Calabria Film Commission: la “nuova era” firmata Giovanni Minoli

Prima uscita con la stampa per il nuovo commissario del cinema calabrese. "Ci hanno chiesto di costruire un'industria. Serve voglia di fare, passione, follia"

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    «Inizia una nuova era». Sono le primissime parole pronunciate da Jole Santelli questa mattina nel corso della conferenza stampa di presentazione del nuovo commissario della Calabria Film Commission e del suo conseguente nuovo corso, che sottolineano, qualora ce ne fosse bisogno, la determinazione e le grandi aspettative riposte dalla governatrice  nella “operazione” Giovanni Minoli.

    La “nuova” Film Commission. «L’idea di Film Commission che ha portato alla sua nascita non è più adeguata ai tempi, è datata – ha spiegato Santelli ricordando di averci lavorato su anche lei, all’epoca della presidenza Chiaravalloti -. E’ un nome che non risponde più alle esigenze del momento – ha detto -. Il sistema dell’audiovisivo è cambiato profondamente, adesso si tratta di arte che crea industria, professionalità, economia. Oggi in Calabria deve significare formare maestranze, dare opportunità».
    Perché Minoli? «Perché è un maestro della televisione italiana – ha continuato Santelli -. Se ti poni un obiettivo ambizioso, devi sapere che beccherai persone che ti diranno di no e dovrai lottare per persuaderle. Lui è uno che ha fatto tutto nella vita, per convincerlo bisognava proporgli una sfida impossibile». Come quella di produrre, non solo finanziare, nella nostra terra. E non solo cinema, soprattutto.
    «La definizione di “film commission” è troppo riduttiva, perché sì, l’audiovisivo passa anche attraverso il cinema, ma questo è solo uno dei suoi cinque componenti, insieme a documentari, docufiction, media e lunga serialità», ha ribattuto il giornalista e autore televisivo.

    Il romanzo popolare calabro. Cosa vuole fare allora dalle nostre parti il papà di Mixer che pure può vantare la genitura di una longeva serie di successo quale un “Posto al sole”? «Voglio fare una cosa tipo “Agrodolce”», ha detto, ricordando anche attraverso un filmato l’esperienza siciliana della lunga serialità di cui parlava – conclusa bruscamente con strascichi in Tribunale, a dire il vero -, che coinvolse molto il territorio, permettendo la formazione sul campo delle maestranze, così come degli interpreti, finalmente chiamati a lavorare in maniera fissa nella loro terra. Del resto ciò su cui ha dichiarato di voler scommettere Minoli è la produttività: «Il presidente Santelli ci ha chiesto di costruire un’industria – ha raccontato -, e quella del fare facendo è industria vera che permette una formazione globale, perché dopo puoi andare a lavorare ovunque». Ma cosa serve? «La voglia di fare, la passione per un sogno dallo sfondo sociale e culturale molto preciso – la formazione delle professionalità di cui sopra, ndr -, ma anche la follia». In concreto «servono sei, settemila metri quadrati di location, poi la storia, la spina dorsale in cui convergono tutte le altre sottostorie. Servono gli scrittori, gli sceneggiatori, che forse è l’aspetto più difficile. Servono i registi, servono i network, che non sia solo la Rai. E poi servono i soldi da intercettare, anche quelli della Comunità europea». Al momento si pensa già a due profili femminili quali portanti dell’intera storia: un magistrato che ritorna in Calabria per “portare” tutto ciò che imparato fuori, e una insegnante «con il mito della legalità».

    Docufiction di qualità. Nei fatti «per avviare questa macchina ci vuole del tempo – ha ammesso Minoli -, questo non significa che staremo fermi, anzi. La nostra ambizione è produrre, anche in fretta, ma  senza rinunciare alla qualità». Un esempio? Le docufiction della Anele, rappresentata al Palazzo degli Itali da Gloria Giorgianni, ad e produttore della srl: un primissimo progetto, hanno anticipato, sarà una serie dedicata e personalità femminili calabresi – come Rita Pisano, Adele Cambria, Carmelina Montanari, Jole Giugni Lattari, Caterina Tufarelli Palumbo, Concetta Pontorieri e Clelia Pellicano, per esempio – che hanno lasciato il segno, un po’ sulla falsa riga di “Illuminate”, tra le produzioni di Anele viste in Rai.

    Niente più cinema? Sebbene la Film Commission targata Santelli-Minoli vuole puntare su altro, il cinema non è escluso, anzi. Il commissario della Film Commission ha precisato che per il suo lavoro in Calabria creerà un pool di responsabili, uno per ogni settore. Il cinema calabrese che verrà, ha anticipato per spiegarsi, sarà affidato al subcommissario Gianvito Casadonte, ad esempio.

    La questione bandi. In chiusura, il presidente Santelli ha voluto tranquillizzare sui bandi scaduti lo scorso maggio che «saranno valutati e affrontati. Non abbiamo mai bloccato dei bandi, se non quando ci siamo resi conto che c’erano procedure che potevano portare a problemi per la Regione». Il riferimento è al bando dei Grandi eventi, la cui procedura è stata annullata in autotutela nei giorni scorsi a causa di «indebite consultazioni e download di file».

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