Mimmo Lucano ha lasciato Riace e si è trasferito in un paese vicino

Dopo la decisione del Tribunale della libertà che ha revocato i domiciliari Mimmo Lucano ha lasciato all'alba la 'sua' Riace convinto che il 'modello di accoglienza' noto in tutto il mondo sarà portato avanti

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    Ha lasciato Riace poco dopo le 6 di stamattina Mimmo Lucano, il sindaco sospeso per il quale ieri il Tribunale del riesame di Reggio Calabria ha revocato gli arresti domiciliari, disponendo però nei suoi confronti il divieto di dimora. Resta a Riace, invece, la compagna di Lucano, per la quale il divieto di dimora è stato attenuato con la misura dell’obbligo di firma.
     
    Mimmo Lucano si sarebbe trasferito in un centro del circondario. Pur rispettando l’obbligo di allontanarsi dal paese di cui è sindaco, sia pure sospeso dopo l’arresto, Lucano non si sarebbe spostato di molto. A Riace, provvederanno a proseguire l’attività di assistenza ai circa 150 migranti che si trovano ancora in paese, la compagna etiope di Lucano, Tesfahun Lemlem, i numerosi volontari che da anni collaborano con lui e l’Amministrazione comunale, tutti intenzionati a portare ancora avanti con l’autofinanziamento ed i contributi quel “modello Riace” di cui il Governo ha decretato la soppressione con l’uscita dallo Sprar.
     
    LA DECISIONE DEL TRIBUNALE DELLA LIBERTÀ SUL DESTINO DI MIMMO LUCANO
     
    Mimmo Lucano lascia gli arresti domiciliari ai quali si trovava dal 2 ottobre scorso. E’ questa la decisione del Tribunale della libertà depositata ieri in serata, il giorno stesso dell’udienza. Per il sindaco di Riace, però, è una vittoria a metà. I giudici, infatti, hanno stabilito contestualmente il divieto di dimora nel comune di cui era alla guida fino al momento dell’arresto e prima della sospensione dalla carica decisa dal prefetto di Reggio Calabria. Lucano, quindi, lascerà i domiciliari ma sarà costretto anche a lasciare Riace. Per quanto tempo è ancora presto per poterlo dire. 
     
    Prima di conoscere la decisione del Tribunale del riesame, subito dopo l’udienza, Mimmo Lucano aveva detto a chiare lettere, con decisione, che il modello di accoglienza e integrazione creato nel suo comune sarebbe andato avanti. Obiettivo che, certamente, Lucano perseguirà anche stando fuori, ma comunque bisognerà vedere quando la sua assenza influirà sui tanti migranti che a Riace vivono e che in lui hanno un sicuro, se non l’unico, punto di riferimento. E che ora si trovano a dovere decidere se rimanere ma senza i finanziamenti pubblici, o se pure accettare il trasferimento in un altro Sprar dopo la chiusura dell’esperienza riacese decisa dal Viminale.
     
    “Riace – ha detto lo stesso Lucano uscendo dall’aula – rappresenta un’idea che va contro la civiltà della barbarie. Anche senza contributi pubblici andiamo avanti lo stesso, da soli, perché negli anni abbiamo costruito dei supporti all’integrazione che oggi fanno la differenza”. La chiusura dello Sprar, decisa dal ministero dell’Interno e la conseguente possibilità che i migranti che vivono a Riace – alcuni da anni – se ne possano andare, non lo spaventa. Anzi. Ha rivendicato lui la chiusura dello Sprar. “Voglio trasmettere questo messaggio – ha detto – al Governo: vogliamo uscire dallo Sprar. Lo voglio io come volontà politica. Non voglio avere a che fare con chi non ha fiducia e con questo Governo che spesso non rispetta i diritti umani”.

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