Tutti i nomi della droga, le estorsioni ma anche il medico della Saub che cede al “cavallo di ritorno”

Nelle oltre 200 pagine di ordinanza una storia già scritta e già raccontata ma che evidenzia ancora di più e peggio la pervasività del fenomeno criminale di matrice rom

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    Zio pasquale” “Nipotina”, sorella, discorso cugina appartamento, mattonelle, bagno vasca da bagno.
    Non ci sono solo gli alias a contraddistinguere i soggetti criminali che controllano la piazza dello spaccio a Catanzaro , ma anche i nomi i codice con cui viene identificata la droga.

    Aesontium, due gruppi rivali ma uniti nel contrastare le indagini

    Nelle 284 pagine dell’ordinanza firmata dal Gip Teresa Guerrieri su richiesta dei magistrati della Procura della Repubblica di Catanzaro coordinati dal Procuratore Capo Nicola Gratteri, vengono rimessi insieme i pezzi di una storia tanto nota quanto odiosa per questa città e questa provincia.
    E’ stata certosina e dettagliata l’attività della Squadra Mobile di Catanzaro e dei Carabinieri del comando provinciale, che hanno incrociato ed incastrato diversi elementi raccolti negli anni così da aggiungere tasselli a quel quadro criminale che inquina e davasta il convivere civile.

    La criminalità di viale Isonzo “raggiunge la parità di genere” e usa gli alias per confondersi, distinguersi ma non perdere l’appartenenza

    Un lavoro che oggi ha trovato la sua giusta conclusione nell’operazione Aesontium, condotta da Polizia e Carabinieri in maniera congiunta, e che mette almeno un punto ad alcune attività, per altro portate avanti da quel Fiore Bevilacqua, conosciuto come “u nonnu” deceduto proprio qualche mese fa a causa delle conseguenze del covid.
    C’è la droga, chiamata con i nomi più diversi, ma ci sono anche le estorsioni i cui proventi servono per acquistare proprio le sostanze stupefacenti.
    Ma ciò che dà la misura di quanto pervasivo sia il fenomeno deliquenziale descritto nelle pagine dell’ordinanza e messo in luce dalle forze dell’ordine, è un episodio tra i tanti.
    In una Saub, struttura pubblica sanitaria, della provincia viene commesso un furto di computer e tablet, probabilmente di notte.

    Il medico, che aveva in custodia quell’attrezzatura, non denuncia il furto alle autorità competenti ma si rivolge direttamente ai “soggetti criminali” della zona incontrandoli in un bar.
    I responsabili del furto avevano privato i macchinari delle batterie proprio perché non fossero tracciabili.
    Dapprima il medico accetta di pagare 200 euro per la restituzione, ma la sera dell’incontro dice all’intermediario che ne darà solo 100 e così fa. L’intermediario, tornato dai suoi sodali, riferisce le intenzioni del medico urtando le loro suscettibilità. Il giorno dopo il dottore, non vedendosi restituito ciò che gli era stato rubato, cerca di riavere indietro i soldi.
    Una condotta certamente estorsiva da parte degli indagati che trova però terreno fertile nel silenzio delle vittime, che spesso vittime lo sono davvero, molto più frequentemente però, se pur loro malgrado, entrano in un sistema perverso che è la vera linfa di questa mala pianta.

    Nelle oltre 200 pagine di ordinanza una storia già scritta e già raccontata ma che evidenzia ancora di più e peggio la pervasività del fenomeno criminale di matrice rom.

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