Strage via D’Amelio: “Toghe Rosso Sangue”

Il ricordo in versi delle stragi del '92 nel giorno della memoria dell'uccisione del giudice Paolo Borsellino

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    di Giacomo Carbone* – Mi chiamo Amelia, Amelia Matrano, e faccio la postina, il lavoro me l’ha trovato zio Guglielmo, che zio non è, ma lo sentiamo cosi perché… perché ci chiama tutti nipoti e cugini suoi alle case dove stiamo noi. Zio Guglielmo è biondo, alto e biondo, e chi dice che non sembra un siciliano non capisce niente, e si scorda, che in Sicilia ci sono stati in tanti, e pure i normanni, e pure, mille anni fa, un Guglielmo il Buono e suo fratello Guglielmo il Malo, il cattivo, il tinto. E zio Guglielmo è cosi, mormanno, un poco buono e un poco tinto. E mi chiama sempre, Linuzza, mi grida, Linuzza che tu fai un lavoro importante, porti di casa in casa belli e brutte notizie, come n’angelo sei, o come nu diavolo, sei come a me linuzza. Si perché ve lo già detto, io faccio la postina a Palermo, e giro strade strade e vicoli vicoli, e tutte mi piacciono e in tutte c’ho gli amici miei che m’offrono chi il caffè, chi un latte di mandorla.  Tutte le strade dove porto la posta io, mi piacciono e son gentili…, solo una mi fa paura, solo una c’ha na aria strana, una sola (pausa)… si chiama via D’Amelio, si via D’Amelio, quella del giudice Borsellino.
    La sentite? Io la sento ogni che vado là, esce da na fossa sta voce, na fossa che sta a mezzo la strada, dite che la sento solo io? O che la sentono in tanti e nessuno lo vuole dire? Dite che la sento solo io? Ma sono 18 anni che la sento, e zio Guglielmo dice che non lo devo raccontare.
    Ma là lo sapete, è successo quella cosa… quel brutto fatto quando so’ morti il giudice e quelli che lo guardavano. Me lo ricordo bene sapete  a Paolo Borsellino, avea gli occhi belli, e quasi sempre un fiore in mano. Pe’ mia, anche lui teneva gli occhi mormanni, come zio Guglielmo, ma questo non ce lo posso dire a zio mio, che lui si arrabbia, e si s’arrabbia diventa tinto. (pausa)

    ME LO RICORDO PAOLO BORSELLINO

    Io me lo ricordo a Paolo Borsellino, che pure io sono del mandamento, il mandamento tribunali, dove abitava lui, il mandamento si, come la chiamate voi, la Kalsa, e si..  che io da ragazza, a Piazza Marina stavo. Dice mamma mia che pure lei se lo ricorda bene a Paolo, u figlio e Diego e della Signora Maria Lepanto. Il Sig. Diego era morto presto, e mamma si ricorda Paolo, che andava alla farmacia a dare na mano, che la sorella ancora era ragazzina. Paolo parlava poco, ma era bravo, s’era laureato,  e mamma mia pensava sarebbe diventato un avvocato famoso. E poi, invece, ha scelto u mestiere fetuso, e s’è fatto giudice. Ad Enna l’hanno mandato, Enna che noi la chiamamo castrugiovanni, si castrugiovanni, con il nome mormanno la chiamiamo noi. Dice mamma che poi se né stato un po’ in giro, sé sposato una come a lui, s’è fatto tre figli,  e poi, dopo qualche anno, è tornato a Palermo. Dice Zio Guglielmo, che è nato male, che è stato sfortunato perché l’hanno messo subito cu u Giudice Rocco Chinnici, e quello dice mi zio, era nu giudice cattivo, cattivissimo, che sé l’è presa con tanta gente, brava gente dice mi zio. E lui l’ha guastato a Paolo, si l’ha guastato lui, e mamma mia scuote il capo. Mamma mia, zitta sta, e scuote sempre il capo. E si sa, se uno si guasta dall’inizio, e come na alice che tiene già la mosca e la metti salata, dopo  u sale non l’acconsa piu’. E lui , Paolo,  lui ha iniziato a fare arrestare gente importanti, gente che non si dovrìa toccare come dice Zio Guglielmo. Ma Paolo non se ne importava, e manco quando c’hanno ammazzato il capitano Basile, u carabiniere che lavorava c’o lui, se ne  è importato assai, e si futtiu, si futtiu , cosi disse Zio Guglielmo. Dice mamma mia, che dopo che ammazzarono il Capitano Basile, gli diedero la scorta a Paolo, dice mamma mia che quella cazzo di scorta correva troppo per le strade,  e la gente le bestemmiava dietro, forse sono state le bestemmie, forse sono state le bestemmie ad ammazzare Paolo. Dice la mamma mia, che se lo ricorda ancora giovinotto, alla Chiesa della Martorana, alla messa del mattino, che già da giovinotto, lui alla messa ci veniva, che poi l’hanno guastato, che lui da giovinotto, era bravo, come nu bravo mormanno. Che noi poi, tutta la famiglia, che siccome lo conoscevamo, preghiamo sempre per Paolo, anche se s’era guastato, noi lo preghiamo. E pregando si salvano le anime, le anime di tutti, che io prego anche per Zio Guglielmo, che lui l’anima mormamma c’ha, buona sempre, ma pure tinta. Dice mamma mia, che certe volte, se ne va a Porta Felice,  che a lei ci piace  farsi la passeggiata alle mura delle cattive, che da là il mare sembra il cielo venuto in terra, dice mamma mia che dalle mura il vento sembra gridare, che lei non lo capisce il vento, ma che è da quel luglio che il vento grida; dice mamma mia, che se il vento grida, qualcuno deve ancora pagare, dice mamma mia che quando il vento grida, la verità si deve ancora vendicare.

