Nella “piccola Versailles” di Ediolinda la storia di una famiglia e di un luogo magico della città foto

Nel suo libretto il medico spalanca le porte del racconto di una favola antica ma concreta

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    Una foto in bianco e nero mostra l’interno di Villa Trieste a Catanzaro, oggi Villa Margherita,  ed una giovane donna vestita di bianco, tiene fiera un libro in mano, è felice di avere superato la maturità scientifica. C’è una didascalia.

    ‘Questa sono io, Ediolinda Iiritano, nata il 26 giugno 1940 in Villa Trieste e lì residente fino al 1965’. Quel primo passo è l’inizio di una carriera luminosa: la giovane Ediolinda diverrà primario di Fisiopatologia respiratoria dell’ospedale Pugliese Ciaccio. Nel suo libretto ‘La piccola Versailles’  spalanca le porte del racconto di una favola antica, ma concreta, reale: la storia della famiglia Iiritano. La storia della famiglia del custode.

    Cinque figli. Giovanni, Ermanna, Eva, Ediolinda e Gidio che nella loro ‘piccola Versailles’, Villa Margherita, sentita e vissuta come il proprio personale grande giardino, crescono nel rigore e portano avanti gli studi. Tre di loro diventano medici, uno di loro studia per ingegnere, l’altra figlia ancora insegnante di Arte.

    Ed è prima ancora la storia semplice di Antonio Iiritano, detto Totò, che di Villa Trieste fu giardiniere e custode dal 1930 al 1965, sua moglie, la signora Rosa Caroleo. Una figura di donna ancestrale.

    ‘Mia madre Rosa Caroleo – racconta Ediolinda Iiritano – generosa, istintiva e passionaria, faceva venire in mente l’eroina Pilar del romanzo di Ernest Hemingway ‘Per chi suona la campana’: la passionaria che stimolava il marito alla guerriglia. La guerra che condusse Rosa Caroleo fu per l’istruzione superiore dei figli”.

    E’ una favola bella, quella raccontata da Ediolinda. Restituisce molto alla città, alla sua storia, ai suoi valori antichi e magari oggi solo sopiti.

    ‘In questa oasi di pace – racconta – in questa Villa immensa (che sentivamo nostra) siamo cresciuti noi cinque figli. Poveri ma belli, la nostra felicità era fatta di piccole cose, che solo noi avevamo sempre a disposizione: il lago dei cigni, la statua di Fiorentino, i pinoli, i fiori delle aiuole, il panorama della rotonda, la frescura degli alberi, il ‘cento metri’, il campo di pallacanestro, trasformato nella odierna biblioteca.

    La Villa era per noi cinque fratelli una piccola Versailles’. Una bellezza che non distrae i ragazzi, anzi li stimola a studiare e a divenire dei professionisti.

    Il passato, il presente. Se oggi molte associazioni cittadine invocano la semplice figura di un custode per ridare cura e decoro alla Villa, si dimentica che il gruppo di lavoro era allora formato da 15 giardinieri, con la grande aiuola ‘simbolo’ quella col calendario che veniva quotidianamente aggiornato. E un’altra figura storica era quella di Giuseppe Tarantino, ‘Peppino d’a Villa’, anche lui custode della Villa negli anni ’50.

    Villa Margherita era un incanto di varietà di fiori e piante. Nel 1899 aveva avuto perfino un visitatore e un ‘fan’ eccezionale. Giovanni Pascoli, uno dei giganti della letteratura italiana, che di Villa Trieste scrisse.

    La storia di questa famiglia si intreccia poi con un’altra storia importante della città, quella dell’ospedale Pugliese Ciaccio. ‘Mi laureai a Messina – racconta Ediolinda Iiritano – vinsi nel 1967 il concorso a 13 posti di assistente medico chirurgo, ero la quarta donna medico, scelsi la Pneumotisiologia. Da studentessa frequentavo da volontaria la Medicina dell’Ospedale vecchio, seguendo la scia di mia sorella Ermanna che mi presentò il professor Spadea. Il Maestro mi diede numerosi incarichi, medici ed organizzativi. Il primario, dottor Francesco Focarelli, traslocava nell’ex Medicina a piano terra. I medici eravamo in due, il primario ed io. Non avvertivamo la fatica, il lavoro era ancora passione e missione, il reparto la seconda famiglia con pochi infermieri, due caposala, 60 posti letto, due sezioni, uomini e donne. (…)

    In ospedale lavorava mia sorella Ermanna, medico al Centro trasfusionale, mio fratello Gidio, medico della divisione di Ortopedia, mio marito Mario Rechichi, primario di Anestesia e Rianimazione al Ciaccio e al Pugliese. Con lui iniziai contemporaneamente la vita ospedaliera, il 17 dicembre 1967, e la vita coniugale, il 14 gennaio 1968.

    Il primario Rechichi e il primario Iiritano sono ora in pensione, hanno da poco festeggiato le Nozze d’Oro, e sono tante ancora oggi le parole d’amore tra di loro. ‘A te, cara Ediolinda – scrive a un certo punto il dottor Rechichi – non mancò mai l’amore, la forza e la determinazione. (…) ti rinnoviamo e ricambiamo quel grande affetto che tu senza nulla chiedere spargi a tutti con istintiva spontaneità e a volte, forse, con esagerata passione’.

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