Quella tempesta emotiva che giustifica un omicidio. Le reazioni

Fa discutere la sentenza di Rimini che ha ridotto la pena ad un uomo accusato di femminicidio


di Giulia Zampina 

Le sentenze non si commentano. Si accettano anche quando sono palesemente in contrasto con quelli che sono i nostri sentimenti, le nostre convinzioni. Ma le sentenze sono redatte da uomini ed indirizzate ad una comunità di esseri umani che oggi, a sentire le motivazioni che riducono la pena ad un uomo macchiatosi del reato di femminicidio, hanno avuto un moto di sdegno. Le sentenze non si commentano ma possono far male. 

La sentenza che riduce la pena per l’omicidio di Olga Matei

Una ‘tempesta emotiva’ determinata dalla gelosia può attenuare la responsabilità di chi uccide. Anche sulla base di questo ragionamento la Corte di appello di Bologna ha quasi dimezzato la pena a Michele Castaldo, 57 anni, omicida reo confesso di Olga Matei, la donna con cui aveva una relazione da un mese e che strangolò a mani nude il 5 ottobre 2016 a Riccione (Rimini). In primo grado l’uomo era stato condannato a 30 anni dal Gup di Rimini, per omicidio aggravato dai motivi abietti e futili.

Davanti alla Corte di assise di appello di Bologna il pg Paolo Giovagnoli, nell’udienza del 16 novembre, aveva chiesto la conferma della sentenza. Ma i giudici, pur riconoscendo l’aggravante, hanno ridotto la pena a 16 anni, concedendo le attenuanti generiche. 

Le Reazioni relative alla decisione della corte d’Appello che ha ridotto la pena

Wanda Ferro, deputato di Fratelli d’Italia. Ho sempre molto rispetto per le decisioni della magistratura, che sono certa siano sempre il frutto di una attenta valutazione del caso concreto. Eppure non posso nascondere le mie forti perplessità sulla decisione della Corte d’Appello di Bologna, che ha quasi dimezzato la pena inflitta al reo confesso dell’omicidio di Olga Mattei, la donna con cui aveva una relazione, e che per gelosia aveva strangolato a mani nude. Tra le attenuanti che avrebbero spinto i giudici a ridurre la pena ci sarebbe, infatti, la circostanza che il femminicidio sia stato compiuto a causa della “tempesta emotiva” determinata dalla volontà della donna di troncare la relazione. Ritengo che questo possa essere un pericolosissimo precedente, perché in nessun caso, a mio avviso, la gelosia può rappresentare qualcosa di diverso da un motivo futile e abietto, quindi un’aggravante dell’azione delittuosa. Sarebbe un pericoloso passo indietro far pensare che dalla gelosia possa scaturire una condizione soggettiva capace di diminuire la capacità di determinazione dell’autore del delitto, e quindi la sua responsabilità. Aver “perso la testa” non può essere una circostanza attenuante  per gli uomini che pensano di poter prevaricare con la violenza, fisica o psicologica, la volontà della donna. Si rischia così di vanificare l’impegno di chi conduce ogni giorno una battaglia per contrastare la violenza contro le donne, anche intervenendo per il recupero degli uomini maltrattanti, i quali devono riesaminare la propria condotta con consapevolezza e senso di responsabilità. Creare alibi che attenuino le colpe, oltre ad essere profondamente ingiusto  nei confronti delle vittime, non può aiutare il recupero di chi si macchia di crimini orribili come il femminicidio o la violenza su una donna.

Isa Mantelli, presidente di Mondo Rosa C’è sempre una giustificazione ai femminicidi :tempeste emotive,troppo amore, gelosia,provocazione femminile!Poi tutti si chiedono perché le donne non denunciano.E’ facile noi donne non ci fidiamo :i luoghi comuni e gli stereotipi minacciano infiltrano vita quotidiana scuola informazione e giustizia.E’ vergognoso giustificare la violenza maschile contro le donne e il danno collaterale è la perdita di credibilità delle istituzioni

Maria Grazia Muri, presidente di Astarte. Arriviamo all’8 marzo con un’altra sconfitta per le donne. Soprattutto per quelle maltrattate già vittime di situazioni disperate che vedono vanificati i loro sforzi e quelli delle Forze dell’ordine. Mesi a volte anni per convincere le donne a denunciare, e poi cosa accade ? Accade che in nome di un’applicazione pedissequa del codice un uomo possa vedere dimezzata la sua pena con una giustificazione che, davanti alla morte di una donna, diventa risibile e senza alcuna sostanza.