I suoni della tradizione e la musica classica: matrimonio artistico che piace e convince

Successo per il Concerto per zampogna e orchestra tenutosi al Teatro Politeama

Più informazioni su

    E’ andato effettivamente come l’ha descritto il maestro Giovanni Pompeo ieri a fine serata, nei suoi saluti al pubblico, il Concerto per zampogna e orchestra al Teatro Politeama. Protagonisti erano i musicisti dell’Orchestra Filarmonica della Calabria insieme a solisti di musica popolare che in una inconsueta esibizione hanno unito i suoni della tradizione, così come i ritmi e le melodie, alla musica classica.

    Un incontro fra i due generi che potrebbe sembrare inconciliabile e invece: ciò che il direttore Pompeo ha reso evidente a tutti è stata la diffidenza e lo scetticismo iniziali di fronte all’insolito connubio, poi sciolto al ritmo dei tamburelli. Sì, insomma, l’impatto con l’esibizione poteva lasciare perplessi, e l’ha fatto in prima battuta, ma poi si è rivelata secondo quella legge del linguaggio universale della musica che accomuna anche là dove la logica non vorrebbe. Anzi, il progetto diretto da Danilo Gatto, che ha scelto il programma dei brani, mettendoci mano per l’occasione, ha pure portato come esempio di questa solo apparentemente insolita associazione la Pifa (Sinfonia pastorale) dal Messiah di Haendel, con cui si è aperto il concerto: il genio del barocco tedesco pare si sia ispirato proprio alle zampogne del sud Italia per il movimento dell’opera proposto al Politeama. E, come avverte Gatto, non si tratterebbe di un caso isolato.

    C’è anche la stessa sordellina, suonata a Catanzaro da Marco Tomassi che l’ha ricostruita insieme ad Eric Montbel: questa sorta di zampogna avrebbe origine nel ‘400 a Napoli e vanta un repertorio piuttosto vasto che spazia dal popolare al colto, ritenuto uno strumento di corte del Seicento. A chi ancora poteva manifestare qualche perplessità è arrivata comunque anche ieri sera la musica a dipanare ogni dubbio: «Superato il disorientamento iniziale siete entrati nel “sound”, un termine che fa più cool, diciamolo», ci ha scherzato sopra il maestro Pompeo elogiando il lavoro di Danilo Gatto che ha riscritto il programma proposto per il concerto: «E’ stato encomiabile, non si è trattato di un arrangiamento, sarebbe riduttivo parlarne in questi termini – ha detto -, il maestro Gatto ha cercato una maniera sua, molto personale, e anche un po’ difficile di mettere insieme» questi due mondi.

    Lo stesso direttore artistico, c’è da dire, dopo una prima parte – che insieme a Haendel ha visto in programma brani tradizionali da “L’ame entendit” del diciassettesimo secolo, alla “Sfessania” di Baldano, passando per le “Sette ali” dello stesso Tomassi, la “Ninna nanna del Bambin Gesù” di Orazio Michi dell’Arpa, “Branle de resse” di Pierre Borjion de Scellery e “Branle de village” di François-André Danican Philidor (gli ultimi rivisti da Carlo Frascà) -, ha affiancato all’organetto i musicisti nella seconda parte del concerto. Lo ha fatto per i suoi brani “Sonata streuza”, “Trittico”, “Intrusioni”, “Compari tutti i dui”, ma a chiudere la serata con stati due doverosi omaggi, il primo al compianto Gianfranco Riccelli con la sua “Andrea e la montagna”, il secondo a Franco Battiato con la sua “Stranizza d’amuri”. Il finale ha deliziato letteralmente il pubblico che abbandonata ogni riserva, ha abbracciato con lunghissimi applausi i fautori della gradita esibizione.

    I solisti in scena insieme all’Orchestra Filarmonica della Calabria sono stati oltre ai già citati Tomassi e Montbel (alla cornamusa francese), Gabriella Aiello al canto, Antonio Critelli alla surdulina, alla gaita e alla ciaramella, Giuseppe Muraca alla zampogna a chiave e alla lira, Rosario Altadonna alla zampogna a paru e ai fischiotti, Giuseppe Braccio alla chitarra battente.

    Più informazioni su