Caso Sarlo: confermata in Appello l’assoluzione di Scopelliti e Tallini

Non ci fu abuso d'ufficio nella nomina di un dirigente del dipartimento controlli 

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Confermata la sentenza di primo grado, assolti dall’accusa di abuso d’ufficio Giuseppe Scopelliti e Domenico Tallini. Si chiude cosi’ il secondo capitolo del cosiddetto ‘caso Sarlo’, relativo alla nomina, nell’agosto 2011, di Alessandra Sarlo, quale dirigente del dipartimento Controlli. L’inchiesta sul caso Sarlo, che ha portato nel 2013 al rinvio a giudizio dell’ex governatore della Calabria e dell’ex assessore al Personale, nasce da una denuncia di Luigi Bulotta, dirigente regionale escluso dalla selezione. Secondo l’accusa, l’assegnazione del posto alla Sarlo sarebbe stata irregolare, nata in seguito a un avviso interno che non aveva portato, pero’, all’individuazione di un candidato, tra i dirigenti della Regione, che avesse i requisiti per guidare il dipartimento. La scelta venne quindi fatta su un esterno, Alessandra Sarlo, moglie del giudice Vincenzo Giglio, condannato in via definitiva, ad ottobre 2015, nell’ambito dell’inchiesta “Infinito”, coordinata dalla Dda di Milano, relativa a rapporti del giudice con elementi della cosca Lampada. l legale di Tallini, Vincenzo Ioppoli, ha ribadito in Appello, come gia’ fatto in primo grado, che l’ex assessore al Personale “quando entro’ nella riunione di giunta riferi’ che avrebbe proposto come dirigente Luigi Bulotta”. La scelta nasceva dal fatto che questi era l’unico dirigente catanzarese. Il cambio di opinione sarebbe poi stato dettato dalla decisione di nominare un dirigente del dipartimento Controlli che fosse esterno alla Regione Calabria ma non estraneo alla pubblica amministrazione. Cosa che avrebbe dovuto garantire maggiore imparzialita’. In primo grado i due politici erano stati assolti “perche’ il fatto non sussiste”. Nelle motivazioni della sentenza il giudice Tiziana Macri’ aveva parlato di un “evidente equivoco su cui si basa l’impostazione accusatoria. L’avere la giunta regionale escluso i dirigenti cosiddetti interni ritenendoli “apoditticamente” privi delle necessarie competenze, avrebbe potuto determinare una violazione di legge ove avesse in ultima analisi consentito il conferimento di un incarico dirigenziale a un soggetto del tutto estraneo ai ruoli della pubblica dirigenza, ma dal momento che l’incarico e’ stato conferito a dirigente di ruolo di altra pubblica amministrazione, la prospettata violazione di legge non appare neppure ipotizzabile”. (Agv/Velino)

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