    TUTTI SE LO “SPAGNAVANO” A FALCONE

    E intanto Paolo se ne è andato, prima all’isola carcerata a scrivere co Falcone nu sacco i guai per tanta gente, e poi a Marsala. Lo avevano fatto Procuratore della Repubblica, era diventato persona importante. Ma io penso che anche se era importante, alu porto di Dio non doveva andare, che quella città morocca è, e lui mormanno che non cintrava nente, che a Palermo doveva stare. E per 4 anni io non ho sentito piu’ parlare, ca tutti stavano a vedere u dottori Falcone, che stava a Roma, che stava da Maurizio Costanzo, che stava alu ministero, che stava famoso… Zio Guglielmo quando vedeva Falcone si incazzava come nu morocco, picchi’ c’era gente che a Palermo, invece che per parte della brava gente, iniziava a stare dalla parte di Falcone, pure se quello avia fatto arristari e condannari a mezzi noi, che Falcone era terribile, che Falcone era tremendo, che tutti se lo spagnavano a Falcone, che era  furbo come na’ volpe, e non ci futtia ne’ dela amici ne dei compari, che si t’acchiappava, da dintro nu nescivi cchiu. Mamma mia, che sta sempre zitta, ogni tanto diceva che Falcone come Lucifero era, e che si non c’era riuscito a Cristo, forse u diavolo cambiava la Sicilia, e così stava che da noi, a lu dottori Falcone, tutti lo odiavano, ma tutti, oppuru quasi tanti, in silenzio, pure lo pregavano.
    Paolo nel 1991 è tornato, aveva la faccia stanca e portava la paura in mano. Io l’ho incontravo qualche volta, quando veniva a Via D’Amelio dalla matre sua. Ma non lo salutavo più come a prima, che mi faceva morte in cuore, e mi stringeva la voce e facevo finta che non l’avevo mai conosciuto, che non lo so pecché o pecche’, ma teneva la morte in mano, e lui lo sapeva ed io lo sapevo. E mi ricordo, si io mi ricordo, che una volta mentre scendeva dall’auto della scortta m’ha guardata fissa, e m’ha sorriso, che io mi pensavo che iddu mi chiamava come un tempo iddu chiamava, Amelina, Aaamelina veni qua, e mi scantai al solo pensiero che potesse chiamare, e me ne volìa scappare. Ma Cristo muto è rimasto, e m’ha sorriso, che lui lo sapeva ed io lo sapevo, che lui aveva capito, che io avevo capito.
    Intanto, Zio Guglielmo un giorno se la scialò, quando ridendo ci contava che a lu dottori Falcone penna vota l’avianu sfottuto, fu quando alu posto suo a Palermo, ci avevano messo a Nino Meli, altra pasta, altra razza, disse Zi Guglielmo.  E quando mu dissa, Zio Guglielmo brindava e se la cantava. Invece  mamma zitta stava, lei zitta e io pensavo, pensavo e basta, tenendolo  per me e tra me con me,  che Paolo era rimasto solo, e  nu povero mormanno solo, non poteva stare assai contro la brava gente.
    Poi a maggio, l’hanno votato pure per Presidente della Repubblica, a mia e  mamma ci presero le risi, che poi e poi sempre un siciliano era, un siciliano votato a presidente. Ma si incazzo’ forte  Zio Guglielmo, ed incazzato stava e diceva che a Roma s’erano impazziti, 47 voti aveva preso Paolo…e che cazzo che s’erano impazziti.

    1992 L’INFERNO A PALERMO

    E mentre parìa che tutto poteva capitare, e che forse la terra nostra potìa cambiare, è arrivato l’inferno, e Palermo ha iniziato a svampare.
    A Capaci hanno ammazzato lu dottori Falcone, la fimmina sua e altri poveri cristiannazzi.  Zio Guglielmo diceva che questa volta era a Corleone che si erano impazziti, e mamma, che sempre zitta sta, disse che bisogna chiangere e pregare, che la terra palermitana l’avevano tinta rossa, e su Stato romano s’avria vendicato, e disse povera mia, povera terra mia. E quando cosi fu, Zio Guglielmo andò sotto lu cristo nella camera da pranzo, e pregò, pregò dicendo a mamma, che altri morti non ci sarebbero stati in terra siciliana.
    Io invece non pregavo, e non ci contavo a mamma mia, che io avevo guardato Paolo e iddu mi aveva sorriso, che io avevo capito, che io lo sapevo, che lui aveva saputo, che lui aveva capito.
    A Paolo l’hanno ammazzato il 19 di luglio del 1992, insieme a lui sono morti i cinque agenti di scorta. L’hanno ammazzato a Via D’Amelio, con una bomba, si’ una bomba nascosta in una Fiat 126 di colore rosso.
    Mio Zio Guglielmo da allora me lo chiede sempre, ma tu quel mattino unne eri, dove la portavi la posta quella mattina? In altre strade rispondo io, che manco a lui ce la conto la verità. Che quella mattina io la posta, in via D’Amelio l’ho portata. Ed io… la 126 rossa l’ho vista dove era azzicata. Ma non ce lo dico a Zio Guglielmo e manco a mamma mia, anche se lei zitta sta, non ce lo dico. Non ce lo dico che vicino quella macchina rossa, c’era uno che non era né morocco né mormanno, uno che teneva la faccia da sbirro e sbirro continentale era, ma no sbirro vero, ma di malacarne, e la malacarne si sa, lo dice pure mamma mia, la malacarne non è di Sicilia, viene da lontano, ammazza e se ne va.
    *avvocato e autore teatrale (monologo tratto dallo spettacolo Toghe Rosso Sangue)

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