Si è perso il Consiglio comunale. Sospeso ad horas, non se ne hanno notizie da due settimane

Evidente imbarazzo nella maggioranza nel procrastinare il ritorno in Aula, mentre tossine si aggiungono a tossine

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    Passa un giorno/ Passa l’altro/ Mai non torna il prode Anselmo, /Perché egli era molto scaltro/ Andò in guerra e mise l’elmo…/ Mise l’elmo sulla testa/ Per non farsi troppo mal/ E partì la lancia in resta/ A cavallo d’un caval.

    In questi giorni sospesi, in attesa di qualcosa che ci confermi nell’indeterminatezza dei tempi, può capitare che ritorni in mente la vecchia filastrocca del prode Anselmo che i valorosi maestri di un tempo leggevano ai piccoli discepoli con grembiulino e fiocchetto. Intanto, non ritorna più il Consiglio comunale di Catanzaro. Missing. Desaparecido. Scomparso dall’orizzonte ottico. Nonostante le assicurazioni di una rapida riconvocazione dopo la brusca interruzione inopinatamente piovuta sulle cronache di giornata che era nientemeno lunedì 12 ottobre: politicamente parlando un’era geologica fa. Quando addirittura non c’era ancora un Pff di nome Spirlì e, onestamente, a nessuno era venuto in mente che mai recasse in calce la sua firma un’ordinanza capitale come quella che chiude le scuole, spranga l’uscio di casa alle 12 de la tarda e dispone che i non affetti da virus coronato siano di fatto malati di serie B. Ma questa è. E questa ci tocca. E al Comune? Al Comune mezzo gaudio. Perché si ha come l’impressione che il precipitare degli eventi epidemiologici che ha nuovamente spostato l’interesse dal corso delle cose alle corsie di Malattie infettive sia venuto come il cacio sui maccheroni nel piatto della maggioranza che governa palazzo De Nobili. Paragone valido solo per chi piace l’ardito abbinamento, naturalmente. Di fatto, la sospensione, che doveva essere molto breve, anche perché scaturente da una riunione già in seconda convocazione, sembra protrarsi ben più in là della pausa di riflessione invocata, e ottenuta, dal capogruppo di Forza Italia Roberta Gallo, il tempo necessario e bastevole ad approfondire ”le importanti pratiche all’ordine del giorno”. Che poi, a ben vedere, tanto importanti non sembravano. Perlomeno dal punto di vista nominale: rinnovi di regolamento e concessioni, la consueta sfilza di debiti fuori bilancio, eccezion fatta di una, quella riguardante l’annosa vertenza “Calicolai”, ma solo per l’importo monstre dell’impegno finanziario, qualcosa che balla pericolosamente sul filo del mezzo milione di euro. Ne abbiamo già parlato e non ci torneremo. Qui preme ragionare sul perché non si convochi il Consiglio, nonostante, si badi bene, l’assicurazione in tal senso espressa dal presidente dell’assemblea, Marco Polimeni in persona. Le date vengono fissate usualmente dalla conferenza dei capigruppo. Polimeni vuole convocarla: non succede, qualcuno, o più, non ha voglia, o nutre interesse, a che il Consiglio non si riunisca a breve. Evidentemente le tossine sparse a dosi piene nell’ultima adunata non sono state ancora metabolizzate. E nel frattempo, altre sono state sparse.

    Tra quelle vecchie, chiamiamole così, la spaccatura evidente nel fu gruppo monstre di “Catanzaro per Sergio Abramo”, che oggi, di fatto ha dovuto cedere ben sette componenti all’ineffabile nuovo raggruppamento che si potrebbe nomare ufficiosamente e con beneficio di regolamento “Catanzaro per Filippo Mancuso”. Ancora, la preoccupazione di Forza Italia cittadina, e del gruppo che la rappresenta in Consiglio, che sia portato a termine con naturalezza l’ordito della trama che vuole Marco Polimeni prossimo sindaco della città in diretta filiazione dell’attuale, con correlato assenso del movimento cittadino di “Catanzaro da Vivere”, e quindi di Baldo Esposito.  Su tutto, come pernicioso amalgama, lo sfilacciamento progressivo della maggioranza, già manifestata in diverse occasioni anche attraverso pronunciamenti interni e ufficiali di inadeguatezza e di stasi amministrativa, per lo più attribuita alle passate velleità del sindaco di candidarsi alla presidenza della Regione e poi alle mai smentite aspirazioni di entrare nella giunta regionale con ruoli di primo piano.

    Ma ci sono anche altre tossine a sballare il metabolismo della maggioranza. Per esempio: il nuovo ruolo che vi si apprestano a svolgere Giovanni Merante e Antonio Trifiletti, rientranti dal Misto, a pieno titolo esponenti rilevanti dell’Udc cittadine e provinciale che dovevano di necessità e speditamente andare a irrobustire il monogruppo consiliare dello scudo crociato con conseguente spostamento degli equilibri interni nell’aula e probabile richiesta di rimodulazione in giunta. Ancora, la complicazione derivante dalla crescita del gruppo che fa riferimento a Filippo Mancuso, espressione più appariscente della crescita politica dell’attuale consigliere regionale della Lega che non disdegnerebbe affatto vestire la nuova fascia di sindaco della città. La faglia aperta in aula e da lui ispirata, provocata senza apparente senso delle proporzioni sulla petizione inerente via Montecorvino, è un segno della sua valenza. Su tutto, come pernicioso amalgama, la riapertura dei giochi per la candidatura alla presidenza della Regione: Sergio Abramo è nuovamente in ballo, con la stessa ambizione e con qualche possibilità in più, per il robusto curriculum amministrativo accumulato, per l’ambivalenza delle sue proiezioni politiche, per l’alternarsi gradito della geopolitica, per il gioco delle probabilità: non può andare sempre male.

    Insomma, sono tutte situazioni che intossicano e portano tensione. Meglio tenerla a bada, farla decantare il più possibile. Ciò nonostante, è pur vero che questo Consiglio s’ha da fare. Lunedì 12 ottobre scese come un fulmine dietro le quinte del Consiglio comunale Domenico Tallini, nella veste di capo indiscusso di Forza Italia in città, ma inevitabilmente con il portato politico di presidente del Consiglio regionale, a suggerire modalità e tempi per una riconvocazione da molti ritenuta problematica. Chissà, forse c’è qualche scappatoia regolamentare che può procrastinare ad libitum una sospensione ah horas. Qui ci arrendiamo, e passiamo la palla color che sanno.

     

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