“Calabria tra le regioni con il più alto numero di uccisione di animali protetti d’Europa”

Domani si chiuderà la stagione venatoria 2020/2021, con il Wwf a contestare anche le dichiarazioni di Spirlì

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    Domani si chiuderà la stagione venatoria 2020/2021, con il Wwf a sostenere che «anche quest’anno il bilancio non può che definirsi negativo. Unica novità realmente positiva del 2020 è la decisione dell’Unione Europea che obbligherà tutti gli Stati membri a non far utilizzare il piombo, pericolosissimo per l’ambiente, la fauna e salute umana, nelle cartucce utilizzate durante la caccia nelle zone umide, una riforma importante e attesa da anni. Il via libera alle doppiette è stato preceduto da numerosi provvedimenti regionali, sospesi o dichiarati illegittimi dai Tar, tutti tendenti a ridurre le garanzie che la legge pone a tutela della fauna selvatica».

    L’associazione ambientalista ricorda che «su 10 ricorsi ai Tribunali amministrativi regionali avviati dal WWF, insieme ad altre associazioni ambientaliste e animaliste, sono ben 8 gli esiti positivi o parzialmente positivi: Calabria, Campania, Liguria, Sardegna, Sicilia, Toscana, Veneto e Lazio (quest’ultima grazie alla pressione delle associazioni ambientaliste è stata costretta ad abrogare la norma che consentiva la caccia ai non residenti nelle aree contigue ai Parchi dove, tra l’altro, vive l’Orso Marsicano). Questi numeri confermano la tendenza delle regioni che, pur di fare concessioni alla lobby venatoria, perseguendo scopi che certamente non sono tesi a soddisfare interessi pubblici, sono pronte non solo a violare, anno dopo anno, le norme nazionali ed europee ma anche a sperperare ingenti somme di denaro pubblico necessario per impegnare i funzionari regionali addetti alla stesura degli atti e per pagare le spese processuali».

    Si sostiene che «un esempio chiaro di quanto alcune regioni non tengano conto delle esigenze di conservazione della natura è l’inserimento, anche quest’anno, tra le specie cacciabili di Moriglione e Pavoncella, due specie di uccelli particolarmente minacciate e protette dall’Unione Europea, nonostante l’invito del Ministero dell’Ambiente ad escluderle e malgrado le decine di sconfitte ottenute lo scorso anno di fronte ai TAR».

    Contro gli spostamenti tra comuni diversi concessi ai cacciatori in zona arancione nel mese di dicembre WWF, Lipu, Lav e Enpa hanno inviato al Governo una formale richiesta di impugnazione delle ordinanze di Toscana, Calabria, Abruzzo e Lombardia, poiché «seguite da altre regioni, hanno aggirato le restrizioni in vigore con la infondata motivazione di un presunto “stato di necessità per conseguire l’equilibrio faunistico-venatorio, limitare i danni alle colture e il potenziale pericolo per la pubblica incolumità”, dimenticando, però, che la caccia è un’attività ludica il cui esercizio spesso contrasta con le esigenze di tutela degli agricoltori e con la gestione faunistica che la legge affida allo Stato e non a privati cittadini. La strumentalità di questi atti è stata resa ancor più evidente dal fatto che con questa motivazione si è autorizzato l’esercizio delle caccia anche, per esempio, agli uccelli migratori o agli uccelli acquatici che di certo non determinano danni o pericoli per l’incolumità pubblica. Con la stessa motivazione è stata autorizzata la caccia ai cinghiali in braccata che però, oltre a rendere di fatto impossibile il rispetto delle norme anti-covid, ha effetti assolutamente deleteri sul controllo della specie, le cui popolazioni finiscono anzi per aumentare a causa dell’attività venatoria, come recentemente ribadito da ISPRA in un parere rilasciato sul calendario venatorio della Regione Abruzzo in coerenza con numerosissime pubblicazioni scientifiche in materia».

    In ambito locale si contesta il Presidente della Regione Calabria perché «arrivato a dichiarare che “grazie ai cacciatori in Calabria non c’è mai stata attività di bracconaggio” dimenticando che si tratta di una tra le regioni con il più alto numero di uccisione di animali protetti d’Europa, come testimoniano le numerose operazioni di polizia», ribadendo che «l’apertura della caccia è coincisa con un sensibile aumento degli illeciti contro la fauna selvatica protetta, come riscontrato anche dalle guardie volontarie WWF che nel corso delle attività di vigilanza venatoria hanno registrato un elevatissimo utilizzo di richiami e sistemi di cattura vietati nonché di casi di abbattimento o detenzione di specie particolarmente protette. Da ultimo non va dimenticato il pesante costo in vite umane che si registra anche quest’anno e che ha coinvolto non solo i cacciatori ma ha causato la morte o il ferimento anche di persone estranee, a conferma della pericolosità sociale di questa pratica».

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