Arrestato giudice Petrini a Catanzaro: Gdf in Commissione tributaria

Si tratta del giudice Marco Petrini. In carcere anche un avvocato di Catanzaro e ai domiciliari un avvocato di Locri. Tra le vicende contestate, il riottenimento del vitalizio per un ex consigliere regionale condannato


Ore 11.00 – E’ Marco Petrini il magistrato della Corte d’Appello di Catanzaro, nonché presidente della Commissione provinciale tributaria, che è stato arrestato in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nell’ambito di un’inchiesta della Procura della Repubblica di Salerno. Insieme a Petrini sono stati arrestati l’avvocato Maria Tassone del foro di Locri, di Davoli e Francesco Saraco di Catanzaro.

Ore 9.45 – Personale del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Crotone, del Servizio Centrale Operativo Criminalità Organizzata di Roma (SCICO) e di altri reparti delle Fiamme Gialle, ha dato esecuzione ad una ordinanza cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Salerno, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno, nei confronti di otto indagati.

L’ordinanza ha disposto, per sette indagati, l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere e per un indagato la misura cautelare degli arresti domiciliari.

Tutti gli indagati destinatari delle misure cautelari sono gravemente indiziati, a vario titolo, del reato di corruzione in atti giudiziari, in taluni casi, aggravato dall’art. 416 bis. 1 c.p.

Tra i destinatari della misura cautelare in carcere vi sono: un magistrato (Marco Petrini) in servizio presso la Corte di Appello di Catanzaro, nonché un avvocato del foro di Catanzaro; ad un altro avvocato, del foro di Locri, è stata applicata la misura degli arresti domiciliari.

Le indagini, avviate nell’anno 2018 e interamente coordinate e dirette dalla DDA di Salerno, hanno permesso di ricostruire una sistematica attività corruttiva nei confronti di un Presidente di Sezione della Corte di Appello di Catanzaro nonché Presidente della Commissione Provinciale Tributaria del capoluogo di Regione calabrese.

Secondo quanto emerso dalle indagini, gli indagati accusati di corruzione avrebbero promesso e consegnato al magistrato, a più riprese, consistenti somme di denaro contante, oggetti preziosi, altri beni ed utilità, tra le quali prestazioni sessuali, in cambio dell’intervento del magistrato per ottenere, in processi penali, civili e in cause tributarie, sentenze o comunque provvedimenti a loro favorevoli o favorevoli a terze persone concorrenti nel reato corruttivo.

In taluni casi i provvedimenti favorevoli richiesti al magistrato e da quest’ultimo promessi e/o assicurati erano diretti a vanificare, mediante assoluzioni o consistenti riduzioni di pena, sentenze di condanna pronunciate in primo grado dai Tribunali del Distretto di Catanzaro, provvedimenti di misure di prevenzione, già definite in primo grado, o sequestri patrimoniali in applicazione della normativa antimafia, nonché sentenze in cause civili e accertamenti tributari.

Oltre al magistrato, una figura centrale del sistema corruttivo, era costituita da una persona insospettabile ed in particolare da un medico in pensione ed ex dirigente dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza. Costui, oltre a “stipendiare” mensilmente il magistrato per garantirsi l’asservimento stabile delle funzioni dello stesso, si prodigava altresì per procacciare nuove occasioni di corruzione, proponendo a imputati o a parenti di imputati condannati in primo grado, nonché a privati soccombenti in cause civili, decisioni favorevoli in cambio del versamento di denaro, di beni o di altre utilità.

Le azioni corruttive, documentate anche con attività di intercettazione audio e video, servivano, oltre a quanto già sopra illustrato, anche: a far riottenere il vitalizio a un ex politico calabrese che, nel corso della V Legislatura regionale, ricopriva la carica di Consigliere della Regione Calabria. Quest’ultimo era stato condannato nel 2004 alla pena detentiva di anni sei di reclusione, con interdizione perpetua dai pubblici uffici, per i reati, tra l’altro, di cui agli artt. 110 e 416 bis, commi 1, 3, 4 e 5 c.p. e, per tali motivi, decadeva dal relativo assegno vitalizio per la carica rivestita; ad agevolare, per alcuni candidati, il superamento del concorso per l’abilitazione alla professione di avvocato.

E’ stata altresì accertata, nel corso delle indagini, la grave situazione di sofferenza finanziaria in cui versava il magistrato arrestato, compiutamente ricostruita sulla base di accertamenti bancari e sulla base delle conversazioni intercettate. Si trattava di una condizione cronicizzata ed assolutamente non risolvibile nel breve periodo che poneva il magistrato stabilmente nella necessità di procurarsi la disponibilità, oltre allo stipendio di magistrato ed ai compensi quale Giudice Tributario, di somme di denaro in contanti, anche per mantenere l’elevato tenore di vita.

Durante la perquisizione nell’abitazione del magistrato è stata rinvenuta e sequestrata la somma contante di settemila euro custodita all’interno di una busta. Oltre all’esecuzione delle misure cautelari, sono state disposte ed effettuate numerose perquisizioni nei confronti di altri coindagati, terzi e società. Tutte le indagini sono state svolte dai reparti della Guardia di Finanza sopra indicati, con grande efficienza e con la massima riservatezza.