Angela Robbe alla guerra del welfare: “Le politiche sociali? A Catanzaro non ci sono”

Un colloquio con l’ex assessore al Welfare della Regione, che stasera partecipa a una iniziativa di Sud Democratici. La polemica con il sindaco, che ricorre al Consiglio di Stato contro la riforma

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    Angela Robbe, protagonista al femminile della cooperazione calabrese, per circa due anni, qualcosa in meno, è stata assessore al Welfare della Regione Calabria. Da presidente regionale di Legacoop, chiamata da Mario Oliverio a sostituire Federica Roccisano, si è dimessa dall’incarico nel dicembre 2019, per incompatibilità politiche con l’allora governatore in quanto, candidata al Consiglio regionale nelle liste del Pd, ha obbedito al principio di coerenza. Non prima, però, di avere portato a compimento l’obiettivo principale del suo impegno in giunta, la “Riorganizzazione dell’assetto istituzionale del sistema integrato degli interventi in materia di servizi e politiche sociali” che, finalmente, attuava anche in Calabria la legge 328 dell’8 novembre 2000. Era riuscita nell’intento, portando in Giunta, che approvava, la delibera del 9 settembre 2019 che, con i successivi allegati e decreti dirigenziali, pianificava la costituzione dei “Piani di zona 2020-2023”, con i quali si trasferivano ai Comuni funzioni e risorse per un approccio integrato al welfare territoriale. Tenere a mente le date è importante, perché la semplice successione indica il ritardo ventennale del welfare calabrese, delle politiche sociali, di tutto ciò che realmente costituisce il discrimine tra le due società, quella inclusiva e quella escludente i poveri, gli anziani, i bisognosi, i soggetti deboli, donne, uomini, bambini.

    La settimana trascorsa è stata importante sotto questo punto di vista, perché è giunta a maturazione la vicenda giudiziaria che ha visto contrapposti davanti al Tribunale amministrativo regionale il Comune di Catanzaro e la Regione Calabria. Ricorreva il Comune, avendo accanto ad adiuvandum come si dice in tecnico stretto il Comune di Lamezia Terme e altri soggetti privati, essenzialmente su due punti, come si evince dal dispositivo di sentenza, che riportiamo quasi alla lettera: lamentava che i provvedimenti adottati dalla Regione Calabria non assicurerebero che, dopo il trasferimento delle competenze amministrative ai Comuni le somme a essi trasferiti e le quote di compartecipazione degli utenti siano sufficienti a rimunerare gli interventi e i servizi sulla base dei bisogni effettivi dell’utenza, comportando, per questo, che gli Enti territoriali, e il Comune capofila, Catanzaro nello specifico, si debbano fare carico delle spese rimaste scoperte, in contrasto con le previsioni legislative di necessaria copertura finanziaria. La sentenza dei giudici amministrativi del 20 luglio ha rigettato il ricorso, in quanto: primo, il sistema integrato dei servizi sociali, così come delineato dalla legge 238 del 2000 e dalla legge regionale 23 del 2003, si avvale di un finanziamento plurimo a cui concorrono, secondo competenze differenziate secondo i bilanci Stato, Regioni e Comuni; secondo, il sistema dei servizi sociali, secondo dettato costituzionale, deve essere strutturato in maniera tale da garantire il contemperamento tra vincoli di bilancio e soddisfacimento dei diritti sociali.

    Questo è quanto. Angela Robbe è intervenuta lunedì scorso a una manifestazione indetta dall’associazione Sud Democratici a Giovino, fresca di sentenza favorevole alle ragioni per le quali si era adoperata da assessore, e domani tornerà sull’argomento in un’altra iniziativa dell’Associazione. Nel frattempo, viceversa, era intervenuta a sostegno delle ragioni del Comune di Catanzaro il suo assessore alle Politiche sociali, Lea Concolino. Il dibattito, pertanto, e giustamente, si fa stringente, anche perché tocca un punto nevralgico del vivere cittadino. Secondo Angela Robbe “allo stato le Politiche sociali a Catanzaro non esistono”. Un giudizio così netto necessita di serie argomentazioni.

