Manca Carpignano non c’è ma il suo A Chiara parla per lui. Un successo la proiezione del Comunale

Fresco del premio Europa Cinema Label al Festival di Cannes 2021, nella sezione Quinzaine des réalisateurs vanta già un buon riscontro nei primi due giorni in sala

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    Alla fine Jonas Carpignano non c’era, ieri sera al CineTeatro Comunale per presentare il suo ultimo “A Chiara”, ma c’era il suo film a parlare per lui. Bastava quello.

    Ad introdurre la pellicola, la giornalista Ida Dominijanni e il direttore del Comunale, Francesco Passafaro: «Ultimamente si parla molto di cinema in Calabria, ci sono vari lavori ambientati nella nostra terra, ma con Carpignano siamo di fronte a un esperimento diverso, fatto da un regista nato e formato con il cinema americano – ha spiegato Dominijanni al pubblico presente in sala –. E’ con occhi “stranieri” che guarda questa regione e per questo la vede meglio degli altri, perché privo di quegli stereotipi che la imprigionano».
    Jonas Carpignano, italo americano che oggi vive tra Gioia Tauro e Palermo, è con “A Chiara” al suo terzo film calabrese: prima c’erano stati i pluripremiati “Mediterranea” (2015) e “A Ciambra” (2017) – pure ampiamente citati nel nuovo lungometraggio. Uscito nei cinema il 7 ottobre,

    A Chiara è fresco del premio Europa Cinema Label al Festival di Cannes 2021, nella sezione Quinzaine des réalisateurs, e di un riscontro di pubblico e critica davvero notevole, già nei primi due giorni in sala.

    Interamente girato con attori non professionisti – degna di nota l’interpretazione della protagonista, la sorprendente Swamy Rotolo, che il regista ha scelto per prima per il suo film -, Carpignano ha optato anche questa volta per l’utilizzo della camera a mano per entrare nelle vite dei suoi personaggi, per guardare al fenomeno mafioso da un punto di vista altro, quello delle ripercussioni che le scelte degli adulti hanno sui più piccoli.

    Non a caso il tema non è la malavita o ‘ndrangheta sebbene ci siano bunker e retate, è la famiglia. Lo si capisce fin dalla prima scena, lunghissima, sulla festa di compleanno della sorella maggiore di Chiara: indugia sui volti, finanche sulla cadenza, Carpignano, ma dipinge con un audace realismo i rapporti parentali. Se la storia è inventata, infatti, la famiglia dei protagonisti è vera: i Rotolo tutti sono stati chiamati a partecipare al film, con un risultato maggiormente verosimile di quanto ci si sarebbe potuti aspettare con un cast di principianti.
    Chiara, la protagonista, è una ragazza come molte altre, ha le sue amiche, va in palestra, vive in un paese come tanti: se non fosse per l’accento e perché sappiamo che il film è ambientato nella Piana, potrebbe tranquillamente trovarsi in una periferia come un’altra, una rappresentazione della globalizzazione scandita anche dalla musica scelta come colonna sonora.

    Lo sguardo fiero di Chiara – quando le dicono «Ma tu sei femmina», lei risponde con un eloquente «E quindi che vuol dire?» -, il suo volare verso la libertà, con uno sguardo sempre rivolto ai suoi affetti, è quello dei giovani che non stanno ad aspettare, che si chiedono quale sia il loro posto nel mondo e con coraggio e scelte difficili si avventurano per trovarlo.

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