Gratteri: “La paura? Si addomestica. Le mie motivazioni sono più forti”

Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia modesta e laboriosa. In altri contesti sarei potuto diventare mafioso, come alcuni dei miei compagni di infanzia che ritrovai e di cui dovetti chiedere la condanna

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    «La paura? Cerco di addomesticarla. Sarei ipocrita a dire di non avere paura. Ma ho cercato sempre di non farmi condizionare da quello che è un sentimento umano. Legittimo, ma non condizionante. Le mie motivazioni sono più forti della paura». Parole del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri in una intervista a cuore aperto rilasciata al Resto del Carlino-LaNazione e il Giorno. “Non vado al cinema da almeno 30 anni. Anche il mare per me è off limits, nonostante abiti a meno di 10 chilometri dallo Ionio. Ma non ho mai pensato di smettere”.

    L’alto magistrato spazia tra vari argomenti ma soprattutto ricorda il suo passato e le sue origini. «Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia modesta, ma dignitosa e laboriosa. I miei genitori mi hanno insegnato l’importanza del rispetto, del lavoro. Ogni giorno. Ricevo centinaia di persone che vogliono denunciare. Lo dico anche ai miei colleghi più giovani. Dobbiamo essere credibili, perché solo così è possibile convincere la gente a denunciare, a ribellarsi, a collaborare».
    «Se fossi nato in una famiglia diversa, sarei potuto diventare mafioso, come alcuni dei miei compagni di infanzia. Gente che poi ho ritrovato in giro per il mondo. Li ho dovuti arrestare e chiederne la condanna. Non è stato facile. Ma a dividerci sono state le diverse scelte di vita».

    «Gerace, rispetto a Locri era meno soggetta al giogo mafioso. I miei non hanno mai subito minacce o richieste estorsive. D’altronde non è che fossero ricchi. Mio padre faceva il camionista e poi ha aperto un piccolo negozio di generi alimentari. Mia madre era casalinga». Oggi, dopo 35 anni, ritiene di aver dato giustizia a chi la chiedeva?

    «Se consiglierei ai giovani di andare all’estero? Ognuno – conclude – deve fare le proprie scelte. Quando non si trova lavoro, è difficile chiedere a un giovane di restare. Mi auguro che i soldi destinati al Sud dal Pnrr contribuiscano a interrompendo la fuga di tanti cervelli che impoveriscono le nostre terre. È un peccato perderli dopo averli formati. Spesso, quando si arriva alla laurea, il professore più che il meritato titolo di studio, allo studente sembra ironicamente consegnargli il passaporto»

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