Anno giudiziario Catanzaro: inchieste su giudici vulnus indelebile

Inaugurato questa mattina l'anno giudiziario a Catanzaro. Il presidente della Corte d'Appello Introcaso non nasconde amarezza per le indagini che hanno coinvolto Petrini, Facciolla e Luberto

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    di Antonio Capria

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    Dopo il trasferimento a Torino del procuratore generale Otello Lupacchini al termine della lunga stagione di contrasti con il procuratore distrettuale Nicola Gratteri, sembra essersi rasserenato il clima all’interno degli uffici giudiziari di Catanzaro, almeno da quanto emerso dalle relazioni in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. Lo scorso anno l’aula della corte d’Appello fu terreno di un attacco neanche troppo velato da parte del procuratore generale al lavoro della procura e all’appiattimento dell’ufficio del gip. Questa mattina nel corso degli interventi non c’è stato spazio per le polemiche, ma per le analisi sulla situazione del distretto.

    INTROCASO. Il presidente della Corte d’Appello, aprendo l’anno giudiziario, ha evidenziato le criticità negli organici del distretto, soprattutto alla luce delle recenti inchieste con un elevato numero di indagati sottoposti a misura cautelare. “Il tribunale distrettuale – ha detto Domenico Introcaso – e in particolare gli uffici Gip/Gup e riesame, presentano segni di preoccupante criticità riconducibili alla scopertura del 30 per cento del primo ufficio e all’afflusso di affari il secondo. Va ricordato che il 19 dicembre 2010 era eseguita una misura cautelare personale (l’operazione Rinascita-Scott ndr) nei confronti di 334 indagati per reati associativi, 416 bis codice penale. L’ordinanza di cautela annovera 12.500 pagine e si fonda su acquisizioni indiziarie compendiate in circa un milione di fogli. Il presidente del Tribunale di Catanzaro prospettava il prevedibile collasso del settore Riesame: si è posto rimedio con l’applicazione infradistrettuale di tre magistrati, va dato poi atto della sensibilità della settima commissione del Csm che ha promosso l’applicazione extradistrettuale di 4 magistrati in regime privilegiato”.

    Nonostante tutto il distretto ha abbattuto il lavoro arretrato, ha spiegato il presidente Introcaso, che si è poi soffermato sulla pervasività della ndrangheta che resta elevata nella regione, e ne ha evidenziato le infiltrazioni nell’economia e le complicità con gli organi pubblici e politici. “Nel contesto di crisi generale dell’economia italiana – ha detto Introcaso – si inserisce il fenomeno criminale, le cui dinamiche espansive conducono all’esportazione dei moduli organizzativi locali calabresi, in rapporto organico funzionale con i nuclei originari, i fenomeni di penetrazione in aree cosiddette sane e nell’economia cosiddetta legale. Il passo successivo è la sostituzione degli imprenditori storici, in crisi di liquidità e incapaci di reggere il mercato, con soggetti non ‘ndranghetisti, ma da questi ultimi cooptati in una logica non di corruzione dell’imprenditore sano bensì di esercizio, in sua vece, di attività legittima formalmente ma finalizzata al reimpiego dei capitali illeciti e all’evasione della normativa. Il passaggio agli appalti pubblici riguardanti tutti i settori delle produzioni è breve. E da qui l’esigenza delle complicità degli organi pubblici e politici”. Il presidente Introcaso non ha nascosto il sentimento di “stupore, dolore e inquietudine” per le inchieste sui magistrati del distretto, che hanno inferto un “vulnus indelebile alla comunità giudiziaria”.

