Catanzaro “città fortezza”, le antiche porti e le torri foto

Sulle sue origini molto si è discusso, ma ciò che è noto resta parte integrante di un passato che ancor oggi si manifesta tramite le sue importanti tracce

Più informazioni su

    E’ sempre interessante ripercorrere la storia di Catanzaro, ritrovare fra le sue strade e i suoi vicoli parti di essa ancora inesplorata o, viceversa, conosciuta. Sulle sue origini molto si è discusso, ma ciò che è noto resta parte integrante di un passato che ancor oggi si manifesta tramite le sue importanti tracce. Del sistema difensivo della città se ne conoscono pressoché i particolari, nonostante ciò, si vorrà determinare un percorso elaborando alcuni cenni storici su la “Catanzaro fortezza”, di conseguenza le sue antiche “porte”, del perché sorsero e loro ubicazione e alcune delle torri esistenti nelle zone adiacenti.

    CATANZARO “CITTA’ FORTEZZA”. Ben si sa che a causa delle incursioni saracene molti erano i fuggiaschi che dai piccoli agglomerati urbani del litorale (anno 804) trovarono rifugio verso la città (sebbene le motivazioni del loro trasferimento erano anche da addebitare alla trasformazione dei terreni con l’impaludamento della costa da qui il rischio di contrarre la malaria). Il centro urbano, pertanto, (che predominava sul monte Trivonà scelto poiché ritenuto strategicamente idoneo, ma anche caratterizzato dalla presenza di sorgenti e terreni terrazzati coltivabili) venne occupato dai Saraceni il cui potere restò quasi stabilmente dall’806 al 985 e furono proprio loro a fare di Catanzaro una base militare di notevole importanza. In un periodo temporale che andò dall’885 al 971 l’Impero di Oriente riuscì a strappare ai Saraceni diverse conquiste fatte, tra queste anche Catanzaro che, per la posizione che aveva raggiunto, venne indicata come futura città bizantina. Tuttavia il baluardo della “conquista” ebbe breve durata e i Saraceni ripresero la città, che venne liberata nel 983 e solo nel 985 o, come dicono alcuni, nel 1003, divenne nuovamente bizantina. Successivamente, intorno al 1050, ci fu l’avvento dei Normanni. C’è da dire che proprio con la venuta dei Normanni nell’Italia meridionale le fortificazioni militari si intensificarono, con funzioni di controllo e difesa, e fu ciò che accadde anche a Catanzaro con la costruzione di un “Castellum” (a differenza del “Kastrum” bizantino) sulla cima di uno dei tre colli ove sorge il centro storico della città (Castello Normanno fatto edificare da Roberto il Guiscardo). La strategica posizione della fortezza, le sue mura merlate e la sua alta e predominante Torre quadrangolare (mastio), resero difficili gli assalti dei nemici. Il Castello, inoltre, custodiva una fitta rete di cunicoli sotterranei, i loro resti, le “Gallerie Segrete”, ancor oggi permettono di conoscere quel passato ricco di intrighi e vicende. Inoltre, c’è da dire che il perimetro della città, protetto da particolari strapiombi praticamente inespugnabili, ampliavano la sicurezza di cui lei aveva bisogno. E proprio in riferimento alla posizione della città, si vuole riportare quanto scritto dallo storico Cesare Mulé, nel suo libro “Una storia di Catanzaro”: “La città è fondata come luogo forte (per molti anni fu chiamata Rocca Niceforo), con un disegno strategico veramente ampio: al centro del golfo, ragionevolmente lontana dal mare, difesa a nord da montagne impervie – che pur rapidamente la collegavano con la pingue Sila – stretta ai fianchi da ripidi e scoscesi dirupi, segnata da impetuosi torrenti. Pur solitaria e staccata, era favorita da orti ubertosi e da ricche acque: le valli della Fiumarella, dell’Alli e del Corace garantivano le derrate più soggette a rapido consumo”.  A tale proposito, una breve parentesi per ricordare che le campagne adiacenti alla città erano abbondantemente coltivate ad alberi di gelso, da qui la conosciuta storia dell’importanza della seta a Catanzaro che divenne, al tempo, una delle prime produttrici.

