Regionali in Calabria e la terza via ‘solitaria’ di Di Maio (FOTO)

Il capo politico dei 5 stelle si è assunto una strategia politica impegnativa (LA FOTOGALLERY)

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    di Lello Nisticò

    Fischia il vento urla la bufera quando Luigi Di Maio fa il suo ingresso in un Auditorium riempito a tre quarti. Nonostante arrivi il capo politico  e sul palco il drappello di parlamentari  calabresi – con qualche significativa eccezione – descrive cosa fa nelle Commissioni di Camera e Senato per onorare il mandato del popolo dei 5Stelle. Perché, loro, ci vanno nelle Commissioni.

    E lavorano tanto.  Purtroppo i giornalisti, che notoriamente raccontano il 98% di fandonie – Francesco Aiello dixit – non trovano di meglio che raccontare di litigi, intrighi, abbandoni, documenti segreti. Il senatore Tucci, che ha aperto la lunga rassegna del resoconto di come i parlamentari pentastellati calabresi lavorano per voi, lo ha detto chiaramente e a voce alta: non c’è nessun documento. Ci sono solo tre parlamentari che cambiano gruppo. Dimostrando che qualche problema esiste.

    Del resto lo riconosce lo stesso capo politico, quando dice che il momento è strano. Perché il Movimento è aggredito “da ambo le parti”. È questo l’unico accenno agli altri, agli “aggressori”, che sarebbero, se le parole hanno un senso, da una parte la Lega e dall’altra il Pd oppure Italia Viva, a volere largheggiare. Solo che DI Maio non li nomina neppure.

    Che non dica la parola “Lega” ci può stare, come spesso capita tra ex innamorati quando si lasciano in malo modo. Ma che non nomini nemmeno l’attuale partner di governo è indicativo dello stato di tensione che permane su Palazzo Chigi e dintorni. Un partner, il Pd, che tra l’altro ha continuato fino a poche ore prima a chiedere, anche per bocca del suo candidato Callipo, un atto di responsabilità politica, anche di intelligenza, nel senso letterale da intelligere latino, guardare dentro alla realtà della situazione calabrese, ai numeri.

    I sondaggi dicono che stando così le cose la destra di Salvini Meloni Berlusconi fa un solo boccone a ‘nduja e peperoncino nelle elezioni regionali del 26 gennaio. Di fronte a questo quadro, Di Maio ha opposto già nelle settimane scorse il muro del no, non esiste possibilità di accordo per le regionali. E ieri ha sfoderato il fascino déjà vu della “terza via”, né destra né sinistra, la vera alternativa ad ambedue.

    È un’assunzione di strategia politica impegnativa. Il ministro degli Esteri – non ha fatto nessun cenno all’esperienza alla Farnesina, se non un fugace cenno ai bombardamenti in Libia – sa, o dovrebbe sapere, che la Terza via è legata all’esperienza britannica di Tony Blair. Iniziata bene e finita male. Ma, sinceramente, non riusciamo a vedere in Di Maio un nuovo Blair. Anche perché, presumiamo, il capo politico non ne abbia nessuna voglia, a parte ogni altra considerazione. Il fatto è che questa terza via dovrebbe essere percorsa in splendida solitudine, in un’alterità di valori e di sperimentazioni fattuali che, se erano presenti nel Movimento grillino della prima ora, si sono infranti nella dura realtà dei comportamenti, nell’assuefazione all’esistente, in quella che è stata definita la perdita dell’innocenza. Ma vuoi mettere. La soddisfazione di perdere da soli. Meglio da soli che male accompagnati.

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