Politeama, Cavalleria e Pagliacci: entusiasmo alle stelle e sold out

Il pubblico di Catanzaro conferma di gradire la lirica. L'allestimento, la coreografia, le voci, l'orchestra e tutti i dettagli 

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di Carmen Loiacono

Teatro sold out ed entusiasmo alle stelle. Anche per l’inizio della nuova stagione del Teatro Politeama, il pubblico catanzarese non si è smentito e ha dimostrato ancora una volta di gradire la lirica, quest’anno scelta proprio in apertura, accogliendo ieri sera in maniera festosa Cavalleria Rusticana di Mascagni e Pagliacci di Leoncavallo. Le due opere – molto brevi, per questo tradizionalmente rappresentate insieme – sono state prodotte dalla Fondazione Politeama che, come nelle passate stagioni era stato per Otello e Don Giovanni, ha affidato la loro regia a Luciano Cannito.

Ad affiancare la Fondazione in questa operazione, ancora una volta ci sono stati l’Istituto Tchaikovksij e la famiglia Colosimo che ha voluto confermare la sua collaborazione in onore del Cavaliere del lavoro Giovanni Colosimo, come ricordato dal sindaco e presidente della Fondazione Sergio Abramo nei saluti d’apertura, insieme al direttore generale Aldo Costa e al sovrintendente Gianvito Casadonte.

Squadra che vince non si cambia, in sintesi: con l’allestimento del Bellini di Catania e i costumi realizzati dalla sartoria Pipi di Palermo – entrambi molto tradizionali -, Cavalleria e Pagliacci hanno fatto appunto affidamento alla direzione musicale di Filippo Arlia, con l’Orchestra Filarmonica della Calabria e il Coro Francesco Cilea di Reggio Calabria diretto da Bruno Tirotta, come avvenuto già in passato.

Per i capolavori di Mascagni e Leoncavallo, Cannito ha voluto dare un segno piuttosto evidente, che riassumesse il suo stesso percorso: il regista ha voluto inserire alcune coreografie – le ballerine, così come le altre comparse, erano state selezionate nei giorni scorsi in città -, per rendere ancora più solenne l’atmosfera religiosa di Cavalleria, ma anche per ammorbidire la trama, in Pagliacci, con un’accentuazione del meccanismo del teatro nel teatro presente nell’opera. Così, l’apertura del melodramma iniziale è stata a sipario aperto, sebbene con la giusta voce fuori campo di Turiddu, con una sorta di coro di prefiche – le ballerine -, che davano un senso di macabro non fuori luogo (al contrario della via Crucis sul coro “Inneggiamo, il Signor non è morto”, l’opera si svolge nel giorno di Pasqua).

La scelta delle coreografie se ha animato, pure tanto, la compagnia teatrale che arriva in paese con Pagliacci, in altri momenti è sembrata di troppo: è il caso del famoso Intermezzo sinfonico di Mascagni. Si tratta del momento lirico dell’opera, una melodia dolce dalla grande potenza evocativa, in cui si condensa il dramma, e l’emozione, nell’ascoltatore, è sempre grande, fino a trattenere a stento le lacrime: è un momento che basta a se stesso, che ulteriori aggiunte possono solo appesantire.

Ancora di più, nell’occasione catanzarese, con un’Orchestra quasi timida che non ha scatenato la forza dirompente di una simile composizione. Sui meriti e gli sforzi di Arlia, in generale, c’è poco da dire: la giovanissima bacchetta non si risparmia e porta sulle spalle il peso delle tante aspettative riposte in questi progetti e della mole di lavoro fatta e che bisogna ancora fare per fare crescere queste produzioni. Eppure ieri sera, a un orecchio più fine, diciamo, non sono potute sfuggire le sbavature e le imprecisioni spesso percepite quando in scena c’era il Coro.

Per quanto riguarda le voci, ha sicuramente brillato e fatto breccia fra le poltrone quella del soprano Maria Pia Piscitelli nel ruolo di Santuzza in Cavalleria e il Tonio del baritono Alberto Mastromarino in Pagliacci, seppure con qualche inesattezza.

Bravi, chi più chi meno, anche gli altri solisti, Alfio, il baritono Pier Luigi Dilengite, Lucia, il contralto Caterina Riotto, Lola, il mezzosoprano catanzarese Giorgia Teodoro, Turiddu, il tenore Enrico Terrone per Cavalleria, il soprano Maria Luisa Lattante (Nedda), il baritono Salvatore Grigoli (Silvio), il tenore Lorenzo De Caro (Canio) e il tenore Marco Voleri (Beppe) per Pagliacci. L’impressione, a fine serata, è stata di un assemblaggio che avrebbe avuto bisogno di un rodaggio maggiore, visti anche gli spunti interessanti, forse da sviluppare meglio, offerti delle impronte registiche. 

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