Misure di prevenzione: il difficile equilibrio tra sicurezza sociale e libertà di dissenso

Approfondito incontro sul tema a Palazzo di Vetro con l’intervento dei destinatari della richiesta di sorveglianza speciale della questura di Cosenza, in discussione a Catanzaro a metà febbraio

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    C’è un episodio specifico, la richiesta all’autorità giudiziaria da parte della questura di Cosenza di applicare a tre giovani attivisti cosentini – Jessica Cosenza, Simone Guglielmelli e Francesco Azzinnaro – la misura della sorveglianza speciale sulla scorta di valutazioni concernenti la loro condotta nell’ambito della lotta per le politiche abitative cittadine.

    Generico gennaio 2022

    E c’è una questione di carattere generale, che dalla prima prende avvio, concernente l’applicazione concreta di misure di prevenzione che incidono pesantemente sui diritti personali e politici muovendosi in un ambito discrezionale e pertanto al limite delle prescrizioni imposte dalla Costituzione, nel loro essere misure che incidono sullo spazio di libertà avvalendosi di strumenti che precedono o vanno al di là della codificazione del diritto penale.

    Di ambedue gli aspetti l’incontro pubblico ‘Sorveglianza speciale e diritto al dissenso’ ha offerto un approfondito quadro davanti a un pubblico folto e in prevalenza giovanile, tenuto nella Sala giunta della Provincia di Catanzaro, città nella quale il 14 febbraio il Tribunale di sorveglianza dovrà decidere sull’’applicazione delle misure richieste per Jessica Cosenza, con le altre distanziate di un mese.

    C’è da dire che, da quando, il 13 dicembre 2021, sono state rese note le richieste della questura, ai tre attivisti, impegnati nei movimenti per il diritto alla salute all’abitare contro le diseguaglianze di genere e nell’Unione Sindacale di Base, è giunta la solidarietà di un diversificato fronte comprendente una folta e qualificata schiera di docenti dell’Unical e finanche del graphic novelist Zerocalcare, mentre fioccano in loro favore le interrogazioni in Parlamento al ministro Luciana Lamorgese: la prima è stata dell’ex sottosegretaria M5S Anna Laura Orrico, mentre è imminente la prossima, del deputato di Potere al Popolo Matteo Mantero. Nel breve intervento svolto durante l’incontro Simone Guglielmelli ha informato che ai tre possibili ‘sorvegliati speciali’ non viene attribuito alcun reato specifico, se non l’esigenza di ‘contenere il loro carattere eversivo e ribelle’ che si sarebbe manifestato nel corso della loro attività di organizzazione del dissenso sociale nell’ambito abitativo, nel contesto della longeva lotta per la casa particolarmente vivace nel tessuto urbano cosentino. Guglielmelli ha anticipato che altre richieste simili sono in arrivo ad altri attivisti, mentre a molti è stata recapitata nei giorni scorsi la multa prevista nelle ordinanze anti assembramento per una pacifica manifestazione tenuta in adiacenza del cosentino Corso Mazzini il 4 dicembre, in pieno contiguo e super affollato shopping natalizio.

    Insomma, il sospetto, ribadito da Guido Lutrario, membro dell’esecutivo nazionale Usb giunto appositamente da Roma, è che sia in atto una strategia di contenimento e silenziamento del dissenso sociale attraverso l’applicazione di misure di prevenzione totalmente fuori luogo, discrezionali e intimidatorie.

    Di più, sul caso specifico, nessuno è entrato, men che meno gli altri relatori, per rispetto verso le procedure giudiziarie in atto, che prevedono l’udienza presso l’apposito Tribunale della sorveglianza catanzarese.

    La discussione più generale è passata attraverso le cuciture di conduzione dell’incontro da parte di Domenico Bilotti docente Umg e gli interventi di Francesco Iacopino avvocato penalista del foro di Catanzaro e di Laura Ferrara europarlamentare Cinquestelle, in diretta telefonica da Bruxelles, impegnata nella seduta plenaria del Parlamento europeo nella giornata della Memoria.

    “La sicurezza, cui fanno riferimento le misure di prevenzione personali – ha detto tra l’altro Domenico Bilotti -, va declinata anche come sicurezza sociale, come garanzia degli spazi di dissenso democratico, tenendo in considerazione i diritti costituzionali che si accompagnano ai doveri inderogabili di solidarietà sociale.

