Qui centro storico di Catanzaro: immagini di abbandono e degrado foto

In via Cilea e in via Bellini latitano i netturbini, mentre buche ed erbacce trovano strada e lasciano tracce. Fantasia e smart city non sono incompatibili con una ramazzata come si deve nelle strade cittadine

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Si dice in giro che uno dei motivi, non il solo ma uno sicuramente sì, per le quali Virginia Raggi non sarà sindaco di Roma per la seconda volta è da ricercare nelle buche. Non quelle da biliardo o da palcoscenico, ovviamente, ma quelle stradali, quelle dove inciampi e ti fracassi una caviglia, dove i tubeless sfiatano che è una bellezza, dove l’anofele convola a giuste nozze e prolifera per la gioia dei romani insonni. Un male endemico, le buche romane, che fanno in un certo senso parte del panorama, preesistevano a Raggi e sicuramente le sopravviveranno. Eppure, le buche avranno la loro parte nella preventivata sconfitta della prima sindaca dell’Urbe a Cinquestelle.

Generico maggio 2021
Generico maggio 2021

Tutto il mondo è città. Roma e Catanzaro distano 612 chilometri misurati col metro di Google, ma le buche sono lì e compaiono qui, inesorabili e onnipresenti, tratto distintivo della qualità urbana che, pare, si stia abbassando un po’ dovunque in Italia. Mal comune mezzo gaudio, quindi? Pessimo affare. Significherebbe rassegnarsi al peggio e non è quello che vogliamo. Vero, concittadini?

La lunga e pedante introduzione è dovuta al senso di colpa che pervade chi scrive quando pensa a ciò che ogni tanto sfugge al nostro sindaco quando, nell’enumerare grandi progetti e nel proiettare fantastiche visioni della città che verrà, sbotta contro chi vuole parametrare il giudizio sulla sua amministrazione con le buche che si aprono tra i sampietrini del corso o l’asfalto delle periferie. Tutto al mondo è relativo. Anche perché le buche, quando esistono, ed esistono al centro e in periferia, non sono mai sole, ma spesso vanno insieme ai loro compagni di merenda: le erbacce che fanno tanta biodiversità, le cicche sparse come le tamerici ma molto meno poetiche, le mascherine usate poco e molto gettate, le bustine color escrementina che se un’auto ci passa sopra sono peggio delle schioppettate caricate a sale. Insomma, il vasto campionario delle brutture che tutti sperimentano passeggiando per le vie cittadine.

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Nessuna si senta esclusa. Un giorno l’una, un giorno l’altra, tutte giugno all’attenzione della cronaca del nostro giornale: solo stamattina ci siamo occupati di via Masciari, con il corredo di foto che testimoniano dell’abbandono di quel tratto di scalinate che lette in altra prospettiva potrebbero rappresentare uno scorcio caratteristico di un centro che non è ancora periferia e di una periferia che si apre al centro. Pensavamo che per oggi bastasse.
E invece, al calare della sera ecco giungere da via Bellini e da via Cilea – sentite la musica in sottofondo? – foto e testi che ribadiscono il concetto: c’è erbaccia per te. Un erbario misto e variegato – se fosse minestra sarebbe maritata – comprendente soffioni, parietarie e ortiche con qualche grazioso getto di margheritina gialla che non guasta mai. In abbondanza, tanto che qualche tratto delle scalette che da Bellavista scendono giù verso Stratò è pedonabile solo con le Dr. Martens ai piedi, mentre dietro il muro di contenimento a fondo strada si innalza esuberante qualche giovane arbusto di ailanto, specie arborea che più infestante non si può.

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E poi carte, cartoni, pezzi di gomma, gomme a pezzi, guanti mono disuso, bruciature d’olio motore. Non si inventa nulla, basta dare uno sguardo alle foto in fondo a quest’articolo. In alcune si vede anche il piazzale della scuola elementare di via Cilea, da anni ormai dismessa ma buona per accogliere residuati di lavori pubblici, come discarica da subappalti, fascine di tubi innocenti e arrugginiti. E sporcizia varia.

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Pare che da quelle parti non passi un netturbino da tempo. Qualcuno dice una settimana, chi due, chi un mese, chi azzarda un anno. I residenti protestano, non è che stanno zitti. Fanno domande. Quando incontrano un dipendente Sieco della raccolta quotidiana ricevono in risposta braccia allargate con palmi disarmanti, aperti all’insù. Pare sia questione di competenze. Tra il netturbino che ha in consegna via A e quello che deve provvedere via B, ci sono le viuzze secondarie di collegamento, quelle non considerate nelle mappe di servizio. Fossimo in trincea, sarebbero le terre di nessuno.

È vero. Amministrare una città moderna comporta un esercizio di fantasia, saper vedere oltre, cogliere al volo le opportunities, sfruttare le skills, sapere adoperare i tools, lanciarsi nel magico mondo del project financing. Ma santiddio, ogni tanto diamo pure una ramazzata come si deve nelle strade cittadine. La smart city passa anche da lì.

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