Il Consiglio regionale soffochera sul nascere la famigerata legge numero 5

Tallini a margine del flash mob della destra anticipa “l’operazione verità”. Sarà eletta anche la giunta delle elezioni

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    No, non è stata “una tempesta in un bicchier d’acqua”, come hanno detto da più parti i consiglieri regionali che nell’ultima seduta del 26 maggio hanno frettolosamente e superficialmente approvato una proposta di legge che ha fatto scandalo. Sia perché la tempesta nel bicchiere non tracima dall’orlo, invece la bufera che ha investito il Consiglio regionale della Calabria ha soffiato in qualunque media nazionale e ha coinvolto nella condanna esponenti politici di primo livello (vedi Di Maio e Salvini ma anche altri), sia perché qualcuno dei suddetti consiglieri ha agito per nulla frettolosamente e superficialmente, bensì con scienza e coscienza di quanto andava a proporre e firmare.

    A farlo intendere, e a fornirne una ricostruzione convincente, anche se non del tutto – qualcosa di poco chiaro comunque permane – è stato il presidente del Consiglio Domenico Tallini a margine della cerimonia per la Festa della Repubblica prima e del Flash mob della destra poi, tutto a Catanzaro  in piazza Matteotti sotto l’aguzzo piccone del Cavatore.

    In larga sintesi, Tallini nell’anticipare quella che domani dovrebbe essere “l’operazione verità”, ha detto chiaro e tondo che i vitalizi non esistono più in Calabria da quando la giunta era guidata da Giuseppe Scopelliti, che la legge numero 5 approvata il 26 maggio non reintroduce in nessun modo i vitalizi, che in passato il Consiglio ha introdotto in maniera definitiva il metodo contributivo ai fini della corresponsione della indennità differita (il trattamento pensionistico) e dell’indennità di fine mandato (il Tfr). La legge incriminata si doveva limitare a correggere alcune incongruenze contenute nella legge numero 13 approvata dal Consiglio il 31 maggio 2019, laddove con la rinuncia al metodo contributivo, facoltà del consigliere, si rinuncia sia all’indennità mensile che all’indennità di fine mandato. Questo, secondo Tallini espone la Regione a un contenzioso perdente in partenza, poiché i due aspetti devono necessariamente essere separati. Tallini ha pure spiegato di avere già nella precedente seduta di aprile rinviato la discussione della legge, opponendo ragioni di opportunità nella considerazione dell’emergenza coronavirus e ben prevedendo che qualsiasi intervento in tema di indennità, vitalizi o atro avrebbe portato a incomprensioni, generando proteste e giudizi sommari, come in effetti poi è avvenuto. Soltanto che, quando la proposta di inserimento di un provvedimento nell’ordine del giorno giunge con la richiesta dei due terzi dell’assemblea, il presidente è obbligato a recepire la volontà dei consiglieri. Addirittura, la proposta numero 10, perorata in aula da Giuseppe Graziano, era firmata da tutti i capigruppo, tutti, nessuno escluso, destra sinistra centro e misto. La proposta, messa ai voti, è passata senza colpo ferire. Anzi, con una facilità tale da essere in sé oggetto di scherno. Nella registrazione della seduta, i consiglieri ormai allo stremo delle forze e della vigilanza, a 7 ore, 18 minuti, 43 secondi hanno sentito Tallini preannunciare la discussione, invitare Graziano ad illustrare la proposta e Graziano asserire laconicamente che “la proposta si illustra da sé”, per poi approvare prima i singoli articoli, poi l’intero provvedimento alle 7 ore, 21 minuti e 5 secondi. Subito dopo il presidente ha chiuso i lavori.

    Cosa sia successo nei vari passaggi che hanno portato dagli accordi preventivi che in ogni caso devono esserci stati, e la stesura dell’articolato, non è chiaro. Il punto fondamentale, anzi i punti fondamentali sono due.

    La legge numero 5 abroga tutto un periodo della lettera a del comma 1 dell’articolo 4, che dice: “Non è ammesso alla contribuzione volontaria il consigliere regionale la cui elezione sia stata annullata”. Rimane in piedi solo il testo d’avvio: “Il consigliere regionale, anche nei casi di sostituzione temporanea di altro consigliere, può versare le quote di contribuzione per il tempo occorrente al completamento del quinquennio relativo alla legislatura”.

    La legge numero 5, poi, interviene sull’articolo 16 della legge del 2019, che tratta della “Rinunciabilità all’indennità a carattere differito”, dove, al comma 2 abroga le parole finali “e fine mandato”. Rimane solo il testo del comma: “In caso di rinuncia all’indennità a carattere differito non trovano applicazione le disposizioni in materia di reversibilità”.

    Tallini ha circoscritto l’incidente solo a questo ambito, un aspetto particolare che, nel Consiglio attuale, riguarda personalmente solo un consigliere, peraltro, per una decadenza nella passata legislatura. “È deprecabile – ha affermato – che qualcuno abbia fatto sparire alcune parole utili ad personam. Questa è stata la pietra dello scandalo, ma non c’entra nulla con i vitalizi e riguarda solo una persona. Per questa sola cosa siamo diventati la vergogna d’Italia e non è giusto, soprattutto per un Consiglio regionale che si è insediato in piena emergenza coronavirus e ha fatto cose importanti. In ogni modo appena ho avuto notizia della vicenda ho subito convocato un consiglio regionale per cancellare questa norma, e cancelliamo tutta la legge, anche gli aspetti che possano esporre la Regione a contenzioso”. Insomma, domani la legge, famigerata, numero 5/2020, sarà abrogata, e si ritornerà alla norma del maggio 2019.

    Uguali intendimenti nelle parole degli altri esponenti del centro destra presenti al flash mob in piazza Matteotti. In particolare, abbiamo sentito gli stessi accenti e le stesse motivazioni in Tilde Minasi (Lega), Sinibaldo Esposito (CdL) e l’assessore Fausto Orsomarso (Fratelli d’Italia) il più caustico di tutti nel definire fantozzianamente la legge approvata “una cag..a pazzesca”.

    Domani Il Consiglio alle 11 riunirà un rappresentante per gruppo per eleggere tra uno di loro il presidente della giunta delle elezioni, che è l’organismo interno al Consiglio chiamato ad esprimersi in materia di contenzioso elettorale. Subito dopo la conferenza dei capigruppo per definire l’ordine del giorno, incluso il cancellamento della legge numero 5, soffocata nel nascere, e la scaletta del prossimo Consiglio, e poi i lavori d’Aula fissati con qualche elasticità alle 14.

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