Cicas Calabria: ‘La stagione turistica calabrese termina. E lascia l’amaro in bocca’

Un'analisi sulle ragioni per cui la Calabria segue un trend opposto rispetto alle altre regioni del Sud 

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    Riceviamo e pubblichiamo la nota di Cicas Calabria 

    La stagione estiva, che ormai volge al termine, sta lasciando l’amaro in bocca a tanti operatori turistici, mentre da più parti si cominciano a cercare le scusanti cui attribuire le cause del diffuso sentire.

    Un modo non solito per affrontare con serietà il problema è però riconoscere che non c’è un solo colpevole se la Calabria segue un trend opposto a quello di altre regioni come Puglia, Sicilia o Sardegna. I fattori negativi sono molteplici e vanno intestati sia alle politiche regionali, provinciali e locali, sia alle gestioni commerciali di molti operatori del settore.

    Per anni ci siamo cullati sullo sfruttamento dell’immagine della Calabria, della bellezza delle sue spiagge e del suo mare. Poi, quando questo non è più bastato, ci siamo accorti che la Calabria è ricca di storia, di archeologia. Subito dopo, sono arrivate la bellezza e l’imponenza delle nostre montagne. Dice: “abbiamo fatto promozione”.

    Forse basandosi sul vecchio e abusato adagio sulla pubblicità anima del commercio. Come se elencare le ricchezze del nostro territorio fosse l’unico motore o l’unica soluzione per mantenere vivo un settore tanto importante per l’economia.

    Dicevamo delle politiche. È da anni che le scelte politiche vanno in senso opposto a quelle che sono le reali esigenze del turismo in Calabria. Le si potrebbe elencare in una lista infinita.

    Per anni ci si è trincerati dietro alla lungaggine dei lavori autostradali ma nello stesso tempo non si è fatto niente per abbassare i costi dei trasporti alternativi all’autostrada. I collegamenti ferroviari sono andati sempre a peggiorare con l’abolizione di molti treni a lunga percorrenza, di molti treni locali e di molte fermate senza pensare nemmeno a istituire un servizio alternativo su gomma.

    Non si è fatto niente per mantenere pulito il nostro mare, nessun controllo su fiumi e torrenti, nessun controllo sugli scarichi abusivi, nessun controllo sul funzionamento e sulla manutenzione dei depuratori. E quando qualche controllo è stato effettuato, sono stati pubblicati risultati che definire contrastanti tra di loro è solo benevolo eufemismo. Eppure esistono leggi che prevedono e regolamentano questi controlli.

    Niente per prevenire l’erosione costiera salvo pochi casi dove si è intervenuto dopo che l’irreparabile era già accaduto. Per non parlare della viabilità locale lasciata in completo abbandono in quasi tutte le provincie. La situazione precipita nel vibonese a discapito della tanto decantata e altrettanto martoriata Costa degli Dei.

     E che dire poi dell’abusivismo edilizio lungo le coste, totalmente ignorato se non addirittura tacitamente incentivato per interessi vari. Elargizioni di fondi pubblici destinati al turismo ma in effetti inaccessibili ai più e quindi a solo appannaggio di una ristretta cerchia elitaria. Attribuzioni di categorie alberghiere effettuate solo sulla carta. Pioggia di stelle che neanche la notte di S. Lorenzo, ma nessun controllo per verificare la corrispondenza delle dichiarazioni, delle strutture e dei servizi erogati. E poi spazzatura in ogni dove, panorami mozzafiato coperti da canneti e sterpaglie. Inesistenza di servizi generali. E via di seguito.È qui che la politica tutta, regionale, provinciale e locale deve fare ammenda delle proprie colpe.

    Poi, le politiche commerciali dei singoli operatori. A fronte di pochi che operano correttamente a costo di forti sacrifici, molti si “tirano la zappa sui piedi” danneggiando di conseguenza l’intera zona. Per tornare alle stelle: c’è la corsa ad aggiudicarsene almeno quattro perché “altrimenti il cliente non viene” o perché “fa chic”.

    E i servizi corrispondenti?

    Perché l’aspetto più grave è proprio questo, la qualità dei servizi prestati. A parte che da qualche anno la Calabria è diventata preda di catene alberghiere molto discutibili che prendono in gestione preferibilmente grosse strutture per poi lasciarle dopo uno o due anni se non addirittura sparire dalla scena in un niente arrecando danni ingenti all’immagine della regione, vi sono tanti gestori proprietari di strutture che continuano a operare alla meno peggio. Tanto, è il ragionamento precario, il cliente prenota allettato dalle offerte, dalle foto, dalla descrizione di servizi mirabolanti. Poi arriva, paga e se resta scontento chi se ne frega.

     Quando in effetti è sold out il caravan serraglio delle negatività: personale non qualificato, insufficiente come numero, servizi promessi non forniti o scadenti, pulizia inesistente, camere spaziose che in effetti sono buchi, servizi igienici da terzo mondo, arredi rifiutati anche dai tarli, modi scorretti nel porsi ai clienti rispondendo a eventuali proteste o anche a semplici richieste.

    Finanche ricorrendo alle recensioni positive fasulle fatte rilasciare senza scrupoli da parenti e amici smanettoni compiacenti.

    Sono solo alcuni esempi. Tutto questo, chiaramente, si ripercuote negativamente su tutto il territorio e anche su chi opera correttamente. Per esperienza diretta possiamo affermare che il cliente scontento, quando ne parla, raramente cita il nome della struttura coinvolta ma dice: in Calabria. Se tutto questo si contestualizza in un territorio che patisce di tutte le carenze che ben conosciamo, è chiaro che il calo di presenze diventa fisiologico.

    Diciamo, anzi urliamo, che è tempo di invertire la rotta. È ora che la politica tutta e gli operatori del settore, ognuno per la propria parte e in sinergia, da subito a concordino e attuino azioni congiunte volte ad eliminare le criticità, a migliorare i servizi e l’offerta, a fare formazione. Solo così la situazione potrà sensibilmente migliorare e nel giro di qualche anno si potranno raccogliere i frutti.

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