Addio Sergio: ‘In tutto ciò che hai fatto hai detto amiamoci’

Le parole di don Giuseppe: 'Siate orgogliosi di lui e ringraziate il Signore per il tempo che ci ha fatto trascorrere insieme'


Di Giulia Zampina 

Nessuna piazza sarà mai troppo grande per ospitare tutto l’affetto e l’amore di una famiglia e di tante persone che hanno perso un figlio, fratello, amico, amore di una vita. Nessuna parola sarà mai abbastanza per consolare un dolore così grande. Sergio Mirante era tanto e per molti era tutto. Un giovane professionista sportivo, che un male più veloce dei suoi record ha strappato ad una vita ancora tutta da vivere. Sergio Mirante ha terminato la sua corsa a Milano dove si è spento a causa di una malattia. Ad attenderlo a Sellia c’erano davvero tutti

L’ordine degli architetti di Catanzaro, le squadre di nuoto, gli amici. Le esequie sono state concelebrate da don Giuseppe Cosentino e don Raffaele Rimotti

Durante l’omelia don Giuseppe ha detto: “Dovete essere orgogliosi di Sergio. Questa gente lo dimostra. A me disse – Don Giuseppe se uscirò da questa situazione verrò ogni domenica in chiesa -. In queste parole Sergio aveva il desiderio di chiedere al Signore pietà di lui c’era tutto il suo desiderio di cielo. Sergio ha parlato durante l’arco della sua vita a Sellia Marina, ha parlato tanto ma ha detto una sola parola in tutto ciò che ha fatto “amiamoci”. Amiamoci perché siamo un soffio, come l’erba del campo, l’unica cosa che ci resta nel tempo di grazia che è la vita che è amarci. Se chiudiamo gli occhi e vediamo la morte di Sergio come una disperazione non ne usciremo più, dobbiamo imparare a dire grazie Signore perché ce lo hai dato. Il messaggio che oggi ci dobbiamo portare via è che non si spegne la vita ma nella morte si riaccende”.

E se chi se ne va lascia dei solchi in cui chi resta cammina, da domani chi è sopravvissuto a questo ragazzo troverà nelle sue braccia la stessa forza che Sergio metteva quando nuotava, la stessa voglia di toccare il cielo quando Sergio si staccava da terra giocando ad uno dei suoi sport preferiti, la stessa necessità di sorridere e guardare il mondo con gli stessi occhi con cui i bimbi che allenava guardano la vita. Sarà così, deve essere così perché l’assurdo terreno che percepiamo di una morte avvenuta così, trovi una dimensione tollerabile per chi resta.