Allo Sprar di Squillace nasce l’ensemble multietnico e ritmico

Realizzato con il Centro accoglienza Sai “Catanzaro Minori” gestito dalla Fondazione Città Solidale Onlus

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    Arrivano da tanti Paesi, da continenti differenti, ma nella condivisione hanno trovato la loro forza, e nella musica il loro linguaggio per comunicare anche con noi. Arman, Fakhar, Zeeshan, Abdelghafar, Soury, Sajib, Shamraiz, Remon, Azizul, Ramy, Shahin, Dalmar, Moussa, Youssef, Mubsher, Moheb sono i sedici componenti dell’Ensemble multietnico e ritmico nato quest’estate allo Sprar di Squillace. Il loro doveva essere un semplice laboratorio di musica, un progetto, “Ritmi dal mondo” realizzato con il Centro accoglienza Sai “Catanzaro Minori” gestito dalla Fondazione Città Solidale Onlus, e invece è andato ben oltre le ore passate a suonare insieme il tamburo. Lo sa bene Emanuele Russo, musicista e direttore della Casa della musica con sede a Marcellinara, che già lo scorso anno aveva dato la sua disponibilità per dare un contributo, ma poi a causa della pandemia il progetto è stato realizzato solo quest’estate.

    «In realtà avevo già lavorato con gli Sprar – ci ha raccontato -, a Milano. Perché non fare qualcosa di simile anche qua?». Questi ragazzi, molti dei quali ancora minorenni, approdano nella nostra terra, non sanno la lingua nemmeno, e si ritrovano catapultati in una realtà completamente diversa dalla loro. Arrivano da Bangladesh, Pakistan, Egitto, Mali, Somalia, e sono dei veri e propri investimenti da parte delle loro famiglie che affrontano anche grosse spese per farli arrivare fin qui con la speranza che trovino un lavoro e possano aiutarle economicamente. «Sono ragazzi di tutte le età – ha detto ancora Russo -, sono educatissimi e già grandi dal punto di vista umano. Hanno una forma mentis diversa, non è stato facile far capire loro che il tamburo è una cosa che a loro poteva piacere, e che in futuro potrebbe anche portare a delle piccole entrate». Ma «l’arte accomuna sempre, anche il tamburo. Il suono è uguale dappertutto», quindi laddove la lingua non arrivava, ci ha pensato la musica.

    «Abbiamo parlato delle loro tradizioni musicali, dei loro strumenti – ha raccontato ancora Russo -. E’ stato uno scambio di informazioni e di cultura. Lo ammetto, penso di avere imparato più io da loro. Alla fine non è una semplice lezione, è molto, molto di più». «Stiamo parlando di ragazzi – ha poi puntualizzato -, sono quasi tutti adolescenti con tutte gli aspetti caratteriali accentuati dall’età. Ma la cosa bellissima è che tra di loro sono riusciti a creare una nuova famiglia: si aiutano l’uno con l’altro, sempre. Chi ha qualcosa la divide con l’altro, anche se questo ha zero da restituirgli. C’è un livello umano pazzesco».

    E tutti i risultati ottenuti nelle settimane non potevano andare perduti: il progetto Ritmi dal mondo proseguirà, ci anticipa Emanuele Russo. L’obiettivo è quello di riuscire ad allestire uno spettacolo tutto loro, dell’Ensemble multietnico e ritmico, magari facendo qualche esibizione, mentre al momento c’è già un documentario, un corto in fase di montaggio, diretto da Andrea Mauro, con protagonista il progetto.  E dopo chissà.

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