Enigma Covid per Maurizio, la testimonianza di ritardi e comunicazioni confuse

L'anomala avventura di un cittadino di Zagarise

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    A quanto pare, nulla di nuovo sotto il sole. In questo periodo di pandemia – con la speranza che ci si stia avviando in direzione della luce fuori dal tunnel – di storie simili a questa che stiamo per raccontarvi ne abbiamo sentite tante e, da un certo punto di vista, è proprio questo che indigna e fa arrabbiare. A contattare la nostra redazione è Maurizio Innocente, di Zagarise.

    L’epopea sua e della sua famiglia ha inizio lo scorso 26 aprile quando il figlio, alcuni giorni dopo essere rientrato da un viaggio di lavoro, comincia a manifestare lievi sintomi da Covid-19: febbriciattola e mal di gola. Sottoposto a tampone antigenico il giovane risulta essere positivo ed immediatamente Maurizio, sua moglie e la madre, tutti conviventi, si pongono autonomamente in quarantena. Vengono informati anche il medico di famiglia ed il primo cittadino di Zagarise e, i quattro si isolano ognuno in una stanza diversa «com’è giusto che avvenga in queste situazioni» racconta l’uomo.

    E qui principia la strana avventura: «Tre giorni dopo, su invito della struttura sanitaria  di riferimento,  vengo sottoposto  ad un tampone molecolare, perché lavoratore dipendente» riferisce Maurizio. «Dal giorno successivo ho cercato in tutti i modi, invano, di contattare l’ufficio preposto per avere notizie sul risultato del tampone effettuato, pur restando comunque in quarantena – continua -. Con un’ordinanza datata 4 maggio, l’ufficio del sindaco Gallelli dispone per tutti e quattro la quarantena obbligatoria a partire dal 28 aprile e fino al 10 maggio, salvo ulteriori comunicazioni. Il 7 maggio  io, mia moglie, mia madre e mio figlio veniamo sottoposti a tampone molecolare domiciliare direttamente da personale dell’Unità Operativa di zona. Anche in questo  caso, ho cercato invano di contattare  il personale  del  reparto del Pugliese per avere notizie  dei risultati,  per  tranquillità  familiare e per programmare il mio eventuale rientro al lavoro, dopo un’assenza di 14 giorni».

    Giorni (e giorni) dopo arriva la tanto attesa telefonata nella quale si attesta la positività  al  virus del figlio, la negatività di moglie e mamma e la “conferma” – la persona all’altro capo del telefono usa proprio questa parola, pur non essendogli mai stato comunicato il risultato del primo tampone – della negatività di Maurizio. Durante la telefonata «l’interlocutore precisa  anche che sia io che mia moglie, essendo conviventi di mio figlio ancora positivo, avevamo l’obbligo di rimanere in quarantena e che il 17 maggio, saremmo stati sottoposti ad un nuovo tampone domiciliare, mentre mia madre non aveva più  nessun obbligo di rimanere in casa».

    Fin qui potremmo dire tutto relativamente nella norma fino a quando, ben sette giorni dopo la comunicazione telefonica di negatività, il sindaco di Zagarise informa Maurizio di un provvedimento dell’Asp di Catanzaro emesso in data 14 maggio che certificherebbe la sua positività. Come la sua positività?

    «Rimango incredulo e preoccupato per tutta la serata, non tanto per la notizia, quanto per il fatto di aver messo a serio rischio  mia moglie con la quale, dopo aver avuto conferma della negatività di entrambi, abbiamo condotto la vita normale che conducono tutte le famiglie: mangiare insieme, usare il medesimo bagno, stare nello stesso letto, con il rischio concreto di averle potuto trasmettere il Coronavirus» dice l’uomo. Intanto lui e la moglie ritornato a vivere distanziati e, come annunciato, il 17 maggio gli viene rifatto il tampone. Ma Maurizio ancora mica ha capito se è positivo o negativo.

    Intanto, nel fermo tentativo di cercare di scoprire l’arcano Maurizio riesce informalmente a venire a sapere che il suo tampone, quello effettuatogli il 7 maggio era negativo. Due giorni fa finalmente l’incubo è finito: sono tutti e tre negativi… a meno che qualcuno non ci ripensi!

    « Adesso si può ritornare alla vita di sempre. A me, onestamente, è sembrato un indovinello avvolto in un enigma. La quarantena, per un’intera famiglia è veramente stressante, abituati ad essere autonomi, all’improvviso ti ritrovi a dipendere da molti per ogni cosa, persone che ringrazio con tutto il cuore per la disponibilità e l’affetto che ci hanno dimostrato, ma quanto successo mi ha portato tanta rabbia per quello che poteva accadere. Non ho rancore per nessuno, ci sono state delle disfunzioni credo imputabili  non certo agli  operatori dell’ospedale che ringrazio e neanche a quelli dell’ASP per il contenuto di  quella ordinanza che, ancora oggi non riesco a comprendere come possa essere accaduto,  ma certamente addebitabile ad  un’organizzazione non definisco inefficiente ma che, nell’epoca in cui viviamo, si affida a forme di comunicazioni  quantomeno discutibili». E qui finisce la storia.

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