    Il clamoroso arresto del giudice Marco Petrini per corruzione in atti giudiziari, il trasferimento dall’ex Procuratore della Repubblica di Castrovillari Eugenio Facciolla e del procuratore aggiunto di Catanzaro Vincenzo Luberto, anche loro indagati dalla Procura di Salerno, sono vicende gravi che non potevano restare sotto traccia: “Con ferma serenità e fiducia assoluta nell’operato degli inquirenti – ha detto il presidente Introcaso – abbiamo vissuto il vulnus indelebile inferto alla comunità giudiziaria derivato dai provvedimenti giurisdizionali e disciplinari riguardanti magistrati del distretto, titolari di incarichi di grande responsabilità; al sentimento di stupore, di dolore, di inquietudine, professionale e personale, si accompagna la serenità di essere giudici che si affidano e restano affidati ad altri giudici, fedeli al mandato costituzionale di essere gelosi custodi della giurisdizione e del processo in cui il giudice è terzo, e non parte, ed amministra la giustizia in nome del popolo italiano. I recenti accadimenti, nati nel distretto ed originati da indagini del distretto, delineano un quadro di negazione degli elementi fondanti l’esercizio della giurisdizione: mi sia dato affermare a nome di tutti i 292 magistrati togati in servizio, che solo attraverso la giurisdizione, l’accertamento rigoroso dei fatti, si possono recuperare gli elementi identitari di noi, chiamati a iusdicere. Il rischio della mancanza di fiducia del popolo italiano a cui dobbiamo, oggi e in questa sede, rendere il conto dell’attività svolta nel distretto, va fugato dunque attraverso la giurisdizione, attraverso il giudizio conseguente alla ricostruzione dei fatti, che noi tutti, anche nelle presenti vicende, attendiamo con fiducia”.

    Il presidente Introcaso ha concluso la sua relazione con una riflessione sul populismo giudiziario, criticando le manifestazioni di esaltazioni o critica del percorso processuale: “Dubbio è il fenomeno qualificato come populismo giudiziario, per cui i magistrati vengono individuati come masaniello o savonarola, in accezione e significato simmetricamente negativo di interpreti del popolo, in esposizione mediatica assertiva e senza riflessione sui fenomeni. Si dimentica che il processo è serie successiva e tipizzata di atti di bilanciamento e verifica dell’esercizio corretto della potestas del magistrato operante, si oblitera superficialmente il controllo, di merito e legittimità, che assiste ogni atto assunto nel processo. Donde lo sconcerto, per noi operatori, per le manifestazioni di esaltazione o di critica accesa soggettivante dell’opinione pubblica per un percorso, il processo, per sua natura, struttura, orientamento, laico e rigidamente regolamentato nell’incrocio dei controlli e delle verifiche. Il processo, in quanto tale, è dialettica, approfondimento, affidato, sempre e comunque, per Costituzione, al ragionamento del giudice”. “Questa esaltazione del processo – ha spiegato Introcaso – non è un rifugiarsi nella ritualità, ma il richiamo al gioco democratico nel quale si esprimono le posizioni legittime delle parti: tutte assistite dalla motivazione e dal controllo democratico che essa comporta. Non è un rifugiarsi nel rito sacerdotale come fuga dalla realtà, come accadeva in quel bellissimo ed insuperato film di Bergman degli anni 60, ‘Luci d’inverno’, in cui il prete, persa la fede, si rifugiava nel rito, nel processo liturgico, ma recupero della democrazia espresso nel principio “et altera pars”. Bisogna, infatti, ricordare il processo come espressione della giurisdizione alla quale ci affidiamo. Le analisi e le conclusioni affrettate espresse dai media nella logica del qui ed ora risiedono nella sconoscenza del sistema processo, dei ruoli, delle iniziative, delle domande e dell’accoglimento o meno di esse, nella centralità della validazione del giudice, con tutti i controlli di democrazia attivati con e nel processo, controlli a forma tipica nella scala progressiva del rito: GIP, riesame, Cassazione, in doppio scrutinio, di merito e di conformità del giudizio a logica anche di sistema. Il percorso è impegnativo perché il giudizio non è semplificazione, giustizia predittiva, ma ricostruzione rigorosa dei fatti e valutazione di essi attraverso le regole, con l’ausilio costante del dubbio che è in fondo la ricerca continua e critica della verità”.

