Nulla di fatto dal vertice romano. Centrodestra col fiato corto

 Roberto Occhiuto può attendere mentre Nino Spirlì appare in grande spolvero

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    Se con la luce del sole verrà confermata l’indiscrezione serotina del Corriere della Sera, che dà Enzo Ciconte candidato di ultima spiaggia di Enrico Letta per rimediare al buco lasciato dalla rinuncia di Irto, in Calabria si confermerà l’assunto secondo il quale in politica il tempo è una variabile indipendente e si muove seguendo un metronomo tutto suo. Consolidata al momento, ma oggi più che mai mai dire mai, la proposta civica di Luigi De Magistris, si verifica il caso strano del centrodestra che pur avendo per primo scelto in Roberto Occhiuto l’aspirante presidente della Regione Calabria, non riesce a candidarlo ufficialmente.

    Come al solito, perché la Calabria, come entità politica, è ancella delle dinamiche ritenute prioritarie e non riesce a esercitare la forza gravitazionale necessaria a concentrare su di sé l’attenzione di cui invece necessita. Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, citiamo in ordine peso specifico, neanche nel vertice di ieri, durato un’ora e mezza, hanno raggiunto un accordo sui grandi municipi di Roma, Milano, Napoli, Bologna, Torino e mettiamoci pure per carità di patria Cosenza.
    Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani, l’unico politico italiano con la J incorporata, hanno deciso di non decidere, rinviando a martedì prossimo la prossima puntata di una sequela che si involve su se stessa in modo finanche imbarazzante.

    L’unico a mostrarsi ancora in vena di ottimismo ostentato è Salvini secondo il quale “per fortuna le persone che si fanno avanti non mancano. Se stiamo litigando nel centrodestra? Mai. Uniti, graniti e compatti e vincenti”. Il problema forse sta proprio qui, nell’abbondanza delle candidature, un accadimento normale quando si avverte nell’aria un vento favorevole capace di alzare le vele del voto a favore. Bocche cucite ai massimi livelli all’uscita dall’incontro cui hanno partecipato, non mancando di fare sentire la loro opinione in proposito, gli esponenti di Coraggio Italia, Noi con l’Italia (a tutto si può rinunciare, ma mai al richiamo patriottico) e Udc.

    Per cui ci si deve affidare a quanto detto ai giornalisti da Vittorio Sgarbi: “È stato definito che il candidato su Roma non sarà di Fratelli d’Italia e quello su Milano non sarà della Lega. Mi sembra chiusa ogni ipotesi di un candidato politico. Sarà un civico. C’è una preferenza di Giorgia Meloni per Michetti e di Matteo Salvini per Matone”.
    In questo gioco di inclusioni ed esclusioni la Calabria può attendere, e con lei Roberto Occhiuto che intanto può godersi lo spettacolo senza grandi ambasce e nella comoda posizione, si fa per dire, di capogruppo azzurro alla Camera. Tanto sa che, al momento, in Calabria il candidato è lui e nessun altro. L’unica seria preoccupazione, e anche qui si fa per dire, proviene dal decimo piano della Cittadella di Catanzaro, dove il reggente Nino Spirlì governa come se il sole non dovesse tramontare mai sul suo piccolo impero.

    Ieri ha presieduto una giunta al fulmicotone, sfornando nomine come il Mulino Bianco i Pan di Stelle, trovando anche modo di sistemare a capo di gabinetto la giovanissima avvocata Franceschina Bufano di chiara derivazione leghista al posto di Luciano Vigna, vestigia dell’era Santelli, che andrà invece a dirigere la Fondazione Calabria Film Commission al posto del dimissionario Vittorio Romano. Uno Spirlì in grande spolvero, insomma, che impazza sui media nazionali e fa anche opinione. Lui sostiene che è tutto temporaneo, e presto riprenderà il suo percorso di vita laddove era stato interrotto prima della chiamata di Santelli come suo vice. Inutile ricordare come in Italia, in Calabria in particolare, e in politica soprattutto, il temporaneo tenda a permanere. Come l’edera sui muri.

     

     

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