    “I Comuni – dice Robbe – raggruppati in Ambiti nella nostra Regione, e, pur essendo individuati come i soggetti che dovrebbero garantire l’attuazione degli interventi perché sono quelli che percepiscono il disagio, non hanno mai accettato di attuare la riforma ormai vecchia di venti anni. E mentre nelle altre Regioni già si parla di una seconda ulteriore riforma, noi non vediamo ancora attuata la prima, vecchia di venti anni. E non garantiamo alle nostre comunità il benessere sociale. Il Comune di Catanzaro è addirittura si è fatto promotore del ricorso contro la riforma che ho portato avanti e attuato, e che ha perso, lamentando di non avere le risorse. Parliamo di un Comune capoluogo, di un Comune Capo Ambito, che dichiara di non avere le risorse quando già a dicembre 2019 al Comune di Catanzaro erano stanziati 20 milioni di euro per le Politiche sociali. Il meccanismo prevede che le risorse arrivino direttamente ai Comuni. Quei venti milioni sono stanziati dal Governo nazionale con delle finalità precise e su questi venti milioni a dicembre 2019 il Comune di Catanzaro ne aveva rendicontati solo 1 milione e mezzo. Non ha speso le risorse, dichiarando di non riuscire ad attuare la riforma, di non riuscire a farsi carico dell’unico fondo a disposizione, che passa attraverso la Regione ma solo per una questione di attuazione della 328. Non programmare è una questione politica, vuol dire non volere fare delle scelte, non avere in testa che per programmare ci vuole competenza specifica e ci vuole anche la capacità finanziaria. Il Comune non lo fa, la scelta del sindaco è stata di disinteressarsi, addirittura di tentare di bloccare la riforma, ha preferito spendere i soldi per pagare gli avvocati, piuttosto che utilizzarli per mettere su l’Ufficio di Piano che si occupa di programmazione”.

    A questa accusa, l’assessore Concolino ha risposto che il ricorso è stato portato avanti dai legali dell’Ente. Perlomeno il primo grado. Perché, e la notizia ci è stata confermata dal sindaco Abramo in persona, il Comune vuole adire all’istanza superiore, al Consiglio di Stato. “A me pare – ribatte Angela Robbe – che sarà una spesa inutile. La sentenza del Tar chiarisce bene sia sui fondi che sulla compartecipazione, i due aspetti che il sindaco contesta. Del resto, la prima cosa che il Comune doveva fare era di mettere su l’Ufficio del Piano. Sul fondo è prevista la possibilità di utilizzarne una parte, definita in percentuale, per implementare le risorse umane. Anche qui il sindaco di Catanzaro eccepiva: ”Ma le risorse sono annuali”. Indubbiamente, le risorse vengono attribuite annualmente, ma sono risorse storicizzate, perché di fatto, dal 2000 a oggi, tuti i fondi sono stati mantenuti, e le assunzioni, pur a tempo determinato, sono replicabili di anno in anno. “I fondi funzionano così: – spiega Robbe: si ripartiscono ogni anno in Conferenza Stato-Regioni, in ragione della spesa, prima storica adesso standard. Quando si rendiconta l’annualità già ripartita si eroga l’annata successiva. Dopodiché, se non si sono spese le risorse dell’annualità precedente, hai la loro disponibilità, ma sono ferme al ministero. Catanzaro ha 20 milioni, ma nella pancia ha ben altro. Questi 20 milioni di cui parliamo sono le risorse solo fino al 2015, le ultime risorse prese, perché si è rendicontato l’anno precedente. Quindi, parliamo di 20 milioni a cui si aggiungono quelli delle annualità successive. Cosa contesta ancora il sindaco?: “’Ah, ma su alcuni fondi c’è da fare l’anticipazione”. Giustissimo. Ma a questo serve l’Ufficio di Piano, a programmare anche finanziariamente, in maniera da avviare le attività con i fondi disponibili, che successivamente si integrano. Ci vuole la testa”. “Allo stato non ci sono le Politiche sociali a Catanzaro – ribadisce l’ex assessore al welfare, Angela Robbe -. Non si fa niente, o quello che si fa a ruota. Su 20 milioni, solo uno e mezzo è rendicontato. Con la gente che muore di fame”.

     

     

     

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