorgere della peste, si ritenne che i mercanti orientali ne fossero portatori. Altre “fiere” però sussistevano, come quella dell’Annunziata che durava solo 24 ore e nel 1767 venne istituito un altro mercato che si teneva il giovedì e il sabato di ogni settimana davanti al Convento di S. Francesco d’Assisi (oggi Piazza Prefettura).

    DECADENZA DEL COMMERCIO DELLA SETA E ATTUALI REALTA’. Purtroppo, la grande produzione serica era destinata a scomparire. La cause furono anche addebitate allo sfruttamento che il governo esercitò con pesanti “dazi” e regole, che impedivano quasi il progredire della lavorazione. Catanzaro, finì di detenere alcuni privilegi e nel 1781 quasi 700 telai avevano cessato il lavoro. Tali costrizioni ne ostacolarono il progresso, la Calabria rimase indietro rispetto ad altri paesi che invece erano in continuo aggiornamento. I tessuti calabresi persero il loro valore e dopo il terremoto del 1783 la decadenza fu inesorabile. Attualmente a Catanzaro, solo alcune Chiese e il “Museo Diocesano” serbano preziosi manufatti segno dell’antica arte serica, mancante invece, un vero e proprio museo da “esposizione” con antichi telai ed accessori. Solo nel 1999, in alcune aule della scuola “G. Mazzini”, venne creato un  Museo “ad hoc” per opera dell’associazione “Fidapa”, dopo qualche anno chiuso per l’urgenza dell’uso dei locali. Ma, a tal proposito, da citare una interessante realtà  nel comune di San Floro (Cz), la cooperativa “Nido di seta”. La cooperativa nasce da un’idea imprenditoriale giovane, tesa a rinnovare le antiche tradizioni dell’arte serica con la “bachicoltura”, offrendo anche un percorso didattico con il “Museo della seta”. In questo contesto s’inserisce anche l’associazione “CulturAttiva” di Catanzaro, con dei laboratori itineranti mediante il progetto “Trame di seta”. “ Il progetto “Trame di seta” – spiega Angela Rubino presidente dell’associazione –  svolto con la collaborazione della cooperativa “ L’isola che non c’è” per la parte “didattica” e il patrocinio del Comune, è un progetto didattico itinerante che coinvolge i ragazzi in un tour con la riscoperta di quei luoghi quale segno tangibile della seta a Catanzaro, come ad esempio la “Filanda”, la “Grecìa” o la seicentesca “Chiesa del Carmine”, con annessa visita a S. Floro. Tuttavia, c’era anche l’idea di arricchire questo “iter” preposto alle scuole, soffermandoci di più nel centro città e magari proporlo anche come “percorso turistico”. “Nido di seta”, resterà comunque un importante tassello per la conoscenza della coltivazione del gelso, della bachicoltura e del Museo”.  La storia della nostra città, sempre appassionante e piena di percorsi significativi, certamente potrebbe ancor meglio ritrovare, come nel caso della storia dell’arte serica, quel valore che appare un pò dimenticato e non del tutto reso evidente nella sua reale importanza. (foto dal Web)

     

     

     

    Più informazioni su