    Stiamo vivendo una fase nella quale si risponde alle insicurezze delle persone agitando strumenti di controllo o di accomodamento preventivo.

    Nello specifico, ci troviamo nella circostanza in cui le forme del mutualismo dal basso, della cooperazione sociale spontanea, anche nei momenti di vivacità sociale, non gode di ottima stampa, ed è un peccato perché nell’area si vivono esperienze di solidarietà sociale che hanno un significato superiore alle appartenenze politiche contingenti. La prevenzione anticipatoria sulle forme di marginalità sociale è fortemente problematica”.

    Un excursus della linearità giuridica della normativa italiana rispetto ai dettati europei è stato il punto di approccio di Laura Ferrara, alla luce degli interventi svolti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu).

    “Quanto accaduto a Cosenza – ha detto l’europarlamentare – non è una situazione nuova ma non per questo non ci ha lasciati interdetti. Le misure di prevenzione concepite in periodi lontane per finalità precise, si ritrovano a essere agite come forma di repressione del pensiero e del diritto al dissenso.

    In ambito europeo in particolare la sorveglianza speciale è stata spesso oggetto di critiche e di perplessità giuridiche, ricordiamo la sentenza Luzzati del 1980 in cui la Corte di Strasburgo riconobbe la violazione dell’articolo 5 della Carta europea dei diritti dell’uomo, nell’aspetto fondamentale della libertà individuali: all’epoca a Luzzati era stata imposto l’obbligo di soggiorno in luogo diverso dalla residenza, in particolare all’Asinara.

    Da lì il legislatore italiano aveva nel 1988 eliminato la stortura, mantenendo però l’eventuale obbligo della dimora nello stesso comune di residenza. Successivamente la sentenza nel procedimento De Tommaso contro Italia del 2017 è stata un’altra pietra miliare, bensì la violazione dell’articolo 2, valutando la limitazione della libertà di circolazione.

    I giudici della Corte riconobbero che, pur in presenza di una riconoscibile base giuridica nella legislazione antimafia, non c’era una sufficiente prevedibilità delle conseguenze della propria condotta per il soggetto colpito dalle misure.

    Eppure ancora oggi continuiamo a parlare di misure di prevenzione applicate nei confronti di chi denuncia le condizioni di difficoltà in cui vivono i cittadini calabresi, perché di questo stiamo parlando, non di persone dedite a delinquere o contigue alla mafia, bensì di persone che manifestano il loro dissenso rispetto alla gestione della cosa pubblica e a tutela del diritto alla casa”.

    Dalla sentenza De Tommaso è partito anche l’avvocato Francesco Iacopino, componente dell’Osservatorio nazionale forense sulle misure di prevenzione, collegandola alla sentenza numero 94 del 2019 della Corte costituzionale, che, nel restringere gli spazi di applicabilità delle misure le ha indirizzate nella cornice propria della Carta, che trova applicazione nel giusto processo: “uno statuto di regole che assicura l’effettività del diritto di difesa all’interno del processo.

    Ma la prevenzione costituisce uno strumento attraverso il quale il rapporto tra autorità e libertà, del cui bilanciamento la Carta si fa garante, è sgravato dai vincoli del diritto penale.

    L’odierno imperante populismo comporta la compressione delle libertà non sul terreno penale, che implica dei ‘costi’ che l’autorità non potrebbe sopportare, che si riverberano più facilmente nella prevenzione, più snella perché più liquide le categorie definitorie e probatorie, accontentandosi non di prove ma di elementi di fatto quindi di indizi, in questo modo controllando le libertà non solo personali ma anche patrimoniali, con strumenti più duttili che richiedono minori sacrifici in termini di rispetto delle garanzie individuali.

    Il diritto penale costituisce il limite alle pretese punitive dello Stato, il momento di bilanciamento tra le esigenze di difesa sociale e la tutela delle libertà individuali.

    Quella che era pensata come risposta ai fenomeni più aggressivi verso la sicurezza sociale, quali la criminalità organizzata e il terrorismo, si è allargata e si è progressivamente implementata nel campionario di pericolosità sociale, perché ideologicamente e politicamente si ritiene di utilizzare lo strumento duttile della prevenzione per regolare i rapporti tra autorità e libertà”.

    Sit-in di testimonianza saranno tenuti dagli attivisti dell’Usb e di associazioni e movimenti solidali a Catanzaro in concomitanza delle udienze del Tribunale della sorveglianza in calendario il 14 febbraio e il 14 marzo.

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