Il tempo delle calendule (greche)

Tranquilli, una data si troverà. Se non proprio un rinvio alle calende sinonimo di mai, uno slittamento nell’arco di tempo prefissato dal governo, entro il 15 aprile, è dato per probabile. Ma occorre il coraggioso che si intesti la proposta. Fioccano intanto le disponibilità, ultima quella di De Magistris, al quale Tansi chiede l’impossibile

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    Nel giorno in cui si è santificato il governo di Santelli, con l’intitolazione della Cittadella e la correlata commemorazione laica e religiosa da parte di Nino Spirlì e Vincenzo Bertolone (con il primo più carico di anelli e simboli del secondo), è ritornato di attualità il nodo della data elettorale, complice la dichiarazione del facente funzioni che ammette il fitto dipanarsi di colloqui tra Roma, Catanzaro e Reggio Calabria per trovare il bandolo della matassa, ovvero una proposta che, magari con motu proprio governativo, venga accettata da tutti senza che nessuno perda la faccia della fermezza e della sicumera finora indossata. E che continua a essere mostrata senza tema di smentita da molti esponenti della destra, se è vero che sulla dichiarazione possibilista di Spirlì è rimbalzata l’immediata correzione da parte dei consiglieri regionali della Lega, che ribadiscono il 14 febbraio come la dead line da non superare, adducendo finanche una motivazione alla quale nessuno aveva pensato. Secondo Minasi e co. non votare alla prima data utile sarebbe un vulnus ai diritti degli elettori e una presa in giro verso gli stessi consiglieri, i quali si appresterebbero a votare una legge di bilancio dai caratteri esclusivamente “tecnici” proprio nella considerazione che sarebbe presto sopraggiunto un nuovo Consiglio con maggiore libertà di manovra. Motivazione che non regge molto, poiché è risaputo come il bilancio regionale sia obbligato per l’80 per cento delle sue disponibilità.

    La data elettorale è una questione non fine a se stessa e neppure obbediente al solo criterio epidemiologico. Investe anche l’attuale fase di stallo che dimostrano le coalizioni, le due principali e quelle che potrebbero allinearsi in un’azione essenzialmente di disturbo. Il tavolo di confronto del centrosinistra non ha ancora espresso il candidato presidente, così come l’alleanza di centrodestra nonostante le dichiarazioni di facciata che darebbero tutto deciso su Roberto Occhiuto, eventualità più sussurrata che sottoscritta. E non è neanche vero che la linea della fermezza sul 14 febbraio sia esclusivo appannaggio dei duri e puri della destra. Sul Corriere della Calabria è intervenuto con il consueto approccio normadotato (dotato di norme) Ettore Jorio, per sostenere che posticipare la data, inserendola proprio nel tempo in cui è previsto il primo scaglione della vaccinazione di massa, potrebbe creare una disparità di predisposizione al voto in funzione della maggiore o minore copertura vaccinale in alcuni strati dell’elettorato. Un effetto collaterale che sinora nessuno aveva considerato. Eppur degno di considerazione.

    Non è dato sapere se riconoscere eguale dignità alle voci che vorrebbero Luigi De Magistris interessato a un’eventuale proposta da parte del tavolo del centrosinistra dei grillini e dei civici che continua a scambiarsi occasioni di telelavoro notturno insieme agli auguri di routine. Dopo due mandati l’ex pm non è più ricandidabile a Napoli e avrebbe valutato l’opportunità calabrese, in singolare incrocio di incarichi tra Napoli e la Calabria, dopo l’avvento di monsignor Battaglia al soglio episcopale della città partenopea. Ne ha dato ampio risalto in una nota dedicata Carlo Tansi, il quale non appare per nulla contrario all’ipotesi, con il solito hobby dei paletti non scansabili: a De Magistris il geologo calabrese chiede di non accettare eventuali candidature di esponenti del centrosinistra logorati da passati anni di legislatura. E non lesina nomi: accanto ai più scontati Incarnato, Adamo-Bruno Bossio, Romeo, inserisce le new entry rispondenti a Guccione, Bevacqua, Irto e Aieta. Con ciò decapitando con un sol colpo di mannaia tutto il Pd calabrese. Carlo l’InTansigente colpisce ancora.

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