Francesco Colella: “Recitare è un mezzo di conoscenza esistenziale”

Le emozioni e i sentimenti dell'attore di Catanzaro impegnato in una produzione internazionale con recenti ruoli di successo in Christian e Vostro Onore

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    E’ impegnato in una produzione internazionale Francesco Colella, e in questi giorni il set è casa sua. Disney+ ha, infatti, annunciato ufficialmente il cast della nuova serie originale italiana The Good Mothers e lui, che negli ultimi anni ci ha abituati alla versatilità dei ruoli (ancora non riusciamo a toglierci dalla mente  il fare investigativo di Paolo Danti e quello bieco di Tomei, tale è stata la profondità interpretativa) saprà raccontare l’ennesimo spaccato di vita reale (come ha ben fatto in Aspromonte) che è chiamato a raccontare questa volta.

    Sono tre i ruoli che sono usciti quasi uno dopo l’altro, tutti diversi, tutti con sfumature non solo caratteriali, ma anche d’animo differenti. Partiamo da Tomei, uno dei tanti personaggi della serie “Christian” di Sky, di cui è già in preparazione (per chi volesse saperlo) la seconda stagione. Ex medico che nella borgata romana cura chi, a causa dei motivi poco leciti per cui è rimasto ferito, non può recarsi in ospedale, allora interviene lui. Ma non solo. Un uomo che disorienta e lontano da qualunque umanità. “Tomei – ce lo descrive Francesco – non prova sentimenti, ma non per un suo cinismo o per avidità. C’è dietro una vera volontà di inaridirsi perché evidentemente c’è un dolore del passato più forte che non è svelato nella serie e che lo ha spinto a fare giustizia più che sugli altri, su sé stesso. Per lui la maniera di punirsi è quella di entrare in un quartiere degradato, dove la criminalità fiorisce. Lì va a cercarsi il suo carcere personale. E’ talmente al limite, che se provasse sentimenti o emozioni, penso che si suiciderebbe”.

    Francesco Colella interpreta Tomei
    Colella in Crhistian

    Un Tomei lontanissimo, dunque, dal ruolo di Paolo Danti, dirigente di Polizia, che in “Vostro Onore”, accanto a Stefano Accorsi, ha tenuto il pubblico di Rai1 fino all’ultima puntata attaccato allo schermo con un finale per nulla scontato. Qui emerge la versatilità interpretativa di Colella, da lui stesso anche ricercata che attraverso i “suoi” personaggi arriva ad una maggiore conoscenza di se stesso, sempre senza dimenticare che il lavoro è sì divertente ma va preso “in modo serio, e per serietà intendo che recitare è un mezzo di conoscenza esistenziale”.
    Per Danti che è un commissario, ma anche un padre, il padre di Camilla, la ragazza che ha una storia d’amore col protagonista tormentato della fiction, Colella ha preso accordi con il regista Alessandro Casale, perché fosse sì un uomo di legge, ma anche senza quei cliché tipici della polizia televisiva. Sullo schermo, infatti non c’è solo la storia investigativa, ma anche quella di due uomini a confronto, due visioni della vita a confronto e due padri a confronto. “Paolo Danti, avendo, quindi, un atteggiamento di umiltà, apertura o facendo sentire anche l’interlocutore, quando non è in buona fede, superiore come intelligenza, riesce a intravedere degli spiragli per proseguire la sua indagine. Un metodo quasi Socratico. Danti è un uomo che comunica una certa stabilità e un certo coraggio anche dalla capacità nel comprendere umanamente le ragioni dell’altro. E poi è un padre e a maggior ragione quando incrocia il personaggio di Stefano Accorsi, incrocia le sue istanze, dal momento che mia figlia e suo figlio hanno una relazione sentimentale”.
    Per Danti i misteri umani sono tutti svelabili, “quelli difficilmente svelabili – rivela Colella – sono i misteri dei figli. Lì si intravede quella fragilità, quel non riuscire ad entrare nel mondo dei figli, come succede nella vita. L’unica cosa che può fare questo personaggio è sono dei tentativi, per quanto alle volte fallimentari, perché i tentativi sono comunque dei gesti d’amore”.

    Colella in una scena di Vostro Onore
    francesco colella

    E poi c’è “Mancino Naturale“, un film ancora nelle sale cinematografiche in cui interpreta Fabrizio. La storia di una madre sola Isabella (Claudia Gerini) disposta ad andare oltre alle sue possibilità pur di dare a suo figlio una chance nello spietato mondo del calcio professionistico. “Io – spiega Francesco Colella – sono il vicino di casa questo uomo gentile, che nelle sfortune che ha avuto nella vita non ha mai coltivato delle frustrazioni e riesce ad illuminare le zone d’ombra delle persone. Mi sono immaginato questo personaggio come un uomo che non avendo accumulato frustrazioni forse si è disinteressato di sé e della propria storia, ma questo ha acuito l’interesse per le storie degli altri. In più questa donna gli affida anche il figlio che non va bene a scuola e la conoscenza con il ragazzo illumina la sua esistenza solitaria”.

    Una scena di Mancino Naturale
    francesco colella

    Infine parla di Emozioni e sentimenti Colella quando affrontiamo l’argomento guerra e pandemia, due grandi catastrofi che stanno dilaniando il mondo e che non possono toccare da vicino tutti i protagonisti del mondo moderno. “La parola emozione – rimarca Francesco Colella – spesso abusata, è come se servisse a trovare la nostra capacità di sentire. Ma non sono le emozioni a determinare la nostra profondità. Le emozioni hanno la consistenza e volatilità delle nuvole. Sono i sentimenti e la loro forza a testimoniare il nostro grado di umanità. I sentimenti si radicano in noi attraverso un processo di ricerca e di apprendimento, costano fatica ed è questa ricerca che forma la nostra umanità. Anche adesso, con la guerra alle nostre porte, il linguaggio vorace e aggressivo della polita e di molti organi dei media che raccontano quanto sta avvenendo, non è che la testimonianza di una povertà di sentimenti. Ho pudore a parlare della guerra proprio perché è in atto una tragedia, e una tragedia per essere raccontata deve essere sentita in profondità. Siamo emozionalmente coinvolti ma sappiamo davvero cosa vuol dire distruggere la vita di donne, bambini, uomini? Borges diceva che la storia di ognuno è unica e irripetibile in questo mondo, nessuna simile a un’altra. E’ come se ci dicesse: ognuno di noi porta con sé un universo fatto di gioie, ricordi, dolori, umiliazioni, conciliazioni, perdite, rinascite. Se solo volgessimo il nostro sguardo nell’universo degli altri – conclude – scopriremmo le dimensioni della tragedia e dell’orrore di una guerra. E il vuoto pauroso dello spirito, del linguaggio, dei principi, delle parole con cui viene dichiarata”.

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