Sulle due ruote alla scoperta della città delle emozioni

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    di MAURO NOTARANGELO*

    …kalìm il geometra si era perso per la via. La città era grande e tortuosa, senza punti di riferimento. Le strade s’intersecavano in un intreccio apparentemente caotico. Kalìm ad un tratto si fermò. Sapeva bene che nei momenti di smarrimento occorreva aggrapparsi ai sensi, magari respirare, guardare, piuttosto odorare, sentire… e così fece.

    La prima cosa che vide… il nome della strada: Via della Rabbia! Avrebbe voluto andare altrove ma… era al corrente che avrebbe dovuto attraversarla per non farsi governare dalla rabbia a vita. Dunque si avviò. Sentì delle urla, e vide persone che inveivano gli uni contro gli altri, mentre i clacson delle macchine suonavano all’impazzata, si udivano grida a gole spiegate. Gli uomini si comportavano come se avessero incontrato un ostacolo sul loro cammino e fossero rimasti ingabbiati nel torto subito per molti addirittura solo immaginato. Alcuni, la rabbia, la dirigevano contro se stessi e si picchiavano, si tagliuzzavano la pelle… altri scagliavano pietre all’impazzata.

    Kalìm non accelerò il suo passo, bensì procedette lento come a non perdere nemmeno un dettaglio della via. Arrivò alla fine.

    Stava diventando cosciente del percorso intrapreso, tant’é, che istintivamente gli venne di alzare il capo e vide una targa incisa su ghisa con su scritto – Hai salito Sette Scalini… hai aperto Sette Porte… ora dovrai percorrere Sette Vie – Questo lesse, e annuì… poi rise e s’incamminò per la Via della Tristezza! Si bagnò i piedi, perché l’acqua di lacrime di pianto scorreva a fiumi. Ci camminò su. Qui la gente teneva un’aria cupa e stava sempre con la rima delle labbra rivolta all’ingiù. Le persone si lasciavano, si abbandonavano. Cercavano tutti qualcosa, perché avevano perso tutti qualcosa. Alcuni erano paralizzati. Qualcuno si abbeverava con le proprie lacrime. Sembrava stessero insieme, ma erano tutti soli. Kalìm si senti spezzare il cuore.

    Pensò che non esistessero vie brutte o vie belle, ma che fossero solo Vie da percorrere e la Via della Tristezza è una via importante che al solo percorrerla rende gli uomini veri uomini. Kalìm proseguì il suo cammino attratto dalla sete di conoscenza. Un senso di soprassalto gli venne quando lesse la Via della Paura! Anche in questo caso avrebbe voluto scappare e non lo fece. Ne era fortemente tentato e per un tratto quasi si paralizzò. Vide uomini in preda al terrore. Vide tentacoli di tenebre che si attorcigliavano ad umani dallo sguardo fuori dall’orbita e ingabbiato in un panico senza fine. Alcuni lottavano contro i mostri, altri restavano impassibili, ipnotizzati da nenie provenienti dall’oltretomba.

    Un manichino spuntava dalla strada e gridava come un’ossessione con un ritmo forsennato – Abbi paura, ma non aver paura della paura… Abbi paura, ma non aver paura della paura! – Ogni due ore un robot con voce elettronica gridava – La paura è un salvavita… la paura è un salvavita!… – quando d’un tratto Kalìm trasalì, perché senza accorgersi era arrivato alla Via della Sorpresa! Che meraviglia. La gente camminava a bocca aperta e quanto stupore nei loro occhi.

    L’istante durava poco, ma era sufficiente a nutrir tutto il corpo di quella leggerezza dal sapore di vita.

    Un uomo dietro una bancarella vendeva sorprese, perché stimolassero stupore estasi e voluttà e gridava – Prendi ciò che non ti aspetti, ti stupirai e godrai!– La gente si soffermava davanti alle opere d’arte e restava per ore a contemplarle. Saper stupirsi sarebbe come conservare il segreto della luce negli occhi e colto anche lui dallo stupore… riuscì a ravvedersi dell’ora tarda e proseguì nel cammino. Oltrepassò la Via della Tristezza e giunse lì dove gli uomini facevano una brutta faccia guardandosi l’un l’altro. Non era rabbia, perché era la Via del Disprezzo! Tendevano a ritrarre il proprio corpo quasi fossero tutti riprovevoli. Vigeva una sorta di costante ritrosia mista a misantropia. Per quanto non gli appartenesse, i piedi di Kalìm attraversarono pure quella via e, senza quasi accorgersene, entrò nella Via del Disgusto!

    C’erano cibi avariati e animali sudici di fogna. Entrò nel regno dello schifo. Qualcuno vomitava, altri emettevano conati. Sembrava di navigare su un fiume di melma stagnante, fango e detriti dall’odore nauseabondo. Anche Kalìm emise un conato di vomito e lo sentì partire dallo stomaco. Continuò comunque a camminare. Si fece forte. Quando d’un tratto arrivò in una via piena di luci… tutti ballavano, e i suoni erano armonia e non rumori… si udivano belle musiche e le bocche erano tutti sorridenti. Era arrivato alla Via della Gioia! Quanta beltà veder ridere e sorridere, veder ragazzi giocare e correre, e vedere gente tenersi per mano e abbracciarsi. Sublime grazia d’umana passione, il corpo in gioia e’ un’esplosione di fuochi d’artificio. C’era gente in fila. Si volevano far marchiare a fuoco come mucche la parola Gioia sul corpo.

    Kalìm arrivò alla fine del flusso. Si fermò. C’era tracciata una linea. Mise i piedi al di qua della linea ed attese.

    Ripercorse con la fantasia tutte le Vie cambiando stato mentale e rivivendo tutto senza perdere un secondo di vita. Fu in quell’istante che giunse Igor dall’altra parte della linea. Si guardarono. Stettero un po’ in silenzio e poi Igor tese la mano dicendo – Mi hai aiutato ad aprire le sette porte, ora ti aiuterò affinché tu possa viverti a pieno il flusso d’emozioni. La vedi quella? – Igor indicò una motocicletta d’epoca. Una Morini Corsaro 150 e continuò – Vieni con me. Montiamoci su – Accese la moto e sentì il motore pieno e scoppiettante ed aggiunse – Questa era la moto di mio padre. C’è il suo cuore qui dentro. Voglio farlo rivivere! – Salirono in sella e partirono – Sai cosa vuol dire emozione? – continuò – METTERE IN MOTO!… l’emozione muove ogni cosa.

    Le Vie che hai percorso sono le Sette Emozioni Universali.

    Ora  intraprendi questa via e cammina, segui il flusso e troverai te stesso, perché ogni emozione è vita. Ecco… siam quasi giunti. Lì sgorga acqua… vai Kalìm! – In silenzio si avviò. Vide uno zampillo sgorgare da una roccia a cui piedi si era formata una pozza d’acqua trasparente e luccicante. Vi si specchiò… oltre se stesso, vide suo padre riflesso. Gli disse una cosa che in vita non gli aveva mai detto… – Ti voglio bene e mi manchi! – Poi mise la mano nell’acqua e ne accarezzò il viso. Sembrava ridesse. Gli sussurrò – Grazie per l’amore ricevuto e per l’uomo che sei stato! – e capì che era giunto il momento di seguire il suo flusso. Lo salutò come fosse un commiato. Si voltò e tornò da Igor. Montarono in sella e girarono tutta la notte per le Vie della città al suono di in rombo meraviglioso di una moto Morini 150.

    *Medico Psichiatra psicoterapeuta

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