     

    CHINAGLIA. Sull’argomento è intervenuta anche la rappresentante del Csm Elisabetta Chinaglia. “In uno Stato di diritto – ha detto – le iniziative dell’autorità giudiziaria possono essere oggetto di critica anche aspra, ma non possono essere oggetto di delegittimazione. Per questo all’indomani dell’esecuzione di numerose misure cautelari noi ci siamo schierati a difesa della magistratura di Catanzaro a fronte di critiche generiche, tali da indurre la convinzione che la criminalità organizzata sia invincibile e che sia inutile ogni iniziativa giudiziaria. Per lo stesso motivo sentiamo oggi il dovere di fare sentire la nostra vicinanza ai magistrati del Riesame di Catanzaro, impegnati nel difficilissimo compito di verifica nella ristrettezza dei tempi delle contestazioni cautelari”.

    CALABRESE. Ad intervenire nelle funzioni di procuratore generale, posto rimasto vacante dopo il trasferimento di Lupacchini, l’avvocato generale Beniamino Calabrese, che nella sua relazione ha illustrato i dati dell’andamento dei reati nel Distretto di Catanzaro e ha fatto anche un punto “sulle croniche, non più sopportabili, insufficienze degli organici del personale amministrativo”. degli organici negli uffici giudiziari. Calabrese ha ringraziato tutti i magistrati “impegnati quotidianamente, tra difficoltà e criticità di ogni genere, nel difficilissimo ruolo di garanti quotidiani della legalità, in un territorio in cui si registrando allarmanti criticità disfunzionali di tipo sociale, economico, politico, che si intersecano pericolosamente con crescenti e pervasivi fenomeni di criminalità diffusa, non solo organizzata, e che finiscono inevitabilmente on lo scaricare le loro tensioni sulla giurisdizione, con elevati rischi di sovraesposizione e supplenza della magistratura, comunque eccentriche alla funzione”. Calabrese ha quindi ricordato come “è sempre crescente il trend di contrasto alle mafie”, grazie al “notevole impegno delle Procure del Distretto” e il crescente contrasto al fenomeno dei reati dei “colletti bianchi” con importanti e incisive inchieste sul malaffare nella pubblica amministrazione. Inoltre, con riferimento ai reati di competenza della Direzione distrettuale antimafia, Calabrese ha evidenziato che “il procuratore distrettuale di Catanzaro riferisce di un’intensa e continua attività di aggressione e contrasto al fenomeno, di dimensioni purtroppo gigantesche: egli infatti riferisce di un dato statistico del ministero dell’Interno secondo il quale nella regione Calabria vi sarebbero ben 160 organizzazioni criminali di stampo mafioso, per un numero di 4.389 affiliati, di questi 2.086 sono presenti nel territorio del Distretto di Reggio Calabria e 2.303 nel territorio del Distretto di Catanzaro.

