Il ricordo di ieri, la sfida dell’oggi

Scoperta la targa in ricordo del primo Consiglio regionale: era il 13 luglio 1970

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    Non corre buona fama per le statue. Se la passano un po’ meglio le targhe, sorelle minori, piatte e bidimensionali, meno pompose e più pensose. Oggi pomeriggio ne hanno scoperta una, all’ingresso dell’aula del Consiglio provinciale di Catanzaro per ricordare che esattamente cinquant’anni fa, proprio lì, si riunì il primo Consiglio regionale della Calabria. Sembra passato un secolo e invece è solo mezzo. A togliere l’ultimo velo è stato il sindaco Sergio Abramo, con accanto chi l’ha preceduto e seguito nella carica, Rosario Olivo, e Aldo, figlio del primo presidente della prima assemblea legislativa calabrese, Mario Casalinuovo. A volerla, il movimento Catanzaro nel Cuore e le associazioni Petrusinu e Osservatorio del Decoro Urbano. Una cerimonia che doveva essere delle tre S: semplice, sobria e striminzita. E che, inevitabilmente, ha subito il fascinoso richiamo delle tre V catanzaresi, come da logo lanciato dal presidente del Consiglio cittadino Marco Polimeni preannunciando consone iniziative successive. Non può infatti un avvenimento tanto importante per la vita cittadina e regionale esaurirsi nel breve spazio di una cerimonia a promozione privata seppure inserita in un contesto pubblico e patrocinata da Comune e Provincia, senza l’apporto di un dibattito pensato e adeguatamente sviluppato. Questo ha reclamato l’ex consigliere comunale Franco Cimino che ha preso brevemente la parola. Proprio lui che, appena diciottenne, fresco reduce dal suo primo voto, quel primo luglio 1973 ascoltava compresso tra il pubblico le parole alate del primo regionalismo.

    targa

    C’è una foto simbolo di quel giorno e di quella occasione, riprodotta anche nella targa. La sala appare un po’ modificata rispetto a come si presenta oggi, con l’austero monito della stampa in bianco e nero: tra i banchi della presidenza e dei consiglieri una platea del notabilato dell’epoca, qualche uniforme militare dei vari corpi, nessun volto conosciuto ai più, escluso il faccione ancora giovane e promettente di Franco Politano, comunista allora e comunista fino all’ultimo. Lo nota anche il sindaco Abramo, e l’occasione gli è propizia per rivelare quanto lui stesso abbia nostalgia di quella passata stagione che lo vedeva ancora troppo acerbo per interessarsi di politica ma di cui già apprezzava i personaggi che la interpretavano con competenza e dignità. D’altronde ha facile sponda nel ricordare Mario Casalinuovo, avendo il figlio Aldo difronte, e Rosario Olivo accanto. Olivo non era ancora consigliere regionale, lo sarebbe diventato una legislatura avanti, quando avrebbe anche assunto il ruolo di presidente di Giunta. Anche lui, come gli altri catanzaresi che nel tempo hanno ricoperto la stessa carica, equanimi nel difendere le prerogative dell’intera regione, senza campanilismi di sorta: così Dominijanni, così Veraldi, così Nisticò, così Chiaravalloti, così Loiero. Certo, tutti, anche loro, con i loro difetti e le loro manchevolezze, ma con il senso innato di rappresentare in quel momento tutta la Calabria, anzi, se possibile, prima le altre città e le altre province, poi Catanzaro. Lo stesso non si può dire per tutti gli altri venuti prima e dopo.

    A Catanzaro il ruolo di capoluogo non gli veniva assegnato solo per la storia pregressa e per la centralità geografica, ma anche per avere rappresentato nei secoli e nei decenni il punto di equilibrio politico e amministrativo e di averlo incarnato, come una trasfigurazione plastica del genius loci, in una moltitudine di eletti di cui è oggi indispensabile riscoprire indole e passioni. Per questo è necessario abbandonare qualche ruvido aggancio al campanilismo di ritorno, lasciando ad altri il ruolo di guastatori della memoria, di mestatori della verità storica, di semplificatori del nulla. Aggrappandosi invece a quel senso della nobiltà politica che è come quello di Smilla per la neve: se ce l’hai ce l’hai, altrimenti non ci puoi fare niente. Di questo dovrebbero assumere coscienza e desumere esempio i semplici cittadini che oggi hanno partecipato alla cerimonia. E, insieme a loro, i numerosi consiglieri e amministratori presenti – Giuseppe Pisano, Fabio Talarico, Danilo Russo, Alessandra Lobello, Eugenio Riccio – che occupano il posto che per ventidue sedute fu di Antonio Guarasci, Rosario Chiriano, Angelo Donato, Aldo Ferrara, Saverio Alvaro, Costantino Fittante, Giuseppe Torchia, Sergio Scarpino e degli altri trentadue che sarebbe lungo elencare. Tutto ha bisogno la Calabria meno che di nuove divisioni. C’è bisogno di politica alta e corretta, come ha ribadito Sinibaldo Esposito nel suo breve eloquio: un nuovo regionalismo bussa alle porte, si dice sia differenziato ma che, comunque, vorremmo continuare a riconoscere e amare come abbiamo amato il primo.

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