Minoli alla Film Commission: un’altra perlina nella luccicante collana di Santelli

Buoni propositi, effetti distopici e qualche luogo comune nella presentazione del nuovo corso di Film Commission

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    A un certo punto, nel corso dell’incontro di Minoli e Santelli con la stampa per illustrare “il nuovo corso dell’audiovisivo in Calabria”, nella Sala Verde della Cittadella regionale, trasportato dal primo vento autunnale, si è sparso un invitante profumo di arrosto, probabilmente proveniente dalle contigue cucine di Pecco. Buon segno. Può voler dire che non è fumo quel che il Commissario della Fondazione Calabria Film Commission concepisce come nuovo atto fondativo di una struttura che in Calabria non è ancora riuscita ad esprimere il suo potenziale che pure, per quanto si può notare da altre consorelle regionali, riesce a sfondare il circuito di media televisivi e piattaforme digitali. Ora, Giovanni Minoli, per il quale è più breve dire il non fatto che il realizzato, ha esordito tacciando di “sovietico” il nome stesso della Fondazione. Per via di quel “Commission” che sa di Comintern o di Comitato centrale o di Commissione politica e via dicendo. Strano però che abbia scelto, o gli abbiano affibbiato, titolo e carica di “Commissario”. Introducendo una ridondanza lessicale niente male – Giovanni Minoli, Commissario della Commissione eccetera – gravato ancor più dalla volontà, anticipata oggi stesso, di voler dotare la struttura di ben cinque Sub-Commissari, uno per ciascuna delle articolazioni che la sostanzieranno: lunga serialità, media serialità, docufiction, documentari e film. Di questi cinque sub, l’autore di Mixer ha già nominato sul campo chi si occuperà di film, ovvero Gianvito Casadonte, presente in platea. “Chi, se non lui” – ha riconosciuto Minoli. Casadonte, ricordiamo, è conduttore di “Primo Set” su Rai Due, così come fondatore e produttore del Magna Grecia Film Festival, sovrintendente della Fondazione Politeama, direttore artistico del Premio Rotella alla Mostra del Cinema di Venezia, componente della giuria del Premio Donatello, e qualcosa, sempre sul versante cinema, al Mibact. In effetti: chi, se non lui. Per gli altri quattro sub, un cenno di intesa tra Santelli e Minoli ha fatto sì che la nominazione sia stata rinviata a separata sede.

    Quella del profumo di arrosto non è stata l’unica agnizione sopravvenuta in conferenza. Sul telefono di Minoli è sopraggiunta la telefonata di un Giorgio che, dopo un attimo di incertezza e di curiosità, si è capito trattarsi di Armani, Re riconosciuto del fashion mondiale. Roba privata tra i due, ma senza dubbio di buon effetto scenico. Leggera ombra di disappunto sul volto di Santelli, interrotta mentre era al microfono. Ma, di fronte a un re, anche un governatore deve quantomeno abbozzare. In ogni caso, un’altra perlina nel sacco degli effetti luccicanti che la presidente sembra prediligere, anzi predilige e basta. Qualche giornalista – “Uno che dice sempre di sapere tutto” – l’ha accusata di obbedire, per le scelte di sua competenza, a “ordini romani”. Minoli è lì, apposta per smentire. Anche se i retroscena abbozzati dalla presidente e confermati dall’interessato, hanno fatto intuire innocenti trame in ambito politico famigliare per indurlo ad accettare “una sfida impossibile”. Per Minoli, è chiaro, parlano i fatti, le opere. Per questo, e per fare capire cosa intende fare per non rientrare nel campo delle comparse –“pagate con fiches” ha detto Santelli – che hanno spesso fatto perdere le tracce del loro passaggio in Calabria, per fare del cinema e correlati un indotto produttivo, che fa economia, che crea posti di lavoro, che diventi industria, Minoli ha raccontato molto di sé presentando un lungo contributo su “Agrodolce”, la fiction seriale ambientata in Sicilia, andata in onda su Rai  tra il 2008 e il 2009, progettata da Minoli con l’intento di bissare il successo pluriennale e tuttora folgorante di “Un posto al Sole”. Forse non proprio un buon auspicio, visto che la soap non è riuscita nell’intento, stoppata nel giro di un anno. Colpa dei produttori esecutivi finali, ha detto Minoli. Che non ha fatto mistero di voler ripetere l’esperimento in Calabria, avendo già in mente Gerace come location ideale. Per “Agrodolce” i partner economici erano la Regione Sicilia – tramite il non dimenticato presidente Raffaele Lombardo -, Rai Fiction e Rai Educational. Il tentativo fu quello di coinvolgere attori, tecnici e maestranze locali in un progetto di respiro nazionale, in modo da creare una scuola, una tradizione in un settore le cui professionalità sono merce corrente in tutto il mondo. Minoli ha già avuto contatti con le strutture Rai adeguate, e per quanto riguarda l’impegno economico si è sbilanciato in 24 milioni all’anno. Santelli non ha battuto ciglio.

    Così come la presidente ha accolto con molto aplomb la carrellata delle “Illuminate” calabresi che potrebbero essere le protagoniste di una serie di docufiction sulla scorta delle “Illuminate” italiane, buon successo anche di critica in programmazione su Rai Tre. Le ha presentate Gloria Giorgianni, fondatrice di Anele, che le produce. Giorgianni ha già in mente le figure delle “Illuminate” calabresi: tra le altre Adele Cambria giornalista radicale, Carmelina Montanari partigiana sidernese, Rita Pisano comunista che incantò Pablo Picasso. Qualcuno magari avrebbe potuto avvertire Giorgianni che in Calabria vige una giunta di centro destra, con poco centro e molta destra. Ma questo ormai, forse, conta poco. Magari sarà contento in cuor suo Paride Leporace, presidente a termine di Lucana Film Commission e già direttore del primo Calabria Ora, che non ha mai nascosto le sue simpatie movimentiste, e adesso componente dello staff di Santelli quale consulente culturale per la promozione dell’immagine della Calabria. Anzi, per dire il vero, Santelli ha un po’ sorpreso tutti quando ha suggerito quale “Illuminata“ la figura di Giuditta Levato, uccisa nel 1946 a Calabricata mente lottava per la terra. Succedono queste cose un po’ distopiche nella Calabria della politica e, adesso, dei film, o dei docufilm che dir si voglia. Sarà forse colpa della “luce”, questo elemento impalpabile che pure, anche oggi, è stato citato come supporto magnifico e naturale a qualunque intrapresa cinematografica in Calabria. Seguendo il documentario su “Agrodolce”, lo stesso elogio viene speso per la “luce” della Sicilia. Ecco ciò che unisce le due sponde dello Stretto. Altro che il ponte.

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