Inchiesta Mala Pigna: il ruolo di Pittelli, il traffico illecito di rifiuti e i prestanome

Sono in tutto 44 gli indagati dell'inchiesta coordinata dalla Dda di Reggio Calabria

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    Tra persone fisiche e società, sono in tutto 44 gli indagati dell’inchiesta “Mala Pigna” coordinata dalla Dda di Reggio Calabria che ha fatto luce
    su un traffico di rifiuti gestito dalla cosca Piromalli di Gioia Tauro. L’attività investigativa ha  consentito “di ricostruire i rapporti tra Rocco Delfino, Aurelio Messineo (fedelissimo del boss Giuseppe Piromalli alias ‘Facciazza’) e l’avvocato Giancarlo Pittelli, legale di fiducia della famiglia
    Piromalli”. Dalle indagini è emerso che Pittelli “veicolava informazioni dall’interno all’esterno del carcere tra i capi della cosca Piromalli, detenuti in regime carcerario ai sensi dell’articolo 41 bis, ossia Giuseppe Piromalli detto ‘Facciazza’ ed il figlio Antonio Piromalli, e Rocco Delfino, quale soggetto di estrema fiducia per i Piromalli in quanto elemento di vertice della stessa cosca”.

    E’ quanto emerge dall’inchiesta ‘Mala Pigna’ sul traffico illecito di rifiuti, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, che ha coinvolto 29 persone, fra cui esponenti apicali della ‘ndrnagheta, indagate a vario titolo per associazione mafiosa, disastro ambientale, traffico illecito di rifiuti, intestazione fittizia di beni, estorsione, ricettazione, peculato, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, violazione dei sigilli e danneggiamento aggravato. Le indagini hanno preso le mosse nel 2017 da un sopralluogo eseguito presso la sede aziendale della società “Ecoservizi Srl”, ditta di trattamento di rifiuti metallici speciali, nella zona industriale del Comune di Gioia Tauro (Rc) e gestita dalla famiglia Delfino, da decenni attiva nel settore.

    I primi riscontri investigativi hanno evidenziato che la società, nonostante fosse oggetto dei provvedimenti di sospensione dell’autorizzazione al trattamento dei rifiuti e di cancellazione dall’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, era diventata il fulcro di un’attività organizzata per il traffico di rifiuti speciali di natura metallica, con base operativa a Gioia Tauro e con marcate proiezioni sul territorio nazionale ed internazionale.

    Il ruolo di Pittelli

    L’avvocato ed ex parlamentare Giancarlo Pittelli “si attivava a favore di Rocco Delfino nelle vicende giudiziarie riguardanti la revisione del procedimento di prevenzione nei confronti della società in confisca Delfino Srl, pendente dinanzi al Tribunale di Catanzaro Sezione Misure di
    Prevenzione, con l’intento di ‘influire’ sulle determinazioni del Presidente del Collegio al fine di ottenere la revoca del sequestro di prevenzione, nonché con una serie di ulteriori condotte che esulavano dal mandato difensivo”. E’ uno degli elementi emersi dall’inchiesta ‘Mala Pigna’ sul traffico illecito di rifiuti, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, che ha coinvolto 29 persone, fra cui esponenti apicali della ‘ndrangheta.
    Rocco Delfino, per anni socio e procuratore speciale della società Ecoservizi Srl, con il contributo materiale e morale di altri soggetti e mediante artifizi messi in atto per aggirare la normativa antimafia, promuoveva un’associazione volta al traffico illecito di rifiuti mediante la gestione di aziende fittiziamente intestate a soggetti terzi ma riconducibili alla diretta influenza e al dominio della famiglia Delfino, quali la società Mc Metalli Srl, la ditta Cm ServiceMetalli Srl.

    Gli amministratori aziendali di tali aziende si palesavano quali prestanome dei traffici illeciti dei Delfino, con una completa ed incondizionata comunione di affari ed interessi. L’obiettivo era quello di servirsi dell’immagine e del nome di società apparentemente ‘pulite’, rette da un amministratore legale privo di pregiudizi penali e di polizia, avente tutte le carte in regola per poter ottenere le autorizzazioni necessarie alla gestione di un settore strategico, qual è quello dei rifiuti speciali, ed in tal modo intrattenere rapporti contrattuali con le maggiori aziende siderurgiche italiane, contrattare l’importazione e l’esportazione di rifiuti da e per Stati esteri, nonché aspirare all’iscrizione in white list negli elenchiistituiti presso la Prefettura. Secondo quanto emerso, inoltre, nel programma criminale mafioso della famiglia Delfino rientrava il
    dominio assoluto della ditta Delfino Srl, società in confiscadefinitiva sin dal 2007 in quanto oggetto di un procedimento di prevenzione attivato nei confronti della famiglia Delfino alla fine degli anni novanta, sull’assunto che Rocco Delfino e i fratelli gravitassero nella galassia della famiglia ‘ndranghetistica dei Molè.

    Le indagini permettevano di accertare che la società confiscata Delfino Srl, ancora attiva sul mercato, altro non fosse che un’azienda di schermatura per le attività illecite dei fratelli Delfino, con il concorso attivo dei coadiutori e amministratori designati dall’Agenzia Nazionale dei beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata, nonché di professionisti (avvocati, consulenti, commercialisti ed ingegneri ambientali) che prestavano per la stessa la propria opera di intelletto, con metodo fraudolento e sotto la direzione dei Delfino. In particolare Rocco Delfino infiltrava la Delfino Srl con professionisti spregiudicati a lui fedeli, esercitava la sua influenza convocando i coadiutori al suo cospetto e dettando
    loro i comportamenti da opporre alle richieste dell’Anbsc. Il tutto finalizzato a mantenere il completo controllo mafioso della società in confisca, in un clima di intimidazione e prevaricazione.

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