    LE PORTE. Sebbene la città godesse di un apparato difensivo importante, si rese necessaria l’attuazione di un sistema di protezione con la realizzazione di “porte” cittadine in alcuni punti strategici, integrate da muraglioni con torrette e bastioni, per dare un controllo maggiore su tutta la città. Nelle zone che erano di più facile accesso vennero costruite due “porte principali”: la “Porta di Mare” che riguardava la parte meridionale della città fra Bellavista e la Maddalena, e la “Porta Silana”, realizzata sul lato nord, che riguardava la zona che congiungeva la città con i monti retrostanti. Ma altre porte furono ad uso della città, che si andranno ad analizzare individualmente seguendo alcune fonti che ne riportano il contesto (C. Mulé – M. De Lorenzis), aggiungendo il considerevole supporto dello storico Mario Saccà da sempre interessato alla storia cittadina e, in questo caso, su quanto da lui ricercato sui resti di alcune porte ancora esistenti.

    PORTA MARINA. La “Porta Marina”, di cui accennato, era detta anche “Porta Granara” proprio perché da quella direzione arrivava il frumento e altri rifornimenti (soggetti a controllo da parte dell’esistente “dazio”), ma era anche considerata “porta di rappresentanza” poiché personaggi illustri potevano dirigersi direttamente al Castello. La “Porta di Mare” era ritenuta importante per la sua posizione, poiché posta in comunicazione con la pianura che si trovava alle pendici della città, la parte più fertile dal punto di vista produttivo e, inoltre, anche zona di frequenti assalti da parte dei nemici che ne tentavano l’accesso, per cui molte volte difesa (da porta Marina sino alla fonte di Tubolo – zona Vallotta – pare vi fossero 4 torri di guardia). Da questo ingresso, come detto, erano transitati numerosi personaggi illustri, ma ugualmente luogo ove erano state poste le “forche” per le esecuzioni capitali (nel 1823, ad esempio, vennero giustiziati i patrioti catanzaresi Giacinto De Jessi e Luigi Pascali). Da ricordare il particolare affresco dipinto nella parte alta, che rappresentava le figure di San Rocco, della Vergine Immacolata e di San Vitaliano. La “porta” venne del tutto smantellata nel 1932, attualmente è ancora esistente e visibile il torrione di sinistra.

    PORTA PRATTICA. La “Porta Prattica”, invece, si trovava tra la fine di Via Scalfaro e Via Carlo V, in una parte di terreno ove si ricongiungevano due “valloncelli” uno derivante dal Duomo, l’altro dalla Chiesa di San Giovanni che si univano proprio all’ingresso della porta (oggi zona Case Arse), dove a difesa vi era il bastione di San Nicola Caracitano. Questa parte di terreno era sovente usata dai mercanti dei villaggi vicini che venivano in quel luogo per fare “mercato”.

    PORTA STRATO’. Dall’attuale rione Stratò, sulla parte retrostante l’ex “Provveditorato agli Studi”, scendendo per il Musofalo per circa 300 metri si trovava la “Porta di Stratò”. Lo stesso nome “Stratò”, sembrerebbe derivare dal toponimo greco che significa “occulto”, quindi “nascosta”, tuttavia altri ne danno diverso significato riconducendolo ad un magistrato detto “Straticò”. Si dice ancora che da questa porta siano entrati i partigiani del Conte Centelles, e che durante la notte l’avrebbero per lui aperta. In questa zona era esistente anche una chiesetta, dei suoi resti non se ne conosce lo stato, ma, in alcune ultime foto ritratte appariva già mancante del tetto e di parte dei muri perimetrali, parzialmente avvolta da una folta vegetazione.

    PORTA DI S. AGOSTINO O PORTELLA. Posta fra i precipizi della Valle del Musofalo, la “Portella” venne denominata anche di “S. Agostino” dopo la costruzione del Convento degli Agostiniani. Questa porta è identica a quella di Stratò sia topograficamente che come sistema difensivo, accanto una piccola chiesa che in “illo tempore” fungeva da posto di guardia ma anche di avvistamento, tant’è che in caso di pericolo veniva suonata la campana. Quest’ultima, suonata anche di sera, indicava la chiusura della porta, che si sarebbe riaperta il giorno dopo alle prime luci dell’alba. Attualmente è ancora esistente, tuttavia le sue condizioni strutturali non sono certo ottimali, nel 2018 venne ripulita da arbusti e rovi che ne avevano completamente invaso la struttura a cura dell’associazione “#lacalabriacherema”, aggiungendo anche “segnalazione turistica” per indicarne il luogo, ma, l’attenzione sulle porte tuttora esistenti è stata posta, come accennato, dallo storico Saccà e da altre associazioni cittadine fra cui “Catanzaro è la mia città” con una petizione popolare a loro favore, svoltasi nel 2016. Ora, purtroppo, sembrerebbe che il silenzio sia nuovamente calato su queste importanti tracce del passato cittadino.

