Le mozioni riscattano un Consiglio appiattito e timoroso

Silente Sergio Costanzo, assente Nunzio Belcaro

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    Come la primavera per “Il chimico” della Spoon River di De André, la politica finisce per entrarci sempre, volenti o nolenti: “non bussa lei entra sicura, come il fumo penetra in ogni fessura”. La fessura, lo spiraglio, il pertugio, nel Consiglio comunale odierno tutto appiattito nello schema monotono esposizione-appello-approvazione delle dieci pratiche, delle quattro mozioni preordinate e degli undici debiti fuori bilancio, è stato offerto dalla presentazione in extremis di due mozioni ritagliate sulla stringente attualità del Covid-19 e del Recovery Fund da parte di un drappello di consiglieri che evidentemente su quello schema non hanno inteso uniformarsi del tutto, segnando alla fine l’equivalente del gol della bandiera nei campi di calcio. Di solito “in cauda venenum”, oggi in coda c’è stato un riscatto, o perlomeno un tentativo, che è giusto segnalare e deplorevole ignorare.

    La prima mozione – Covid-19 – a firma dei consiglieri Eugenio Riccio, Roberta Gallo, Fabio Talarico, Ezio Praticò, Manuela Costanzo, Rosario Lostumbo, Cristina Rotundo, Rosario Mancuso, Vincenzo De Sarro, preso atto di reiterate segnalazioni da parte di cittadini, considerato che “appare del tutto evidente l’approssimazione de dipartimento di Prevenzione dell’Asp di Catanzaro nella gestione del Covid (sabato e domenica gli uffici sono chiusi), impegnano il sindaco e l’amministrazione comunale di Catanzaro a porre in essere tutte le iniziative utili al fine di 1) sollecitare l’Asp di Catanzaro all’adozione della piattaforma informatica messa a disposizione dalla Protezione civile della Regione Calabria; 2) sollecitare l’Asp a implementare il personale del Dipartimento di prevenzione al fine di rendere operativi gli uffici 7 giorni su 7 e 24 ore su 24; 3) attivare un numero verde dedicato per i cittadini che hanno contratto il virus e per i loro familiari; 4) dotare le scuole cittadine di tamponi rapidi quantomeno per il personale al fine di garantire maggiore sicurezza al rientro dopo le vacanze di Natale.

    La seconda mozione – Recovery Fund – a firma dei consiglieri Eugenio Riccio, Ezio Praticò, Cristina Rotundo, Roberta Gallo Rosario Mancuso, Vincenzo De Sarro, preso atto che il Recovery Fund prevede per l’Italia una parte consistente di finanziamenti a fondo perduto (65 miliardi/Euro) sulla base di parametri quali disoccupazione, popolazione, pil pro capite per i quali è evidente la particolare preoccupazione dell’UE per il Mezzogiorno d’Italia, considerato che “una corretta distribuzione dei fondi converrebbe a tutti”, europeisti, meridionalisti, operosi nordisti, “impegna il sindaco e l’amministrazione comunale di Catanzaro a sottoscrivere l’appello dei presidenti di Regione rivolto al Governo nel senso di cui alla presente mozione. Uniamo senza remore la voce della Calabria e della nostra amata città al resto del Meridione”.

    Le due mozioni avrebbero meritato un diverso approfondimento rispetto a quello a loro riservato da un Consiglio ormai proiettato alle feste natalizie, tanto che l’esposizione di Eugenio Riccio, primo firmatario, e la replica del sindaco Sergio Abramo sono avvenuti davanti a consiglieri che avevano già indossato soprabiti e capispalla per guadagnare rapidamente l’uscita da Palazzo di Vetro. Rimane in ogni modo il senso e l’importanza delle mozioni e della risposta a loro data dal sindaco. Ne abbiamo già riferito nella cronaca del Consiglio su queste pagine, e non ritorneremo. Qui preme sottolineare come su una stessa questione i punti di vista possono essere molto differenti. Abramo nella replica ha fatto riferimento all’approvazione da parte della Commissione Bilancio della Camera dell’emendamento presentato dal vicecapogruppo di Forza Italia Roberto Occhiuto e condiviso da altri parlamentari anche di centrosinistra che consente alla Calabria di azzerare il debito della Aziende ospedaliere e sanitarie rateizzandolo in 30 anni. Abramo è stato molto critico sul punto, affermando che in questo modo non si teneva conto dell’appello ricolto dai sindaci calabresi direttamente al premier Conte. Nel recente incontro romano i sindaci avevano chiesto che fosse lo Stato a farsi carico del debito monstre, si parla di due – tre miliardi, accumulato durante la gestione commissariale – statale – della Sanità in Calabria. Caricare le finanze regionali di 100 milioni di euro all’anno per 30 anni significa replicare per trenta anni le stesse condizioni di indebitamento sulle spalle dei cittadini calabresi che dovranno farsi carico ad libitum di addizionali Irpef ingiuste non da loro provocate. Da notare che, al contrario, la risoluzione adottata dalla Commissione era stata salutata in mattinata dalla rinata Forza Italia cittadina come “una salutare boccata d’ossigeno per la Sanità calabrese”. Non per niente Roberto Occhiuto è al momento il più accreditato candidato alla presidenza della Regione alle prossime elezioni, perpetrando in ciò il già annoso dualismo tra gli Occhiuto e Abramo nella corsa alla Cittadella. Non per niente, ancora, in serata, è stata resa nota la lettera che il sindaco Abramo ha inviato ai parlamentari calabresi: ”Spingiamo il governo a farsi carico del debito calabrese della sanità”.

    A parte questo sussulto politico, questo goal segnato in “Zona Cesarini”, il Consiglio è andato liscio come l’olio per la maggioranza, e gradito in questo andamento soporifero dalla stessa opposizione, ormai ridotta al lumicino. Silente Sergio Costanzo, assente Nunzio Belcaro. Eppure si erano ripromessi di dare battaglia politica proprio in questa convocazione. Perché ciò non sia avvenuto si può dedurre, anche se non c’è traccia di dichiarazioni o di documenti in questo senso. Anche da parte delle frange di maggioranza non proprio allineate alle posizioni del sindaco e dell’asse sempre più robusto con il presidente del Consiglio non si è dato fuoco alle polveri. Eppure, “cose” da discutere ce n’erano parecchie, sulla scorta di quanto capitato nell’ultimo anno nelle inchieste “Gettonopoli” e “Farmabusiness”. Alcuni sviluppi di quest’ultima iniziativa della Procura hanno finanche fatto temere un condizionamento criminoso nel libero svolgimento delle ultime tornate elettorali. Su questo occorre tenere il doveroso riserbo. Però si può affermare che già adesso un condizionamento esclusivamente “politico” esiste, perché proprio la contemporaneità delle inchieste, di cui si attendono sviluppi sia processuali (Gettonopoli) che amministrativi (Farmabusiness), impedisce la libera discussione in Consiglio. Nessuno vuole prendere la parola in merito, quando, per esempio, molti consiglieri coinvolti in Gettonopoli attendono con fiducia l’uscita dall’inchiesta per la tenuità del fatto o addirittura per l’archiviazione. E si sa quanto sia difficile, nella foga retorica e nella concitazione emotiva del momento, lasciarsi andare a considerazioni pubbliche controproducenti. Quelle private sono state già espresse davanti ai magistrati. Meglio attendere tempi migliori, più sereni, con qualche certezza processuale in più.

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