Trebisacce, una storia di buona sanità

Un bimbo, affetto da forti convulsioni, strappato alla morte

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    Angeli in camice. Bianco. Bianco come la purezza, bianco come l’innocenza. Questa è una di quelle storie che, fanno bene alla vita. E, danno, alla vita stessa, quel tocco essenziale di meraviglia e magia. Questa è la storia di un salvataggio. Quello di un bambino, letteralmente “strappato” dalle mani rugose della morte e restituito alle braccia affettuose di mamma e papà e all’abbraccio caloroso della vita. Francesco (lo “battezziamo” così, perché questo è uno di quei nomi che si danno ai miracoli, ndc) era a casa, a Trebisacce, insieme con i suoi genitori. Da qualche giorno, non si sentiva bene. Tosse, qualche linea di febbre e un diffuso malessere generale. Quella che sembrava, un classico stato di raffreddamento, però, nel giro di qualche ora s’è trasformato in un incubo. Francesco, infatti, impallidisce, tossisce, fino a rimanere senza fiato. Iniziano anche le convulsioni. La mamma e il papà, non sanno che fare. Lo portano d’urgenza, all’ospedale di Trebisacce. All’arrivo al pronto soccorso, i medici di turno, si rendono subito conto della gravità del caso. I sanitari, capiscono che non c’è tempo da perdere. Flebo, terapie farmacologiche, manovre salvavita, somministrazione d’ossigeno. All’inizio, Francesco, sembra non rispondere a nessuna di queste sollecitazioni. Giorgio Ferrara, primario del reparto, non si perde d’animo. Il medico, supportato dalla professionalità del resto della sua equipe (Vito Bonanno, Patrizia Ronconi e Tonino Rago, ndc) attua tutto il protocollo salvavita. All’ennesimo tentativo, Francesco comincia a rispondere alle sollecitazioni farmacologiche. Il suo respiro si stabilizza, i suoi valori vitali si normalizzano, la sua frequenza cardiaca si regolarizza. Le conulsioni spariscono e anche quello spaventoso stato di pallore, sparisce. Il bimbo riapre gli occhi, ora è sereno. Anche mamma e papà, posso finalmente tirare un lungo sospiro di sollievo. Francesco, viene monitorato e tenuto sotto osservazione per qualche altra ora, prima di essere trasferito presso un’unità operativa, meglio attrezzata, di pediatria.

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