L’assessore all’Ambiente interviene in favore di tre poliziotte non ammesse in servizio perché un tempo tatuate

Un post Facebook dell'assessore De Caprio riscuote stima, apprezzamenti e un po' di simpatia in più

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    Sergio De Caprio, capitan Ultimo per gli affezionati ai nickname, assessore calabrese all’Ambiente, è l’uomo chiamato da Jole Santelli per risolvere le grane decennali che inceppano il ciclo dei rifiuti, notoriamente non funzionante, periodicamente in sofferenza, spesso contaminato dagli appetiti delle consorterie criminali.

    Le ultime sue uscite nel ruolo in Cittadella sono state la presentazione del progetto di salvaguardia e promozione delle aree protette e l’incontro con i sindaci della città metropolitana di Reggio per affrontare la difficile situazione dello smaltimento nel loro territorio.
    L’impegno intrapreso da De Caprio con la nomina ricevuta da Santelli a marzo è certamente gravoso, e certamente gratificante per il colonnello dei carabinieri in aspettativa nella misura in cui sarà supportato dai risultati auto attesi, dando seguito a quanto dichiarato al momento: “L’obiettivo è combattere la ‘ndrangheta e il voto di scambio: se qualcuno non vorrà fare questa battaglia, me ne andrò”.

    È personaggio, De Caprio, dalla duplice impronta: operativa, come da illustre curriculum di uomo di legge e ordine; ma anche ideale, che sul suo profilo Facebook sotto la testata è impressa a forti tinte la didascalia: “Costruire l’uguaglianza e la fratellanza tra le persone e i popoli”.
    Proprio sulla sua pagina Facebook, Sergio De Caprio è intervenuto, nel bel mezzo del Ferragosto, su una vicenda che sta interrogando, senza troppo clamore per dire il vero, le coscienze di uomini e donne delle forze dell’ordine: nella fattispecie, della polizia di Stato. Si tratta di questo, secondo quanto riportato in diverse edizioni dal Corriere della Sera: ci sono tre giovani donne – Arianna Vergolino, Valeria Di Nardo, Sara Alberti – che non possono coronare il loro sogno di diventare poliziotte sostanzialmente perché in passato si sono tatuate. Così ha stabilito il Consiglio di Stato, ribaltando la precedente sentenza del Tar che aveva permesso loro di giurare e diventare agenti a tutti gli effetti. Il regolamento per entrare nelle forze dell’ordine non consente di avere tatuaggi visibili. Per le tre aspiranti poliziotte era stato un vezzo, o un desiderio, tipicamente giovanile, pagato a caro prezzo. Non sono valse le sedute di laser per toglierne l’immediata evidenza.

    La sentenza superiore ha dato loro torto, definendole “inidonee al ruolo” di agenti. Agenti tra l’altro molto promettenti, sia per essersi distinte nei corsi, sia per essere stata una di esse oggetto di encomio nella pur breve esperienza di servizio. Sara – romana – e Valeria – di Fondi – al momento della sentenza del Consiglio di Stato avevano già ricevuto distintivo, manette e pistola. La piemontese Arianna ha dovuto restituire gli strumenti del mestiere lo stesso giorno nel quale ha ricevuto l’encomio solenne da parte del questore di Milano per l’attività svolta in situazioni pericolose come agente della Polstrada in servizio sulle autostrade lombarde.
    Proprio a lei, a Valeria, fa riferimento il post pubblicato da Sergio di Caprio che riportiamo di seguito:

    Arianna Virgolino è un’agente della Polizia di Stato.

    Anzi, era. Al momento risulta espulsa dal corpo, disoccupata, per “demeriti”.

    Quali demeriti? vi chiederete.

    Ha intascato bustarelle? Ha preso per il collo qualcuno durante un semplice controllo? Abuso dell’autorità? Razzismo? Apologia di fascismo? Violenza?

    No, niente di tutto questo. Non sono mica quelli i problemi seri della polizia.

    La sua grave colpa, il suo grave demerito è “estetico”. Un cuoricino.

    L’hanno espulsa perché a 18 anni, prima che diventasse poliziotta, aveva ricevuto quale regalo di compleanno il tatuaggio sul polso di un piccolo cuore contornato da una coroncina.

    Poi, per entrare in Polizia, realizzare questo suo sogno, si è sottoposta a 9 sedute laser da 200 euro l’una per cancellarlo. Ma ha commesso anche un gravissimo errore: è stata sincera. Dopo le preselezioni ha detto di aver avuto quel tatuaggio.

    E’ quindi stata sospesa, anche se l’aveva rimosso.

    Ha fatto ricorso al Tar il quale le ha dato ragione, consentendole di rientrare in Polizia.

    Da quel giorno Arianna Virgolino ha onorato quella divisa ogni giorno, lavorando nel reparto più rischioso e con più morti di tutti: la Stradale. Un giorno, in uno dei tanti incidenti su cui è dovuta intervenire, ha salvato una ragazza fermando la perdita di sangue con un braccialetto.

    Poi a Casalpusterlengo è intervenuta riuscendo a fermare una rissa che stava per assumere dimensioni spaventose.

    Per quell’intervento Arianna Virgolino il 7 novembre scorso ha ricevuto dal Prefetto il giusto riconoscimento. Poche ore dopo, terminata la cerimonia, ha consegnato pistola e distintivo perché da Roma è giunta la sentenza del Consiglio di Stato, che rovescia quella del Tar.

    “Ho consegnato il distintivo con la morte nel cuore – ha detto al Corriere che racconta questa storia – Amo questa divisa”. Ora è sospesa. In attesa che il suo destino sia deciso.

    Ed è vergognoso, scandaloso, che con i tanti problemi che purtroppo macchiano l’operato della Polizia, un’agente come lei debba essere cacciata con demerito per un disegnino sul polso, poi cancellato. E per essere stata troppo onesta o sincerata.

    Vergognoso.

     

    Il post ha avuto centinaia di apprezzamenti e condivisioni, tra le quali proprio quella di Arianna: “Mio Dio, non sa che onore!!! Io nutro una stima infinita nei suoi confronti!!”. Anche dalle nostre parti il colonnello De Caprio riscuote grande stima. Dopo quel post anche un po’ di simpatia in più.

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