    Infatti, nel periodo di riferimento, sono stati iscritti per il solo delitto di cui all’articolo 416 bis codice penale 282 procedimenti a mod.21 e 175 procedimenti a mod. 44, a conferma di un trend dell’Ufficio di contrasto alle mafie, sempre crescente”. Calabrese ha inoltre riferito di un aumento nel distretto di Catanzaro dei reati di genere, dei reati informatici e dei reati in materia di stupefacenti, evidenziato “un forte incremento del fenomeno illegale dello spaccio di sostanze stupefacenti di ogni tipo, anche di nuova e pericolosissima fabbricazione (le droghe sintetiche), anche nella forma associativa e del traffico internazionale, con il sempre più pericoloso coinvolgimento di soggetti minorenni sia quali autori sia quali vittime, ma anche di una pronta, continua e decisa opera di contrasto”. Inoltre si registra un aumento degli omicidi e dei reati di genere in particolare (omicidi, aggressioni, maltrattamenti, stalking, prevalentemente in danno delle cosiddette fasce deboli, donne e minori). Per contrastarli, anche in applicazione del cosiddetto ‘Codice Rosso’, sono stati creati “gruppi di lavoro di magistrati specializzati e adeguamenti organizzativi degli uffici di Procura, con sollecite direttive alle forze dell’ordine per garantire immediatezza, efficacia e pronta tutela alle vittime di questi odiosi reati. La Calabria – ha ricordato Calabrese citando dati Istat – è al secondo posto nella classifica nazionale di femminicidi, con una percentuale del 38% in rapporto agli omicidi che avvengono in Calabria”. Emerge infine un aumento dei reati cosiddetti informatici e commessi via web, che richiedono importanti impegni organizzativi degli uffici, incisiva specializzazione dei magistrati e attività’ di coordinamento tra le Procure”.

    GRATTERI. Il procuratore Nicola Gratteri è intervenuto per raccomandare ai rappresentanti del Csm di prestare attenzione ai bisogni del Distretto, “Per quanto riguarda Catanzaro, nel prospetto che il ministro Bonafede ha inviato c’è l’aumento di un posto nella Procura Distrettuale due al tribunale, ma ritengo che siano insufficienti, perché ci vogliono due unità nella procura distrettuale e quattro giudici al Tribunale, questo è importante perché si sanno gli impegni che stiamo per avere per la celebrazione dei maxiprocessi. Da quando sono a Catanzaro, i miei sostituti vanno in appello perché è giusto che chi ha fatto le indagini in primo grado prosegua il lavoro in appello”. Quindi il procuratore ha rivendicato il lavoro svolto insieme ai colleghi e a tutto il personale della procura che ha consentito di recuperare gli arretrati e di ottenere 206 pagine di elogio nella relazione degli ispettori ministeriali al termine dei controlli periodici negli uffici di procura. “Quando sono arrivato a Catanzaro, il fascicolo più vecchio aveva 16 anni”, adesso “abbiamo 206 pagine di elogio” degli ispettori del ministero. “A Catanzaro abbiamo l’élite di polizia giudiziaria, sono grato ai vertici delle forze dell’ordine – comandante generale dei carabinieri, comandante generale della Guardia di Finanza e capo della polizia – per la qualità degli investigatori che abbiamo in questo Distretto”. Gratteri ha poi rivolto anche “un’ultima preghiera al rappresentante del ministero. Sono tre anni che sono bloccate le tabelle delle sezioni di polizia giudiziaria. Noi a Catanzaro ne abbiamo in meno rispetto ad altre realtà. C’è una diatriba tra ministro della Giustizia e ministro dell’Interno perché ci sono Procure che hanno 156 ufficiali di polizia giudiziaria in più, mentre Procure come esempio quella di Catanzaro che ne hanno 18 in meno. Quindi – ha concluso Gratteri – sarebbe opportuno che ci si riunisse per discutere in modo che chi ha avuto di più restituisca a chi ha di meno, perché non è possibile che in alcune Procure per ogni pm si sono tre ufficiali di pg, mentre nel mio ufficio per ogni pm ce n’è mezzo o tre quarti”. Gratteri ha quindi invitato ancora una volta i cittadini a recarsi in procura a denunciare.” Sapete – ha detto Gratteri – che ogni settimana faccio ricevimento, ci sono ancora centinaia di persone da ascoltare e da sentire. Continuate a inondarci di denunce”. Infine il procuratore ha ringraziato il presidente della Corte d’appello per l’impegno nei confronti del ministero per la nuova aula bunker, che sarà costruita a Vibo Valentia e che servirà a celebrare nel Distretto di Catanzaro i maxi processi come quello che seguirà all’operazione Rinascita perché l’alternativa sarebbe stata l’aula bunker di Palermo.

     

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