Migranti:incendio tendopoli; vittima 18enne, viveva in Sprar

Era andato a San Ferdinando a trovare alcuni amici

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    Il fuoco, divampato improvviso, rapido, non gli ha dato scampo. E’ stato avvolto dalle fiamme ed è morto, forse senza neanche rendersene conto perché stordito dal fumo, ancora sdraiato sul letto. Surawa Jaith, che avrebbe compiuto 18 anni a gennaio, del Gambia, è un’altra vittima della tendopoli di San Ferdinando, una struttura fatiscente fatta di baracche costruite con lamiera, ma soprattutto con materiale altamente infiammabile: legno, plastica e cartone. La storia di Souaro è uguale a quella della stragrande maggioranza di uomini e donne che affollano la baraccopoli. Un viaggio lungo e massacrante fino alle coste della Libia e poi il barcone per attraversare il Mediterraneo e giungere sulle coste italiane. Arrivato in Calabria, era entrato nella struttura Sprar di Gioiosa Ionica, a una cinquantina di chilometri da San Ferdinando. Ma qui, nella piana di Gioia Tauro, aveva degli amici. Ed era qui che incontrava il fratello Soumbu, giunto prima di lui in Italia e stabilitosi a Catania. Fino a venerdì scorso, il giovane era a Gioiosa Ionica. Poi è partito per andare a San Ferdinando, forse per trovare gli amici o forse per cercare lavoro nei campi, a 3 euro l’ora. Ma nella tendopoli dove si era fermato a trascorrere la notte, ha invece incontrato la morte. Sulle cause del rogo – che ha distrutto otto baracche lasciando senza un tetto, anche se precario, una trentina di persone – l’ipotesi degli investigatori è che siano accidentali. Probabilmente un braciere acceso per scaldarsi dal freddo pungente di una notte piovosa come quella di ieri, ha innescato l’incendio mortale. Ma gli amici della giovanissima vittima adombrano un sospetto: poco prima due persone che vivono nella tendopoli sono andate a cercare Surawa e quando gli amici del 18enne gli hanno chiesto perché, hanno risposto “niente, niente”, e se ne sono andati. Poco dopo è scoppiato l’incendio. Sulla circostanza indagheranno gli investigatori. Quello che è certo è che Surawa non è la prima vittima del fuoco a San Ferdinando. Il 27 gennaio scorso, a perdere la vita era stata una 26enne nigeriana, Becky Moses. In quel caso l’incendio fu doloso. Pochi mesi dopo la polizia ha fermato una donna ritenuta la mandante del rogo, fatto appiccare per gelosia. In precedenza altri incendi non avevano causate vittime solo per puro caso, mentre ieri, se le fiamme non si sono propagate ulteriormente, lo si deve alla postazione fissa dei vigili del fuoco voluta dal prefetto di Reggio Calabria Michele di Bari nelle vicinanze della tendopoli. L’ennesima tragedia ha esasperato gli animi creando una una tensione palpabile che ha trovato sfogo in alcuni cassonetti rovesciati davanti all’ingresso del campo. Una cinquantina di migranti, insieme ai sindacalisti della Flai Cgil, si è mossa in corteo per raggiungere il Municipio di San Ferdinando dove si è riunito il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica. Una delegazione è stata ricevuta dal Prefetto che poi ha ribadito la necessità di smantellare la baraccopoli individuando un terreno sul quale poter sistemare i container da adibire ad alloggi. Una soluzione che, però, non sembra prossima. Gli animi si sono comunque calmati e la giornata è passata come tante altre. E adesso, dell’ennesima tragedia consumatasi tra le baracche, resta il dolore del fratello di Surawa, Soumbu. Gli occhi arrossati e gonfi di lacrime, all’uscita dal campo dove è arrivato di prima mattina da Catania dopo avere saputo della morte del fratello, riesce a dire solo poche parole: “Era venuto in Italia perché voleva studiare. E adesso non c’è più. Sono distrutto dal dolore”.(ANSA).

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