La scuola ai tempi del Covid 19: ecco cos’è l’istruzione parentale

L'innovativo strumento pedagogico spiegato da Alessia Valmorbida e Viviana Vitale

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    Dad, Ddi, scuole aperte, scuole chiuse, manifestazioni e ricorsi. Dopo poco di più di un anno dall’inizio della pandemia da Coronavirus, la confusione regna sovrana in ogni ambito dell’esistenza ormai e, probabilmente diventerà endemica anche lei un giorno; intanto oggi come oggi c’è una sfera nella vita degli esseri umani, dei più piccoli e dei più giovani, che di questa gran baraonda contagiosa in termini virali, politici e sociali sta risentendo particolarmente: l’Istruzione.

    Ed è proprio per cercare di arginare la marea confusionale di questo periodo, che in campo scolastico parecchi genitori stanno scegliendo (o hanno già scelto) di avvalersi di uno strumento che esiste da tempo, da tanto tempo e, che sia nel nord Italia che in moltissime altre nazioni è una realtà quasi consolidata: l’istruzione parentale o homeschooling. Bèh, diciamo che tra istruzione parentale ed homeschooling esiste una leggera differenza “concettuale”: «L’homeschooling significa letteralmente fare scuola a casa ed è un po’ la modalità preferita da molte famiglie che scelgono l’istruzione parentale per un breve periodo» spiega Alessia Valmorbida, mamma homeschooler, referente calabrese per la Laif – L’Associazione Istruzione Famigliare -.

    Ma di che cosa si tratta?

    L’istruzione parentale/famigliare (o homeschooling) è la scelta genitoriale di assolvere e organizzare in ambito famigliare il diritto-dovere di istruire la prole, in attuazione dell’Articolo 30 della Costituzione italiana, dell’art. 26 della Carta dei diritti dell’Uomo e del principio settimo della Dichiarazione dei diritti del fanciullo. A tal fine, dando corso all’Articolo 33 della Costituzione, in ambito famigliare si attiva un sistema di azioni educative e di istruzione che vengono poste in essere a partire dalla persona che apprende, con l’originalità del suo percorso individuale attivo e aperto, inserito nella rete di relazioni che i vari ambiti sociali offrono. L’istruzione parentale/famigliare implica la piena e diretta assunzione di responsabilità dei papà e delle mamme nell’esercizio di una genitorialità consapevole, socialmente ricca, nel perseguimento dell’art. 2 della Costituzione italiana, nel rispetto dell’ambiente esterno generale (Fonte www.laifitalia.it).

    A livello pratico funziona così: si comunica formalmente alla propria scuola di residenza e al primo cittadino del comune in cui si vive, di voler praticare l’istruzione parentale. A questo punto la famiglia decide se fare scuola a casa, cioè seguendo il tradizionale programma che l’istituto scolastico gli fornisce, se basarsi sull’apprendimento naturale (o spontaneo, informale, autoguidato che dir si voglia, che poi è ciò che caratterizza davvero l’homeschooling), ovvero libero di seguire le leggi biologiche dell’apprendimento e fondato sul concetto di scoperta, o se istruire i propri figli seguendo un curriculum personale. Alla fine di ogni anno l’homeschooler sostiene un accertamento o un esame formale d’idoneità per il passaggio alla classe successiva; il primo di solito è per chi proseguirà il percorso in famiglia, il secondo qualora decidesse di tornare tra i banchi (è liberissimo di farlo!). Sia in un caso che nell’altro se ne occuperà una scuola a scelta della famiglia e, può trattarsi anche di un istituto diverso rispetto a quello di residenza. Oggi come oggi le famiglie che scelgono di istruire i propri figli autonomamente possono fare affidamento su tutta una serie di gruppi informali e scuole parentali composte da consulenti, i quali richiamano alla mente l’antica figura del precettore, che può subentrare qualora un genitore si trovi impreparato in una determinata materia o argomento.

    «Il mio lavoro da pedagogista mi ha portato a conoscere i gruppi di educazione parentale già presenti in Calabria» ci ha spiegato Viviana Vitale, in arte Vivipoppins, mamma homeschooler anche lei e “precettrice”, operante nel territorio catanzarese.

    «La maternità è sicuramente la mia prima motivazione nel creare e proporre esperienze educative e di crescita di qualità pedagogica e umana – racconta –. E così oltre ad aver fondato dei servizi per l’infanzia, ho iniziato a collaborare, come consulente esperta, con altre famiglie interessate all’educazione parentale. I progetti di educazione parentale sono luoghi dove vivere la dimensione comunitaria. Quella comunità che ormai ha assunto una forma nostalgica, un luogo dove un tempo ci si aiutava, dove c’erano scambi nella reciprocità. Ecco è questo che succede nella comunità educante di cui faccio parte: offro le mie conoscenze, la mia esperienza, il mio amore per i bambini e la natura per accompagnarli nel percorso di crescita di educazione parentale».

    Ed eccola qua, nelle parole di Viviana, in quelle di Alessia (che seguiranno) e delle tante altre mamme di Catanzaro e provincia per cui l’homeschooler è stata una scelta ispirata dalla pandemia, la risposta all’obiezione che in molti, leggendo questo articolo, staranno per muovere: e la socialità? Come socializzano questi bambini, questi ragazzi?

    Istruzione parentale non significa stare chiusi in casa davanti a un libro o un pc. Istruzione parentale significa soprattutto vivere, imparare a leggere, a scrivere, a far di conto, quello è ovvio, ciò nondimento l’homeschooling è uno stile di vita i cui insegnamenti vengono impartiti tessendo reti di persone che trasmettono direttamente la loro esperienza. Con tutte le restrizioni che il momento impone, naturalmente.

    Ad Alessia Valmorbida abbiamo chiesto come mai lei e suo marito hanno optato per l’istruzione parentale e quali sono i pro e i contro di questa scelta.

    «Quando è nata la nostra primogenita, che ora ha 10 anni, abbiamo iniziato a riscoprire il mondo attraverso i suoi occhi, mano a mano che lei cresceva. Quando abbiamo scoperto che c’era questa strada, l’abbiamo seguita, come naturale evoluzione del nostro percorso genitoriale. Scherzando, diciamo che facciamo istruzione parentale da sempre, perché è uno stile di vita, un approccio alla quotidianità. Su carta siamo in istruzione parentale dal 2016.

    I pro sono molteplici: il percorso di apprendimento viene personalizzato in base alle peculiarità del bambino; si possono approfondire gli argomenti senza interruzioni, anche per più giorni di seguito; se un giorno non troviamo spunti, possiamo concentrarci su una delle tante passioni o riposare. Sappiamo che il riposo ed i tempi rispettosi sono importanti, quanto quelli di apprendimento. L’unico contro è che essendo gli unici coordinatori dell’istruzione dei nostri figli, il senso di responsabilità si fa sentire, in modo pesante a volte. Questo significa informarsi continuamente, coltivare un buon dialogo con le istituzioni, confrontarsi con altre famiglie ed essere sempre pronti a cogliere un momento di interesse».

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