Rezzamastrella in scena con “Io” a Badolato: «Si riderà tantissimo»

«Raccontiamo il deterioramento della figura umana con ironia, perché il riso accorcia i tempi della comprensione»

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    «Se si è pronti a stupirsi, consigliamo di venire a vederlo», «Si riderà tantissimo». Flavia Mastrella e Antonio Rezza presentano rispettivamente così il loro spettacolo “Io” che andrà in scena sabato 9 gennaio al Teatro comunale di Badolato. I due artisti che nel 2013 hanno vinto il Premio Ubu e il Premio Hystrio, oltre ad aver ricevuto il Leone d’oro alla carriera alla Biennale di Venezia nel 2018, si sono raccontati in vista della serata in occasione dell’ottava Giornata nazionale dell’attore dedicata a Pino Michienzi che li vedrà a Badolato, ma dello spettacolo ben poco hanno potuto dire, «E’ come un videogioco, di quelli del Commodore 64 però. Non si può raccontare, è unico, lo si conosce solo con la frequentazione», ha ribadito Rezza; «E’ inenarrabile», gli ha fatto eco Mastrella.

    “Io” è nato nel 1998 e ancora oggi si rivela di una incredibile attualità. Si occupa di stati d’animo molto comuni, di malattia, di morte, di individualismo, attraverso i colori e l’ironia poiché «il riso accorcia i tempi della comprensione», ha spiegato Rezza. La pantomima, del resto, è un tratto distintivo dell’operato di questi due artisti che già qualche anno fa al Teatro di Soverato avevano fatto registrare il tutto esaurito con “Pitecus”, un’altra loro nota performance, attualissima come “Io”. «Rappresentiamo l’individualismo che sta prendendo sempre più piede – ha argomentato Mastrella -, certo in modo sublimato e divertente, ma cercando di stimolare una reazione in chi guarda che poi è il germe della creatività». «L’artista è un tramite – ha aggiunto -, noi parliamo delle nostre emozioni, del nostro tempo che ha questa disgregazione, nel desiderio di cambiare la civiltà».

    Rezzamastrella

    Mastrella, a questo punto, ha parlato proprio di un cambio epocale, di fronte al quale ci troviamo in questi tempi: «Come nel passaggio dal politeismo al monoteismo – ha detto -, ci sono cose che spariscono del tutto e altre che rimangono ma solo nominalmente. A esempio i diritti umani: non sono più quello che erano, oggi significano vivere nel consumismo, la povertà è senza dignità e speranza». Da qui il ruolo fondamentale dell’artista: «L’arte è l’unica alternativa al pensiero politico, non è contemplata dallo Stato», ha commentato Rezza, ricordando Carmelo Bene e Antonin Artaud.

    «In questo periodo abbiamo assistito al silenzio dei teatri, perché il Ministero l’ha comprato – ha detto ancora l’autore e perfomer -. Sono stati quasi tutti pagati senza lavorare. Noi che siamo indipendenti possiamo dire quello che vogliamo e lo dico: mi ha fatto schifo. Il teatro è per la maggior parte sovvenzionato: “Orribile è il bavaglio spalmato di miele”», ha aggiunto citando Stanislaw Jerzy Lec. Di situazione preoccupante ha parlato Mastrella, sostenendo però che «Il crollo della cultura non è di oggi. L’abbiamo visto fin da quando abbiamo iniziato, nelle gallerie d’arte, l’impoverimento dell’avanguardia. Abbiamo assistito a una cosa tragica. Ma abbiamo incoraggiato chi ce lo chiedeva ad andare avanti. Lo abbiamo fatto e abbiamo sempre raccontato questo deterioramento della figura umana e della cultura umana».

     

    «Da quando abbiamo iniziato non è cambiato molto – ha raccontato Rezza -. I nostri spettacoli non si occupano di attualità becera, ma di sistemi che vanno al di là della contingenza, sono shakespeariani. Resistono ai nostri corpi, non dipendono da ciò che ci gira intorno». È per questo che gli spettacoli, «noi li portiamo avanti per tutta la vita». 

    Ma ci sarà qualcosa che è cambiato dai loro esordi, almeno fra di loro, in questa costante sinergia. «Certo, il rapporto tra di noi è continuamente mutato, perché continuiamo a stupirci a vicenda – ha affermato Rezza -. Finirà quando finiremo di stupirci. Il segreto è nel non riconoscere le gerarchie, né tra di noi, né al di fuori». «Il nostro è un lavoro sempre in movimento. Ci sono degli alti e dei bassi, ma è ogni volta una sorpresa – ha confermato Mastrella -. Nell’elaborazione del nostro ultimo lavoro abbiamo litigato tantissimo, ma anche quello è diventato pantomima. A noi interessa lo stupore, andare oltre l’immaginazione, come la realtà». Come si svolge allora il processo creativo di Rezzamastrella? Cosa c’è prima, il testo o l’habitat? «Lavoriamo divisi – ha spiegato la scenografa e scultrice –. Ognuno pensa la sua parte e poi le uniamo, ognuno ha le sue tecniche. Io elaboro oggetti d’arte, fotografie, sculture, l’ultimo movimento è l’habitat per Antonio, che lui abita, poi andiamo a lavorarci insieme fino a creare qualcosa di più vero». «Non si sa cosa nasce prima – ha chiarito Rezza -. Delle volte pronuncio, poi scrivo, delle volte arriviamo insieme: non c’è una metodologia fissa, eppure non abbiamo mai fallito uno spettacolo». Quindi, funziona. 

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