Addio a Gianfranco Riccelli, le sue canzoni d’autore prodotte da Guccini

Un lungo percorso di collaborazioni d'eccezione per l'artista catanzarese e il suo progetto Arangara

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    Se ne è andato Gianfranco Riccelli e con lui Catanzaro e la Calabria perdono un artista capace di elevare la tradizione popolare a musica d’autore, dando alla poesia la forma comunemente limitata della canzone. Sui social si susseguono messaggi di cordoglio di quanti lo hanno conosciuto e ricordano anche il suo profilo di Capitano dei Carabinieri con alle spalle anche una missione speciale di pace in Kosovo.

    In tanti hanno avuto la possibilità di collaborare con lui, fin dalla nascita del progetto “Arangara” nei primi anni 2000. Una formazione etichettabile come “etno-rock-autorale” e che ha portato Riccelli e Catanzaro a confrontarsi, con pari dignità, con i più grandi interpreti della musica popolare e tradizionale, guadagnandosi spazi di rilievo all’interno di eventi, festival e compilation dedicate. Le vette più alte lungo questo percorso sono state sicuramente le collaborazioni fianco a fianco con il grande Francesco Guccini, che con la sua etichetta produsse gli Arangara, oppure le sessioni dal vivo con Claudio Lolli, o ancora i testi inediti di Pierangelo Bertoli da lui musicati. Come non ricordare poi il tour di Teatro-Canzone, al fianco dello scrittore Carlo Lucarelli, finalizzato raccolta fondi per la costruzione di una scuola a Lakka, in Sierra Leone. In mezzo tanti riconoscimenti di livello come il Premio Roma Art Meeting per l’Eccellenza Calabria, “Una canzone per Bologna”, il Premio ‘Civilia’ alla Canzone d’autore a Lecce, il Premio Mia Martini.

    Generico marzo 2021

    Il ricordo di Marcello Barillà al suo fianco per la rassegna No(t)te d’autore Calabria

    E anche quando metteva da parte penna e chitarra, Riccelli era capace di vestire i panni di direttore artistico e offrire alla città rassegne originali come “No(t)te d’autore Calabria” dedicata alla canzone d’autore italiana contemporanea, assieme all’amico Marcello Barillà che oggi lo ricorda così.
    Era uno dei bambini di Peter Pan e spesso per questo mi faceva incazzare. Io allineo i calzini nel comodino, lui forse li teneva spaiati. Però gli volevo bene. Molto. Perché era un generoso, uno di cuore, uno di quelli che se lo chiami nel mezzo della notte è sicuro che ti risponde, si infila in macchina con addosso il pigiama e le pantofole e corre lì dove lo hai chiamato. E poi c’era la musica, quella che gli estranei li consacra fratelli per le strade del mondo, fregandosene degli atti di stato civile. Ed è stata la musica a farci incontrare, tanti anni fa. Insieme abbiamo suonato girando per piazze e teatri, insieme abbiamo inciso dischi e organizzato eventi. L’ultimo, la rassegna dedicata ai cantautori italiani. Due edizioni, prima che l’emergenza sanitaria segasse anche noi. La prima a Catanzaro all’oratorio del Carmine, la seconda a Taverna nel chiostro del museo. Perché la canzone d’autore è un bene culturale, dicevamo, e i beni culturali sono la sua cornice naturale. Mi mancheranno il suo sorriso, la sua leggerezza ma anche il suo coraggio sfrontato nell’affrontare la vita. A volte basta un colpo d’ali. Lo sanno bene, i bambini di Peter Pan. Ed è forse un modo per dirci che non bisogna piangere, se capita che debbano volare troppo lontano”.

    Noi ci saremo ancora: il connubio con la poesia di Felice Foresta

    Nel 2019 Arangara da gruppo si trasforma in un progetto solista con “Noi ci saremo ancora”. Con lo stesso coraggio e la stessa sfrontatezza, Riccelli si era immortalato in un selfie sul suo profilo facebook cinque giorni fa, dal reparto in cui era stato ricoverato all’Ospedale Pugliese, invitando chiunque avesse avuto contatti con lui a fare il tampone e chiudendo il post con un “cordiali saluti”. Quel “Noi ci saremo ancora” risuona oggi come un significativo testamento artistico: l’avvocato Felice Foresta – che firmò i testi dell’album – ha pubblicato sulla propria bacheca social alcuni versi in sua memoria.

    Ho paura a scrivere dei tuoi capelli bianchi,
    Delle croste di un’anima vissuta sotto pelle,
    Delle ferite sul mallo di una guerra e dei suoi affanni.

    Ho paura a scrivere di un sentiero lungo il greto,
    Del profumo mesto di pioggia e di lavanda,
    Di quel giorno baro, custode pigro di un segreto di cristallo.

    Ho paura a scrivere della felicità raccolta di un pastore,
    Del mio volto di straniero senza accento,
    Del verso cantoniere del grillo nei seni caldi di settembre.

    Ho paura a scrivere delle mani giunte di un bambino,
    Della corona di grano smarrita da un principe diruto e burattino,
    Del ramo secco adagiato sulla spiaggia bianca del rancore.

    Ho paura a scrivere di un bacio in fronte,
    Del baratto racchiuso nelle doglie del diritto,
    Dei solchi senza aratro di un domani e del suo ieri.

    Ho paura a scrivere nel recinto del mio altrove,
    Perché le parole sono polvere di un muro stropicciato,
    Il varco chiuso di un pensiero madido di tempo e incompiuto.

    Ho paura a scrivere del mio paese, Perché un vecchio è una fontana, e la sua voce,
    Un riccio, musico ambulante e sognatore.

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