Nello studio dell’artista Mario Parentela oggi in mostra a Milano

La 'pittura scrittura' del pittore catanzarese selezionata a Milano insieme alle opere di altri 33 artisti calabresi come 'Contributi al Novecento. Da Boccioni a Rotella ai contemporanei. La collezione del Maon'

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    Di Laura Cimino

    Nella casa studio dell’artista Mario Parentela si arriva infilandosi nei vicoli della città. Un giardino, delle scale, e una piccola casa-museo sui tetti e il verde, e quadri, colori, figure geometriche, ceramiche dipinte ed opere ovunque. I suoi occhi vivi e gioiosi, da ‘guitto’ napoletano.

    In questi giorni la ‘pittura-scrittura’ del pittore d’avanguardia catanzarese Parentela, già citato da Alberto Fiz e accostato ai nomi di Mimmo Rotella e ad Angelo Savelli come uno degli artisti di maggiore qualità nel contemporaneo calabrese, insieme anche a Antonio Violetta, è esposta a Milano con Fondazione Stelline in ‘Contributi al Novecento. Boccioni, Rotella ed i contemporanei. La collezione del Maon’, in mostra dal 13 settembre al 14 ottobre. Per la prima volta, quindi, a Milano l’arte calabrese viene riconosciuta tanto da essere ‘storicizzata’ e ‘indicizzata’ e sbarca con il museo di Rende, 34 opere di artisti contemporanei calabresi tra cui il catanzarese Parentela. Da quelli della ‘diaspora’, Boccioni, Mimmo Rotella, a quelli che operano in Calabria in una rete comunicativa con il resto di Italia. Dagli anni ’60 ad oggi.

    E la storia di questo artista partito dalla Calabria a Venezia nel ’66, gli anni della Biennale della Pop Art, delle influenze dell’America che fanno cambiare tutto velocemente, si intreccia con la storia del Paese.

    Come e dove inizia la sua esperienza artistica?

    ‘Mi licenziai per seguire l’arte – racconta Parentela – mia madre mi fece retrocedere e mi misi per un anno in aspettativa. Le suggestioni di Venezia negli anni della contestazione mi segnarono profondamente mettendomi in crisi. Ma da lì inizia il mio percorso’. Gli artisti dell’Avanguardia rompono con la tradizione. Cercano nuovi linguaggi. L’arte è uno specchio perfetto di anni di fermenti sociali e politici, il ’68 e quello che seguì, che mutano l’Italia. E anche l’arte di Mario Parentela matura negli anni. ‘Sono gli anni dell’informale, della Pop Art, dell’arte poetica verbo visuale, a Milano ci incontravamo nella libreria Alfieri, dove dall’America arrivava in tempo reale tutto il nuovo, c’era la percezione di un fermento continuo, tutto mutava velocissimamente’.

    La vicenda artistica di Parentela tra il ’72 e il ’74 si intreccia con l’esperienza creativa e culturale dell’Accademia di Belle Arti di Catanzaro. ‘Entro in contatto – spiega l’artista – con il gruppo Continuum di Napoli, con l’arte poetica verbo visuale, in particolare con Luciano Caruso, Enrico Bugli, Stelio Maria Martini’.

    Il sodalizio intellettuale tra Caruso e Parentela durerà per trent’anni.

    Cosa si intende per ‘Poesia visiva’ e ‘Pittura scrittura’?

    ‘La nostra è stata un’operazione di contaminazione ed unificazione di tutte le arti. La scrittura, la pittura, la musica, la poesia, si incontrano e diventano tutt’uno. Perché ci sia questa contaminazione ogni artista ‘azzera’ il suo linguaggio’. Si dà valore al segno, al simbolo.  Nascono allora i ‘libri-oggetto’, i manifesti murali, l’arte si mischia a tutto quello che la tecnologia offre, non ci consideravamo in un certo senso più nemmeno artisti ma ‘operatori’ nella Avanguardie.

     Mario Parentela inventa allora la ‘pittura scrittura’, uno dei suoi periodi artistici che lo caratterizza più fortemente e oggi esposta a Milano tra i contributi al Novecento degli artisti contemporanei.

    Negli anni ’70 le Avanguardie artistiche ‘destrutturano’ la realtà fino alla tabula rasa, negli anni ’80 le arti figurative tornano all’ordine. ‘Ma con la pittura scrittura – si racconta l’artista nel suo studio – nello scrivere e riscrivere su un’opera anche con nove colori diversi, a un certo punto il colore si satura. E’ un’operazione di ‘assommare’ che poi porta a dover ricreare qualcosa di nuovo per forza ripartendo da zero’.

    E l’artista si concentra allora su nuove esperienze. ‘L’arte è un processo di creazione continua,  a un certo punto dalla scrittura recupero l’oggetto e arrivo alla scultura – scrittura. Il colore mi sta stretto. La colatura del colore che si somma diventa nera. C’ bisogno di un nuovo linguaggio Torno allora a lavorare la materia’.

    Siamo alle fasi della scultura scrittura, degli oggetti nell’opera d’arte, della lavorazione della ceramica, la scrittura nella fotografia.

    In un’opera del 2000 i pezzi di un cd rotto si ‘attaccano’ a un pentagramma che poi diventa onde del mare e su cui compare, come sempre, testo, scrittura, segni.

    Qual è il rapporto dell’artista Parentela con Catanzaro? Quanto la propria identità diventa arte?

    Nella mia arte io recupero gli oggetti, e quindi per forza recupero quello che è sul posto e del posto. Sono certamente oggetti di identità. C’è un’identità che per forza di cose diventa materia nel linguaggio, ma non significa che io voglia circoscrivere in ambito ‘regionale’ il mio lavoro, semmai voglio riscattarlo e farlo interagire con il resto del mondo.

    La materia ha sempre affascinato l’artista Parentela, che ha cercato nell’opera sempre fisicità e ‘tatto’. E così, nella tesi finale di Anna Mercurio dell’Accademia delle Belle Arti di Catanzaro su Mario Parentela, ‘Segni Di – segni poetici’, relatore il professore Andrea Romoli Barberini, Parentela dice: ‘Ci sono per esempio cose che io recupero, come i ‘mustazzoli’, le ceramiche, ma anche oggetti del quotidiano che faccio interagire. Nell’opera ‘Catanzaro: reliquie’ c’è l’osso del mio bollito recuperato per caso, usato come reliquia e legato insieme ad una terracotta con l’iscrizione ‘Catanzaro’, ad una conchiglia e ad un pezzo di legno che avevo in casa;  in un determinato contesto, cioè in questo, la sommatoria di questi elementi alla fine ha partorito l’opera nel suo insieme’.

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