    PORTA DI SAN GIOVANNI O CASTELLANA. La “Porta di San Giovanni” era posizionata nei pressi dell’attuale Piazza Matteotti, nelle sue adiacenze vi era un fossato detto “fosso Rivellino”, attraversabile da un ponte levatoio in legno. Questo ingresso era anche deputato al passaggio dei Vescovi.

    PORTA DEL GALLINAIO O SILANA. La “Porta del Gallinaio” era una porta civica “secondaria” e veniva usata per il passaggio del bestiame. Detta anche “Porta Silana”, proprio perché consentiva l’ingresso alla città dal retrostante altopiano della Sila.

    Le “porte”, dunque, erano un importante punto di accesso per la città dove veniva effettuato ogni tipo di controllo, su persone, animali e mezzi di trasporto, tutto ciò sottoposto a tutela dalle autorità competenti. C’è da dire che dalla parte della “zona montana” sembrerebbe che le porte esistenti fossero due, di cui una successivamente chiusa poiché poco usata, lasciandone transitabile soltanto una che venne per l’appunto chiamata di “San Giovanni”. In questo importante sistema difensivo non può essere dimenticato ciò che molto aveva rappresentato nell’apparato di vigilanza costiero. Infatti, in quel tempo, la difesa della costa era rappresentata anche da importanti torri di avvistamento e diverse ne sussistevano negli attuali quartieri di Sala, Santa Maria e Lido. A tale proposito come non menzionare l’antica “Torre Cavallara” sita, ancor oggi, su di un piccolo altopiano nei pressi del quartiere marinaro della città.

    La TORRE CAVALLARA molto rappresentò per Catanzaro, costituendo un importante punto di avvistamento in caso di avvicinamento di navi nemiche saracene. Dall’alto pianoro dal quale predominava, la visuale dell’intero golfo dava facoltà alle guardie a cavallo che la presidiavano, i cosiddetti “cavallari”, (da qui il nome delle Torre), di poter facilmente scorgere situazioni di pericolo. Questi ultimi, infatti, ne davano subito l’allarme tramite il suono di “corni” o con segnali di fumo, la loro celerità valeva l’importanza dell’approntamento difensivo. La costruzione, come molte delle torri di avvistamento, è a pianta quadra e una particolare scala con arco rotondo ne completa la struttura permettendo, all’epoca, di accedere al piano superiore tramite l’esistenza di un ponte levatoio in legno. La posizione strategica di questa torre era veramente singolare, potendo guardare il mare, ma anche la città, come per darle sicurezza. Il piano inferiore pare fosse adibito a stalla per i cavalli, mentre il primo piano serviva ai cavallari come ricovero. Attualmente l’antico manufatto è privo della copertura del tetto e diverse le parti mancanti sui muri laterali. Come si è già detto la Torre Cavallara non era l’unico punto di avvistamento, infatti proprio nella zona della “Marina” della città, sussistevano altre torri fra cui la “Torre del Torrazzo”, in prossimità del mare.

    La TORRE DEL TORRAZZO, ora non più esistente, era precedente alla Torre Cavallara e veniva anche denominata Torre della Marina o Torre della Guardia. Posta nel centro del quartiere marinaro, nell’attuale “Via Torrazzo” (quindi in una zona “piana”), pare constasse di una guarnigione di dodici soldati. La struttura di forma cilindrica seguiva la tipologia “angioina/aragonese”, constando di due piani, quello inferiore adibito a ricovero per attrezzi e viveri, e il piano superiore al quale si accedeva tramite una scala interna, anche se ne sussisteva una esterna. Nella parte terrazzata veniva posta l’artiglieria e da qui si segnalavano gli eventuali attacchi nemici, con il fumo durante il giorno e il fuoco nella notte o, ancora, mediante il suono di una campanella. Nel ‘900 la torre venne completamente abbattuta, ma c’è da dire che nella zona, oltre a quest’ultima e alla Torre Cavallara, esisteva una terza torre, la “Torre Doganiera”. Questo “trio” di torri, che nelle loro posizioni formavano un “triangolo”, rappresentavano quasi una sorta di roccaforte per ben scrutare l’orizzonte marino nell’ampio golfo. (cartina estrapolata da “Catanzaro Marina-Storia di un borgo antico” di Franco Riga)

    Con questo breve excursus si è potuto sommariamente dare un’idea di come la città di Catanzaro fosse dotata di un sistema difensivo di cui, parti sono andate distrutte dall’inesorabile passare del tempo, altre dall’espandersi della città o, ancora, dall’incuria dell’uomo stesso. Sarebbe dunque importante, poter ridare “nuova vita” a luoghi ancora esistenti, al fine di salvaguardare considerevoli memorie storiche della città. (foto “personali” e dal web)

    Più informazioni su